“Erdogan Not Welcome”, ben chiare le parole che hanno portato la comunità kurda e i cittadini romani a scendere in strada e ad unirsi alla voce kurda.

A causa della visita del leader turco Recep Tayyip Erdogan, Roma è in uno stato di massima allerta da ieri, quando alle 19 circa l’aereo del presidente è atterrato in città. Sono ben 3.500 gli uomini delle forze dell’ordine dispiegati –tra cui i reparti speciali- che dovranno garantire la sicurezza nelle strade. L’allerta terrorismo è alta e si temono scontri e manifestazioni, soprattutto da parte della comunità kurda. Quest’ultima questa mattina si è riunita di fronte alla magnificenza di Castel Sant’Angelo, alle porte del Vaticano, proprio nelle ore in cui si è svolto l’incontro tra Papa Francesco ed Erdogan.

Presenti al presidio diversi collettivi, associazioni e sindacati, come l’Associazione Giuristi Democratici, presente per sostenere i colleghi che quotidianamente subiscono incarcerazioni e vessazioni. Durante un breve intervento, un portavoce dell’associazione commenta: “è un nostro dovere essere presenti qui oggi. Come avvocati e avvocate ci siamo recati più volte ai processi che hanno visto coinvolti, accusati e imprigionati avvocati e avvocate; tuttora vi sono colleghi e colleghe turchi e kurdi colpevoli solo di fare il loro mestiere e, al pari di qualsiasi altro paese in cui vige una dittatura barbara come quella della Turchia, sono stati incarcerati, torturati e seviziati unicamente perché vengono identificati con i loro assistiti. Evidentemente in Turchia non vige la presunzione di innocenza, evidentemente esiste una presunzione di collateralismo al terrorismo del tutto indimostrata. […] come osservatori internazionali ci siamo recati e ci recheremo più volte, ma non vi nascondiamo che è molto difficile”.

Presente anche la Federazione Nazionale Stampa Italiana, sul posto per ricordare e protestare contro la repressione della stampa messa in atto dal governo turco e che perseguita centinaia di giornalisti ogni giorno. Anche il Partito Comunista dei Lavoratori ha preso parte all’iniziativa schierandosi con il popolo kurdo e ricordando anche quello palestinese, entrambi vittime di dittature che negano loro l’autodeterminazione e violano sistematicamente i diritti umani delle comunità.

Il presidente della comunità kurda commenta: “questa battaglia contro Erdogan è una battaglia culturale, prima che politica o militare. L’area kurda ha una lunga storia di genocidi e violazione dei diritti umani. Come autorità kurda non possiamo chiedere al Papa chi vedere e chi no, ma sappiamo che può avere un ruolo in questo genocidio. […] quello che noi vorremmo chiedere ai cittadini italiani ed europei è: pensate che il futuro può essere gestito con questi rapporti e con questi soggetti?”

A pochi minuti dalla fine alcuni attivisti, cercando di forzare i limiti posti dalle forze dell’ordine per lo svolgimento del presidio, sono stati respinti dagli agenti con conseguenti tensioni che hanno portato al ferimento di una persona.

La visita di Erdogan avviene a pochissimi giorni da eventi che hanno –avrebbero– dovuto scatenare l’indignazione pubblica: i bombardamenti nell’enclave kurda di Afrin e la ingiusta e immotivata incarcerazione di Taner Kilik, presidente di Amnesty International Turchia, avvenuta a meno di 24 dalla scarcerazione dalla precedente detenzione illegittima.

È dovere in questa occasione ricordare le notizie giunte dalla Turchia i primi di dicembre, quando la Direzione turca per gli affari religiosi (Diyanet) ha autorizzato la celebrazione di matrimoni tra minori con il benestare del presidente Erdogan, cui partito aveva proposto e poi ritirato una legge a riguardo lo scorso autunno.

Uno dei temi più caldi di questo incontro pare essere l’entrata della Turchia all’interno dell’Unione Europea, processo di adesione al momento fermo proprio a causa del regime dittatoriale instauratosi a seguito del controverso golpe del 15 luglio 2016. L’UE non pare al momento aperta all’ingresso della Turchia ma è giusto tenere presente i rapporti molto stretti che corrono tra le due parti in causa, che nel 2016 hanno finalizzato l’agreement “one for one”, un richiedente asilo arrivato alle coste greche dalla Turchia in cambio di un siriano; come se quelle persone fossero bestiame scambiato tra Turchia e UE.

Nonostante ciò Erdogan pretende l’ingresso nell’Unione Europea come se fosse un diritto dovuto. Nonostante ciò Roma, il Papa, il Presidente della Repubblica Mattarella e il Presidente de Consiglio Gentiloni accolgono il presidente turco con tutti gli onori, blindando le strade e impedendo manifestazioni e raggruppamenti in tutto il centro della capitale.