Selay Ghaffar è la portavoce del Partito Afgano della Solidarietà. Il 28 novembre scorso, alla presentazione del manuale per le donne oggetto di violenza (versione italiana: “EXIT – Uscite di sicurezza dalla violenza. NON SIAMO SOLE”) presso la Casa delle Donne di Milano, ha parlato della situazione attuale delle donne e delle ragazze afgane, del motivo per cui è passata dall’impegno nella società civile a quello in politica e dell’abitudine a usare le donne come trofei, più che coinvolgerle nel lavoro per la pace di cui l’Afghanistan ha un disperato bisogno. Abbiamo potuto parlare a tu per tu con Selay delle sue esperienze e del suo partito.

Puoi parlarci del tuo partito e dei suoi obiettivi?

Il Partito Afgano della Solidarietà è contro l’occupazione delle forze americane e della NATO. Consideriamo l’attuale governo un fantoccio manovrato dagli occupanti e anche un governo del terrore. Il nostro partito chiede di portare in tribunale i criminali di guerra che hanno compiuto atrocità contro il popolo afgano, dai sovietici, ai mujahideen, ai talebani, agli americani. Crediamo nell’uguaglianza tra i generi; una vera rivoluzione si potrà realizzare solo se uomini e donne avranno pari diritto a esprimersi e partecipare. Il nostro obiettivo è liberare l’Afghanistan dall’influenza straniera.

Che rapporti avete con i gruppi di attivisti italiani, compreso il CISDA?

Il Partito Afgano della Solidarietà crede nel potere dell’internazionalismo e della solidarietà Le forze progressiste possono lavorare insieme indipendentemente dalla loro ubicazione, com’è avvenuto con i gruppi italiani. Possono amplificare il nostro messaggio diffondendolo nel loro paese e fare pressione sul loro governo. Questo ha molta influenza in Afghanistan.

Che importanza ha la rete internazionale che avete creato nel mondo? E’ stato difficile costruirla?

Le forze progressiste possono lavorare insieme perché hanno la stessa ideologia. E’ questo l’importante ed è questo che ha permesso la formazione di una rete internazionale. Basandosi sulle cose che abbiamo in comune è stato facile costruirla.

Da dove prendi la forza e il coraggio per fare il tuo lavoro?

So quant’è forte nel nostro popolo il desiderio di liberarsi della violenza. Avendo assistito di persona alla violenza e alla sofferenza, so che devo trovare la forza per cambiare le cose nel mio paese. La gente mi appoggia. Siamo dalla stessa parte, come testimoniano i messaggi in Facebook e le mail di sostegno e incoraggiamento che ricevo. Gli afgani sono stanchi della violenza.

Qual è il tuo messaggio per il cittadino medio occidentale, che non sa molto della situazione attuale in Afghanistan?

Gran parte della solidarietà internazionale che riceviamo viene da persone normali che vivono in Occidente. C’è una grande differenza tra loro e chi occupa l’Afghanistan. Il vostro dovere è quello di fare pressione sui vostri governi perché interrompano il loro coinvolgimento nel paese. Avete il diritto di esigere che i soldi delle vostre tasse non vengano spesi per finanziare la guerra.

Per esempio il CISDA ha organizzato una protesta a livello nazionale contro la visita in Italia di Mohammed Mohaqiq, signore della guerra afgano diventato parlamentare. Molti criminali di guerra attualmente al potere viaggiano in Occidente usando il doppio passaporto. La mobilitazione contro il loro ingresso nei paesi occidentali sensibilizza l’opinione pubblica e dimostra ai governi che i cittadini non sono disposti ad accettare una cosa del genere.

Che prospettive vedi per la costruzione della pace in Afghanistan? Le donne potranno farne parte?

Il paese è assetato di pace, ma una vera pace ha bisogno di giustizia. La giustizia è la chiave per accertare le responsabilità di chi ha commesso violenze e atrocità. Gli attuali tentativi di costruzione della pace da parte degli Stati Uniti, della NATO e del governo afgano coinvolgono dei criminali di guerra e dunque non hanno senso. Ad esempio il governo ha invitato ai colloqui di pace Gulbuddin Hekmatyar, un signore della guerra conosciuto come “il macellaio di Kabul”. In realtà non si sono fatti molti progressi in questa direzione. Le cose non cambieranno se la giustizia non farà parte del processo di pace.

La partecipazione delle donne è cruciale per la giustizia e la pace in Afghanistan. Il fondamentalismo, uno degli ostacoli principali, si può combattere solo se uomini e donne lavoreranno insieme. Finora siamo state usate come trofei per dare un’illusione di progresso, ma in realtà non ci sono stati molti passi avanti verso la parità di genere e la pace. Sono sempre scettica quando i “diritti delle donne” vengono usati per giustificare le azioni del governo, visto che le donne sono coinvolte di rado e spesso solo per raccogliere fondi.

Traduzione dall’inglese di Anna Polo