26/10/2015 ore 23.00 (ultima puntata delle cronache di Leopoldo Salmaso sulle elezioni in Tanzania)

In un articolo precedente  ho detto che gli osservatori internazionali, UE in testa, hanno sempre accreditato le elezioni in Tanzania fra le più regolari di tutto il terzo mondo. Ascoltando le interviste di oggi agli osservatori europei, mi vien quasi da dire che la Tanzania viene “santificata”. Questo è anche comprensibile se si fa il paragone con tanti altri Paesi poveri, ma la realtà è profondamente diversa, e a me fa impressione l’ingenuità (spontanea e/o programmata?) di codesti osservatori, convinti e/o istruiti a far finta di credere che basti osservare una fila disciplinata di votanti per avallare la regolarità del voto. Io stesso, che pure ho pluridecennale esperienza di questo Paese, dovrei limitarmi a fare confessione di socratica ignoranza. Però mi azzardo a presentare qui alcune note personali nella speranza di suscitare qualche utile riflessione:

Da due mesi, e soprattutto in questi ultimi giorni, ogni partito è a caccia di voti, con tutti i mezzi legittimi e non. Già nelle tornate elettorali precedenti, interrogati sulla loro capacità di manipolare l’esito elettorale, dirigenti del CCM, il Partito della Rivoluzione che ha governato ininterrottamente dall’indipendenza (1961) ad oggi, hanno sempre negato, ovviamente, ma al tempo stesso più o meno apertamente hanno ammesso di sentirsi in dovere di mantenere il potere “nel superiore interesse della nazione”. Ogni volta sono stati denunciati brogli, intimidazioni, e compravendite di voti a livelli inarrivabili perfino dal leggendario Achille Lauro (quello che regalava una scarpa sinistra prima del voto, e quella destra solo dopo l’esito voluto). E ogni volta i candidati danneggiati e i loro partiti hanno rinunciato a formalizzare le accuse perché concordano che debba prevalere il superiore interesse della nazione. Il superiore interesse della nazione è quello del gruppo dominante. E il gruppo dominante non va combattuto con la forza: si aspetta che gli eventi maturino fino a che non sia più dominante…

Noi etichettiamo tutto questo come atavica sottomissione, ignoranza, rassegnazione, perché abbiamo il culto dell’individualismo e della competizione, anzi, del duello all’ultimo sangue in nome di principi assoluti: noi vogliamo essere gli artefici del nostro futuro. Gli africani vivono nel presente e cercano in maniera estremamente pragmatica di sfruttare il positivo di oggi. Per gli Africani conta la cooperazione entro i vari gruppi, ai vari livelli. Si sforzano, collettivamente, di rimediare la pagnotta per oggi: tutte le volte che ci riescono godono collettivamente. E chi non fa parte del gruppo di successo cerca di entrarci o, quantomeno, di entrare nelle sue grazie, perché sa che questa è la strategia che garantisce il massimo risultato col minimo sforzo. Certamente spera che il proprio gruppo possa prevalere prima o poi, ma si guarda bene dal combattere apertamente altri gruppi perché sa che questa strategia comporta grande dispendio di risorse a fronte di un risultato incerto o fors’anche peggiorativo. Se la politica è pragmatismo, allora ogni africano è un politico di prim’ordine.

Stamane Irene, una donna di 40 anni, istruzione secondaria, coordinatrice di gruppi di microcredito, ha inviato a tutte le sue compagne questo sms:

“…dai due principali contendenti ho appreso due grandi insegnamenti:

  • Edward Ngoyai Lowassa (lo sfidante, passato da CCM a CHADEMA – ndr) mi ha insegnato a non perdermi mai d’animo per tutto quello che credo e spero. Mi ha fatto credere che, davvero, per una porta che si chiude se ne apre una anche migliore. Mi ha anche insegnato a coltivare molto per tempo il sogno della mia vita, che lui ha incominciato a perseguire dal 1990. Mi ha anche insegnato che è più saggio stare zitti, soprattutto quando i problemi sono complicati e ci vuole molto tempo prima che la verità venga a galla. E’ difficile credere come Lowassa sia riuscito a ribaltare il giudizio della gente, soprattutto dei molti che lo disprezzavano (per i fatti di corruzione che lo avevano costretto a dimettersi da Primo Ministro – ndr). I bianchi dicono: “il tempo è il miglior guaritore”. E Martin Luther King disse: “Quando la mia sofferenza cresceva, presto mi resi conto che potevo rispondere in due modi: reagire con amarezza oppure cercare di trasformare la sofferenza in una forza creativa. Decisi di seguire la seconda strada.”.
  • John Pombe Magufuli (il candidato del CCM – ndr) mi ha insegnato a lavorare con dedizione ogni giorno. Qualsiasi incarico ti venga affidato, fallo con intelligenza e al meglio delle tue possibilità. Se fai così, arriverà un giorno in cui tanti se ne accorgeranno, metteranno da parte le loro discordie e vorranno offrire a te un’occasione convinti che, tramite te, raggiungeranno traguardi anche più grandi. Perciò non lamentarti dei compiti che oggi ti danno, anche se credi di meritarne di migliori: tu applicati e lavora sodo. Così noi avevamo previsto che il suo partito lo avrebbe scelto. I bianchi hanno un detto: “il duro lavoro ripaga”. E qui ricordo le parole del primo segretario di stato nero degli USA, Colin Powell: “Un sogno non diventa realtà per magia: richiede sudore, determinazione, e duro lavoro”.