Gli aberranti fatti del gruppo di quindicenni di Vigevano, sadici violentatori di un coetaneo e fieri del loro operato tanto da postare le scene delle torture su Facebook, ci fa sprofondare nello sgomento più profondo.

Poi ci si riprende, seppur a fatica, e ci si chiede cosa fare per guarire dal male di una violenza così estrema, gratuita e fonte di vanto verso gli altri. Non possiamo accontentarci di considerare questo gruppo di minorenni, costituito anche da un tredicenne, semplicemente come costituito da bulli. Lo so, questo è bullismo ma così estremo da diventare crimine efferato e ci sembra impossibile come possa essere perpetrato da ragazzi tanto giovani.

Se l’adolescenza è un periodo difficile che richiede una trasformazione dell’individuo in cammino verso l’adulto che sarà, dall’altro lato siamo portati ad immaginare questa fase della vita come la scoperta dei bei sentimenti: l’amore, l’amicizia nel gruppo dei pari e così via.

La violenza indefinibile ci fa precipitare nell’impotenza, nella incapacità di farcene una ragione, ma una ragione esiste. Nel 1992 lessi un interessante libro “La maschera del cattivo” (Fulvio Scaparro, Gaetano Roi, Unicopli) dove si parla dei minori delinquenti e della loro possibile riabilitazione; lì appresi per la prima volta l’esistenza di una modalità ri-educativa definita da Scaparro “Dialogo contro-aggressivo modulante”. Uscendo dal contesto del carcere minorile e ritornando nella vita quotidiana, possiamo esemplificarla così: immaginiamo un bambino di cinque anni per mano ad un adulto a cui il piccolo sferra un calcio negli stinchi, sia esso insegnante, educatore scolastico o genitore, e a quale rimedio poter ricorrere. In questo caso il dialogo contro-aggressivo modulante consiste, ad esempio, nello stringere forte la sua manina fino a fargli capire il dolore che si prova. Questa non è violenza, non è sopraffazione, ma è educazione alla convivenza in modo da capire come fare male gli altri sia disdicevole. Soprattutto è e-ducazione in senso puro, quel temine sacro capace di e-ducere, cioè tirar fuori il meglio da dentro di ognuno di noi, termine a cui oggi si guarda con timore, il timore di essere fuori moda, di non essere considerati come intellettuali capaci.

Oggi e negli ultimi anni vince il rapporto simmetrico con i giovani fin dalla più tenera età: si dà del tu alla maestra svuotandola della sua immagine di leader carismatico, si trattano i genitori come fratelli, si lasciano in piedi sul tram gli anziani per poter chattare in comodità seduti con i piedi sui sedili del mezzo. I bambini crescono insicuri e fragili perché gli adulti hanno perso autorevolezza e capacità di trasmettere la giusta sicurezza indispensabile per la crescita.

Che fare? Riconsiderare certe vecchie e buone regole, ma farlo subito. Come recuperare il citato gruppo di adolescenti violenti? Ricordando che certi metodi non sono violenti, ma salvifici.