E’ uscito a cura di Promosaik la raccolta di poesie “FemaleVoices From Africa”, ne intervistiamo la  traduttrice. 

In questa raccolta non troverete le classiche poesie d’amore; sono voci femminili che raccontano la propria lotta interiore o esteriore in un mondo che le ha viste sempre confinate dentro stereotipi, molto spesso infondati. Troverete diverse sfumature di quella realtà che sembra così distante, ma che scoprirete essere tanto vicina. Le donne qui descritte hanno in comune la voglia di essere giudicate, non per il colore della pelle, ma per quello che sono davvero, per la loro forza, la loro debolezza, i loro sacrifici e il carisma a non arrendersi mai. Sono voci di donne, di madri, di figli, di ammiratori.

Sono donne tradite, ferite, giudicate, a volte dimenticate. Ognuna di queste poesie offre un punto di vista su di un tema troppo spesso ignorato: l’emarginazione e le difficoltà che affronta chi è “diverso”.

È dai tempi dello schiavismo che in America le donne nere vengono considerate come una proprietà. Queste poesie sono piccoli spunti per riflettere su di una grande verità: le donne che hanno cambiato il mondo non hanno mai avuto bisogno di mostrare nulla, se non la loro intelligenza.

E soprattutto per non dimenticare mai che essere donna è un compito terribilmente difficile, visto che consiste principalmente nell’avere a che fare con uomini.

Ma non solo. Leggere questa raccolta vi farà fare un viaggio all’intero di un arcobaleno di emozioni e sfumature delle realtà.

La poesia ha la capacità di entrare dritta nell’animo dei suoi lettori, facendogli abbattere qualsiasi barriera. E questo libro non è da meno. Leggendolo, l’immedesimazione con queste donne è così immediata che diviene quasi spontaneo immaginarsi nei loro panni.

Sono donne che fanno venir voglia a tutti di migliorarsi quotidianamente. Sono donne semplici, ma estremamente complicate. Sono donne forti, ma interiormente fragili. Sono donne che lottano, sentendosi a volte sconfitte. Sono donne che ridono, ma dentro nascono fiumi di lacrime. Sono donne.

Di questi tempi parlare di donne sembra quasi scontato, ma è solo con opere come questa che ci rendiamo conto di quanto il “sesso debole” sia capace di grandi cose. E soprattutto ci rendiamo conto di quanto quelle che definiamo “differenze” lo sono solo esteriormente. Siamo fatti tutti allo stesso identico modo.

Per spiegarvi meglio tutta la raccolta, abbiamo intervistato la traduttrice Francesca Tramontana.

Perché hai deciso di far parte del progetto di traduzione sulle poesie africane?

Ho deciso di far parte di questo progetto perché mi affascinava l’idea di contribuire a rendere la visione di queste donne più accessibile al popolo italiano. Penso che solo così un universo, che a volte ci sembra troppo lontano da noi, possa essere compreso. Arrivando alla conclusione finale che i dilemmi di queste donne sono gli stessi che viviamo un po’ tutte nel nostro interiore.

Perché nella poesia è fondamentale dare voce alle donne, mostrando il profondo della loro anima?

Non solo è importante, ma fondamentale. L’anima femminile si colora di miliardi di sfaccettature che solo la poesia riesce a codificare, rendendole facilmente comprensibili. Una donna è bambina, madre, sorella, amica, il sostegno stesso di una civiltà. È la forza di una donna il motore pulsante della vita. E la loro voce è la voce di tutti, indistintamente dal genere.

Quali sono i temi principali della raccolta?

I temi di questa raccolta sono gli stessi che ogni donna si trova ad affrontare ogni giorno: l’invidia, le delusioni, la discriminazione. Ma anche il loro valore, le azioni memorabili compiute e il ricordo indelebile che lasciano.

Perché è fondamentale tradurre la poesia e quali sono i limiti?

Come ho detto prima il ruolo fondamentale della traduzione è quello di avvicinare culture diverse in una lingua di più facile comprensione al popolo di destinazione. Senza di essa questo meraviglioso mondo sarebbe accessibile solo a pochi. Il limite principale è di dover adattare la metrica e le figure usate nelle poesie originali allo stile italiano, cercando di conservare il più possibile. Come disse Svevo, la traduzione è un compresso. Ogni verso, ogni parola, ogni suono è frutto di un compresso. A volte ho dovuto evitare una traduzione troppo letterale, per rendere più fluida l’idea centrale su cui si basava una poesia. Basti pensare ai vari giochi di parole, o ai modi di dire, alle assonanze che sono specifiche di una determinata lingua. Prendiamo il caso della poesia Fat vs Phat. Ho deciso di lasciare il titolo e il gioco di parole in originale perché qualsiasi suo tentativo di trasporlo nella nostra lingua non rendeva con la stessa efficacia tutte le varie implicazioni che queste due semplici parole riescono ad esprimere. Come rendere in italiano il fatto che due parole dalla stessa pronuncia, ma con una grafia diversa, rimandino a due immaginari che in apparenza sembrano lontani ma che allo stesso tempo possono tranquillamente collimare? Sono questi i limiti della traduzione. Ma sono anche delle belle sfide con sé stessi e con il proprio lessico.

Quali sono gli elementi africani della raccolta?

Sicuramente l’elemento africano più evidente è il contesto socio-culturale che pervade questa raccolta. Ogni voce di donna qui trattata ha un profondo legame con le sue origini africane. Un legame di amore/odio che le porta sempre a confrontarsi con se stesse e con gli altri. Il ripetersi costantemente delle parole “fratello – sorella – nera” sono proprie della cultura africana. Una cultura che allarga il concetto di “legame di sangue” a chiunque ne faccia parte.

Come possono libri come questi promuovere una cultura della pace e della lotta al razzismo?

Libri come questo riescono nel loro piccolo ad avvicinare mondi diversi. Sono uno specchio interiore di persone tra loro diverse, ma così simili che ognuno riscontra parte di sé. Leggendo possiamo capire che l’unica cosa che ci differenzia è semplicemente il colore della pelle, ma i pensieri, le paure, le gioie, gli amori, le delusioni, le speranze, sono le stesse che ognuno di noi prova. Basterebbe leggere senza soffermarsi sui riferimenti “di colore” per capire che ognuna di queste poesia è come se l’avessimo scritta noi.

 

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