Fra pochi giorni sapremo, con qualche difficoltà, quali liste si presenteranno alle elezioni.

La notizia di oggi è che il Viminale ha approvato 75 simboli e ne ha rimandati alcuni “per chiarimenti”. Ovviamente la notizia dice poco perché la prima discriminazione, contro cui tra gli altri si è scagliato Giulietto Chiesa in questi giorni, è quella di dover raccogliere le firme se non si è presenti in parlamento: tenendo conto dei gruppi parlamentari inventati durante la legislatura e prodotto di transfughi eletti in altre liste, la discriminazione, assurda in sé, diventa perfino ridicola. Perché non mettere una regola uguale per tutti?

Intanto la seconda discriminazione sono i sondaggi che vengono pubblicati a raffica, basandosi su campioni di 2000 persone, in cui si sostiene, sostanzialmente, che ci sono tre poli e che, forse, Liberi e Uguali potrebbe superare il quorum e portare qualche deputato in parlamento. Se uno si prende la briga di spulciare il sondaggio si scopre che alcune liste non sono nemmeno citate e quindi il povero intervistato, ammesso che le conosca, non può indicarle.

La volontà, tutta politica, di “orientare” l’opinione pubblica verso alcune scelte pare nemmeno tanto nascosta. Recente il caso di Beatriz Sanchez in Cile dove fino all’ultimo i sondaggi insistevano nel darle al massimo il 10 %: ha preso oltre il 20% , a pochi voti da passare al secondo turno. E’ abbastanza ragionevole pensare che l’influenza dei pronostici abbia spostat voti decisivi.

Questa dei sondaggi e del risalto mediatico che essi hanno, nonché della poca accuratezza con cui essi si realizzano è una stortura grave del sistema democratico formale in cui viviamo: abbiamo strumenti tecnologici che consentirebbero un rapido passaggio a una democrazia reale, dove si possa consultare il cittadino su temi di interesse, dove chi legittimamente vuole formare una formazione politica possa informare a parità di condizioni i cittadini sulle proprie proposte. Assistiamo invece ad una sorta di monopolismo mediatico, con articoli derisori nei confronti delle proposte nuove, nel caso migliore, o con una semplice omissione delle stesse.

Così ci siamo messi a osservare i simboli proposti e a cercare senza pregiudizi chi ci fosse di nuovo e chi, tra questi, avesse delle proposte inerenti le tematiche che trattiamo; abbiamo trovato varie realtà, di diversa ispirazione ma che dimostrano tutte che esiste un’Italia che, in vari modi, non si rassegna allo status quo, si organizza, pensa e fa proposte. Ne abbiamo trovate abbastanza da pensare che ce ne potrebbe essere sfuggita qualcuna.

Sicuramente l’impegno che prendiamo, come Pressenza, sarà quello di dare spazio a queste realtà nuove ed anche a quelle più conosciute affinché possano chiarire le loro idee e proposte sui temi che ci stanno a cuore: il disarmo convenzionale e  nucleare, i diritti dei migranti, il Fiscal Compact, la nonviolenza, i diritti umani in generale, la questione ambientale ed energetica.

Questo vuol essere un piccolo contributo informativo di democrazia reale che cercherà di compensare la tremenda disparità che già si vede: disparità che ha l’intenzione precisa di mantenere le scelte della gente in certi parametri che i potenti credono di poter controllare.

Ma noi siamo qua anche per ricordare ai potenti che non controllano il futuro e che questo futuro sarà come i popoli decideranno che sia.