La pagina in comune, libro di Gianmarco Pisa, Edizioni “Ad Est dell’Equatore”

 

Il lavoro di pace a sfondo culturale comprende gli aspetti decisivi della prevenzione della violenza e della promozione dei diritti umani, come sostiene la tesi del libro “La pagina in comune” di Gianmarco Pisa.

L’Autore, ricercatore ed operatore di pace, segretario nazionale di IPRI (Istituto Italiano di Ricerca per la Pace) – Rete CCP (Corpi Civili di Pace), è impegnato in progetti di ricerca- azione per la trasformazione dei conflitti, sia a livello locale, sia in ambito internazionale.

La ricerca-azione sviluppata nel corso del progetto P.U.L.S.A.R. – “Project on Understanding and Linkages to Serbs and Albanians Reconcile”, promosso dagli “Operatori di Pace – Campania”, con le organizzazioni IPRI – Rete CCP, RESeT e i partner kosovari, è sostenuta dalla Tavola Valdese – Unione delle Chiese Metodiste e Valdesi, per la costruzione dei Corpi Civili di Pace e la ricomposizione sociale orientata alla pace positiva.

L’intervento operativo di ricerca-azione è incentrato sull’importanza e il significato delle memorie collettive, tramite i ponti della memoria e i luoghi della condivisione, quali fonti d’ispirazione per la vita sociale, nel carattere dialogico della memoria collettiva, come terreno di identificazione comunitaria, che costituisce un presupposto fondamentale per un’azione di trasformazione sociale, basata sui patrimoni culturali.

La memoria viene qui letta e interpretata in chiave attiva e dinamica, come fonte di ispirazione sociale e culturale e come occasione di trasformazione sociale e di convivenza pacifica. Al tempo stesso, nella lettura dell’autore, la memoria diviene uno dei propellenti del nesso “pace con giustizia”: non si tratta di una impossibile e ingiusta “riconciliazione” dell’oppresso nei confronti dell’oppressore, bensì di una necessaria e praticabile condivisione nella giustizia, il tentativo di predisporre un terreno di diritti uguali per tutti per consentire a tutti la pratica della coesistenza.

Nei Balcani, nel Kosovo, divisi da un lungo dopoguerra, sono proprio queste occasioni di “lavoro per la pace” la linfa vitale per alimentare l’impegno costruttivo di peace-building a orientamento culturale, nell’ottica sperimentale propria dei Corpi Civili di Pace.

Il punto focale della memoria sociale, collettiva e condivisa, e i significati culturali universalmente riconosciuti, si affermano, tramite l’attivismo della ricerca-azione, come i più potenti strumenti per superare le conseguenze dolorose dei conflitti violenti e per aprire approcci innovativi all’impegno per la pace, trattando la trasformazione dei conflitti, con la profondità delle memorie collettive, e creando un messaggio di speranza e di pace per le nuove, presenti e future, realtà sociali, nel dialogo tra genti, popoli, minoranze e tra generi, culture e generazioni.

I temi della memoria, del conflitto e della riconciliazione, nei luoghi attraversati dalle cosiddette e surrettizie “guerre umanitarie” contemporanee, innescate da interessi economici, sono spesso determinati dalla memoria collettiva, patrimonio di una società e di un’epoca con testi, immagini, luoghi, riti e celebrazioni che determinano l’identità di una data cultura.

La memoria collettiva rappresenta una conoscenza condivisa di eventi sociali del passato che sono ripercorsi e ricostruiti collettivamente, tramite funzioni sociali di tipo relazionale, che si trasmettono in via istituzionale e interpersonale, a livello sociale e politico, come patrimonio del passato che si riversa nel presente della comunità, organizzandosi intorno a eventi salienti e a esperienze apicali che hanno determinato un impatto profondo nella coscienza sociale e nella consapevolezza collettiva.

Tutto questo presuppone la relazione tra storia, memoria sociale e simboli evocativi, con credenze personali, sentimenti e percezioni, in narrazioni collettive, dove le storie personali sono sempre interconnesse con le logiche sociali, rappresentando altrettante memorie socio-biografiche di retaggi mnemonici.

Gli Stati e le Chiese enfatizzano l’omologazione, la fissità, l’impenetrabilità delle barriere, al fine di preservare la stabilità etnica e la distinzione ideologica; al contrario, in realtà, il confine, il limite, la barriera costituiscono una zona osmotica di interazione e interscambio relazionale e non di divisione e separazione.

A dispetto del controllo degli Stati e delle Chiese, il conflitto non è l’unico elemento che attraversa la vita di confine, perché il contatto è quotidiano e la comunanza, l’amicizia interagiscono tra culture e identità che non sono mai fisse, stereotipate, sclerotizzate, e vivono oltre ogni confine, limite, muro, barriere e bandiera.

Infatti, in regioni come il Kosovo, contatti tra vari gruppi, come tra albanesi e serbi, sono caratterizzati da casi di acculturazione e assimilazione reciproca, in conversioni parziali e ridefinizioni etniche, tra scambi di pratiche e costumi, travalicando le barriere e i muri imposti dalla guerra più recente che ha determinato nuove e dolorose condizioni di ostilità e separazione tra i principali gruppi etnici. Nonostante il conflitto del 1998/1999, esistono ancora territori, fisici o figurati, zone franche e libere, di relazione, incontro e interazione…

“Memoria e conflitto” sono termini imprescindibili per l’impegno di pace. Il binomio “memoria e conflitto” potrebbe sembrare un’affermazione paradossale, quasi un ossimoro. Ma è necessario porre attenzione al retaggio delle memorie individuali e collettive per definire le identità sociali e culturali e il carattere dinamico del conflitto, articolando la complessità sociale comunitaria, così da focalizzare l’importanza dell’aspetto decisivo dell’impegno e dell’attivismo culturali nell’azione di prevenzione della violenza e di trasformazione dei conflitti.

“La pagina in comune” è un libro plurilingue, scritto in italiano, inglese, albanese e serbo-croato, che rappresenta una scoperta e un tentativo per approcciare, in modalità non banale e non retorica, lo sforzo della ricomposizione e della riconciliazione, a partire dai Balcani e, in particolare dal Kosovo e da Mitrovica, quali territori di implementazione relazionale e culturale e “luoghi della memoria” nell’ambito del progetto per “Corpi Civili di Pace”.