La notizia dell’elezione di Trump a 45esimo presidente degli Stati Uniti d’America ha scioccato un po’ tutti e, credo proprio a causa di questo shock, sono passati quasi inosservati i risultati di alcuni quesiti referendari, fra cui uso di marijuana, suicidio assistito, salario minimo, adozione della pena capitale e altro, a cui i cittadini americani di molti Stati sono stati chiamati a rispondere in occasione delle stesse elezioni.

Per la cronaca, qualcuno sarà sorpreso di sapere che in alcuni Stati si è deciso di regolarizzare la marijuana anche a scopo ricreativo e che il suicidio assistito è diventato legge in Colorado (per informazioni dettagliate su questi temi si veda qui: http://tg24.sky.it/tg24/mondo/2016/11/09/Usa-2016-elezioni-referendum-risultati-porno-marijuana-armi-pena-morte.html ).

Per quanto riguarda la pena di morte, non possiamo che prendere atto di un preoccupante passo indietro, peraltro proprio in un momento in cui, secondo attendibili sondaggi, la maggioranza degli americani si dichiarava contraria, preferendo a questa pena irreversibile l’ergastolo senza possibilità di rilascio sulla parola.

Inoltre, secondo i dati del Death Penalty Information Center, un’associazione senza scopo di lucro che raccoglie e fornisce informazioni e analisi sulla diffusione e l’uso della pena capitale negli USA, questo è l’anno in cui si registra il minor numero di esecuzioni in tutto il paese dal 1991 a oggi, oltre al minor numero di condanne capitali emesse dal ripristino della pena di morte nel 1976 (per dati dettagliati sulla pena capitale negli USA si veda qui: http://www.deathpenaltyinfo.org/ ).

Nonostante questi risultati non avranno impatto immediato sulle esecuzioni a causa di battaglie legali e i noti problemi legati alle sostanze chimiche somministrate nelle iniezioni letali, gli elettori del Nebraska (dove non vi sono esecuzioni dal 1997 e dove attualmente sono detenute 10 persone nel braccio della morte) hanno votato per la reintroduzione di questa pena estrema e definitiva, respingendo quindi la decisione di sospensione presa lo scorso anno dal Parlamento dello Stato. Il referendum è stato approvato con il 60% dei voti.

In Oklahoma, Stato noto per il suo conservatorismo, gli elettori hanno votato la legittimità della pena capitale, dedicando a questa pratica una sezione nella Costituzione dello Stato, nella quale vengono definite norme e nuovi metodi di esecuzione. Lo scorso anno l’Oklahoma aveva sospeso le esecuzioni capitali per risolvere questioni legate ai farmaci utilizzati per procurare la morte ai condannati.

Nella roccaforte della democrazia americana, la California, dove non si registrano esecuzioni dal 2006, il referendum che proponeva l’abrogazione della pena di morte è stato respinto e per poco non è stata approvata una misura che prevedeva la velocizzazione dei procedimenti nei casi capitali. Da notare, fra l’altro, che il braccio della morte di questo Stato è il più popolato di tutto il paese (circa 750 detenuti).

E’ evidente come tutto questo rappresenti una sconfitta per i singoli e le associazioni che da anni si battono, nel mondo intero, per l’abolizione della pena capitale, considerandola una pena inumana ed eticamente inaccettabile.

Quanto sta accadendo negli Stati Uniti d’America è per noi fonte di forte preoccupazione, ma sia chiaro che riuscire ad abolire questa pena, che rappresenta la violazione del più fondamentale dei diritti umani, ossia il diritto alla vita, resta per noi una priorità assoluta. E’ con orgoglio che l’Europa è da anni in prima linea in questa battaglia; nonostante la nostra delusione, continueremo a lottare affinché questo retaggio di inciviltà medievale diventi finalmente un ricordo del passato.

Arianna Ballotta

Presidente della Coalizione Italiana contro la Pena di Morte

www.coalit.org