Attivisti di Greenpeace sono entrati in azione stamattina a Bruxelles, scoprendo il loro petto e mostrando un lavoro di body art che ritrae i loro polmoni, per chiedere aria pulita e provvedimenti contro lo smog ai Paesi convocati d’urgenza oggi dal Commissario europeo per l’ambiente Karmenu Vella.

 

Nel 2017 la Commissione europea aveva messo in guardia cinque dei Paesi presenti all’incontro – Italia, Francia, Spagna, Germania e Regno Unito – riguardo a un imminente provvedimento della Corte Europea contro le ripetute violazioni degli standard comunitari sulla qualità dell’aria, in vigore dal 2010. Anche Repubblica Ceca, Romania, Ungheria e Slovacchia sono stati convocati oggi a Bruxelles, a causa del mancato rispetto delle leggi europee sulla qualità dell’aria. L’Italia, unico Paese insieme alla Francia, è sotto procedura d’infrazione sia per le concentrazioni di particolato che per quelle di biossido di azoto.

 

«I gas di scarico delle auto uccidono in Europa decine di migliaia di persone. Mentre ci sono delle leggi in vigore per proteggerci, per anni i nostri governi non hanno intrapreso le azioni necessarie a riportare l’inquinamento atmosferico entro i limiti previsti», dichiara Benjamin Stephan della campagna Inquinamento di Greenpeace. «Tutto ciò è criminale e deve essere sanzionato. Ogni giorno di ritardo nell’abbandonare le auto a diesel o benzina in favore di forme di mobilità pulita, porterà ulteriori morti e renderà inevitabili i blocchi delle auto»

 

Come spiega il report di Greenpeace “Ogni respiro è un rischio”, il biossido di azoto – che negli ambienti urbani proviene per il 70-80 per cento dal settore dei trasporti, e in massima parte dai diesel – è classificato tra le sostanze certamente cancerogene. I suoi effetti patogeni sono principalmente a carico delle vie respiratorie, del sistema sanguigno, delle funzioni cardiache. È inoltre particolarmente nocivo sui bambini.

 

«Il nostro auspicio è che l’intervento della Commissione sia effettivamente severo come è stato annunciato. È ora di ripristinare, urgentemente, la piena legalità ambientale a beneficio dei nostri polmoni», dichiara Andrea Boraschi, responsabile della campagna Trasporti di Greenpeace Italia. «È difficile immaginare con quali credenziali l’Italia cercherà di scongiurare il deferimento alla Corte. Siamo un Paese in cui, mentre i livelli di inquinamento atmosferico sono tra i peggiori in Europa, crescono le vendite di auto diesel, non si investe in mobilità alternativa, si continua a garantire le lobby delle fonti fossili. Sin qui, per trasformare la mobilità, specie quella urbana, in Italia si sta facendo poco più di niente», conclude Boraschi.

 

Greenpeace ricorda che in Italia, tra il 2013 e il 2015, di cinquanta milioni di euro stanziati per avviare la realizzazione di una rete di ricarica per i veicoli elettrici, sono stati infine spesi poco più di seimila euro.

I nove Paesi convocati oggi, Italia inclusa, hanno sempre superato i limiti di qualità dell’aria Ue per il biossido di azoto (NO2) dal 2010. La normativa Ue in materia impone agli Stati Membri di limitare l’esposizione dei cittadini agli inquinanti atmosferici nocivi e stabilisce come soglia massima per le concentrazioni medie annue di NO2 i 40 microgrammi per metro cubo (μg/m3), ovvero il valore individuato dall’Organizzazione Mondiale della Sanità per la protezione della salute umana.

 

Secondo l’Agenzia europea dell’Ambiente, in Europa si registrano annualmente 487.600 morti premature a causa dell’inquinamento atmosferico. In Italia l’esposizione a lungo termine al particolato, al biossido di azoto e all’ozono è direttamente legata a oltre 90 mila morti premature l’anno. L’Agenzia Europea dell’Ambiente calcola inoltre che in Europa, ogni anno, circa 75 mila morti premature sono causate dal solo biossido di azoto. All’Italia, in questa triste classifica, spetta il primato assoluto, con circa 17.300 casi di morte prematura e un tasso di incidenza sanitaria doppio rispetto alla media U

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