Articolo 21 e Fnsi aderiscono alla campagna #ErdoganNotWelcome e insieme ai colleghi della rete #NoBavaglio, la comunità dei curdi in Italia e molte altre associazioni per i diritti umani saremo alle 11, lunedì 5 febbraio, a Castel Sant’Angelo a Roma per partecipare alla manifestazione di solidarietà al popolo turco in occasione della visita ufficiale in Vaticano  del presidente della Turchia Recep Tayyip Erdogan.

Doveroso esserci e illuminare le repressioni attuate nel Paese e far sì che quella di Erdogan non si riduca a una passerella diplomatica, esponendo il nostro Paese  a una pagina nera per le istituzioni repubblicane e per la nostra storia democratica alla luce della persecuzione messa in atto dal regime turco nei confronti di giornalisti, avvocati, accademici e attivisti per i diritti umani e degli atti commessi durante le operazioni di coprifuoco nei confronti della popolazione curda in Turchia.
Atti che appaiono costituire crimini contro l’umanità.

Nell’ultimo anno e mezzo abbiamo assistito, e denunciato con la campagna #nobavaglioturco, alla repressione di ogni libertà di stampa e di espressione. Molti colleghi che hanno raccolto testimonianze e raccontato quanto stesse avvenendo in Turchia, o chiunque abbia cercato di documentare questi crimini, è stato fermato, arrestato o cacciato dal Paese con un divieto di reingresso.
Infine, ma non per l’importanza degli eventi, il governo turco si è reso responsabile, in aperta violazione del diritto internazionale, di un attacco contro la popolazione del distretto di Afrin, nel nord della Siria.

Come ha denunciato Asiya Abdullah, eroina di Kobane e co-presidente del Movimento per società democratica, quello in atto nei confronti dei curdi di Afrin non è solo un attacco ingiustificato, è un vero e proprio genocidio. Eppure a fronte di quanto avviene in queste ore in Siria la coscienza collettiva dell’Europa non sembra scossa. Ed è proprio ai leader europei che la Abdullah ha voluto lanciare un messaggio chiaro. L’esponente curda ha voluto ricordare che l’Ue ha compiuto sforzi importanti per risolvere la crisi siriana, ma che oggi debba compiere un atto di coraggio, assumendo una posizione netta nei confronti dell’operazione militare turca contro il suo popolo, massacrato con armi pesanti, granate e bombe a grappolo.

Un attacco quello su Afrin che colpisce soprattutto i civili, oltre 100 vittime in soli tre giorni, che ha danneggiato l’unica diga nella provincia del distretto del Kurdistan siriano e demolisce abitazioni, luoghi di culto e ospedali.

“Ci aspettiamo che i massacri contro i civili siano condannati, che Erdogan non continui a beneficiare del silenzio della comunità internazionale” è l’appello dell’ex combattente di Kobane.

La Turchia ha giustificato l’offensiva “Ramoscello d’ulivo“, affermando che i curdi siriani rappresentano una minaccia per l’integrità territoriale turca. Erdogan non può e non vuole permettere alle forze politiche del Kurdistan siriano di portare avanti la loro agenda, che ha come principale punto il progetto dell’autonomia federalista che, a differenza di quanto ritengano i turchi, migliorerebbe la sicurezza e la stabilità non solo in Siria ma nella regione nel suo complesso.

Sono invece l’azione aggressiva e le operazioni militari turche a favorire l’instabilità siriana, quanto le ambizioni espansionistiche che Erdogan non riesce più a celare.

A fronte di ciò la Abdullah chiede che l’Europa e le Nazioni Unite siano garanti del rispetto degli accordi e delle risoluzioni approvate dall’assemblea generale e che si assumano le proprie responsabilità.

Per i curdi massacrati nel Rojawa, per i difensori dei diritti umani, gli avvocati, i giudici, i medici e i nostri colleghi giornalisti ingiustamente detenuti in Turchia noi di Articolo 21 saremo lunedì alla manifestazione di Castel Sant’Angelo per manifestare solidarietà a tutto il popolo turco.

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