La Rete Italiana per il Disarmo, pur considerando positivo che il Parlamento affronti la questione, non considera ancora sufficienti le iniziative intraprese in seno alla Commissione Difesa sulla proposta di legge “in materia di limiti all’assunzione di incarichi presso imprese operanti nel settore della difesa da parte degli ufficiali delle Forze armate che lasciano il servizio con il grado di generale o grado equiparato” (Proposta di AC 2428).

Una lettera in tal senso è stata inviata nei giorni scorsi ai componenti della Commissione Difesa della Camera dei Deputati ed al promotore della legge Onorevole Carlo Galli. 

La Rete italiana per il Disarmo considera “necessaria ma insufficiente” la proposta di Legge attualmente in discussione presso la Commissione Difesa della Camera che intende introdurre dei limiti all’assunzione di incarichi presso imprese operanti nel settore della difesa da parte degli ufficiali delle Forze armate che lasciano il servizio con il grado di generale o grado equiparato (A.C. 2428).

“Pur ritenendo il provvedimento in discussione un passo importante del percorso verso un effettivo rafforzamento della funzione di controllo da parte del Parlamento in merito all’esame dei programmi di armamento (percorso che si inserisce nelle finalità indicate dalla legge 244 del 2012 e dei divieti a conferire cariche come disposto nell’articolo 22 della legge 185 del 1990) consideriamo la proposta di legge ancora insufficiente a sanare una situazione fortemente problematica nell’attuale contesto nazionale ed internazionale” – afferma Francesco Vignarca, coordinatore di Rete Disarmo.

Due sono le considerazioni alla base della posizione di Rete Disarmo sostenute dalle analisi che da anni svolgono l’Istituto di Ricerche Internazionali Archivio Disarmo di Roma e l’Osservatorio Permanente sulle armi leggere e le politiche di difesa e sicurezza di Brescia.

La prima riguarda il ruolo di un ufficiale di alto grado nelle nostre FF.AA.. Tale ruolo permette ad una persona di acquisire informazioni altamente sensibili sia di tipo militare, sia sui sistemi d’arma allo scopo specifico della difesa del nostro Paese: si tratta di informazioni che non appartengono a un singolo, ma allo Stato e sono a disposizione del singolo ufficiale solo ed esclusivamente per quello scopo. “Ogni altro uso di queste informazioni, proprio perché può rischiare di compromettere la sicurezza del nostro Stato, va limitato e chiaramente regolamentato” – si legge nella lettera che Rete Disarmo ha inviato nei giorni scorsi all’On. Carlo Galli (primo firmatario della Proposta di Legge) e ai componenti della Commissione Difesa della Camera dei Deputati.

La seconda considerazione riguarda la struttura dell’industria italiana, europea e mondiale della difesa che vede oggi tutte le industrie nazionali, anche quelle europee, in forte competizione tra loro: ciò significa che chi ha acquisito determinate informazioni sensibili diventa appetibile come “collaboratore” per i competitors.

Alla luce di questa riflessione, Rete Disarmo sottolinea che ad un ufficiale in congedo, per la tipologia di lavoro svolto nelle Forze Armate e per le informazioni sensibili acquisite durante tale servizio, “non dovrebbe essere permesso in alcun caso di trasferire competenze e conoscenze riservate in un’industria così delicata come quella degli armamenti”. Per questo motivo, anche se in alcuni aspetti migliorativa, Rete Disarmo non ritiene soddisfacente la normativa proposta in Commissione alla quale chiede di accogliere i vari emendamenti che intendono rafforzare e migliorare la proposta di legge.

In particolare, Rete Disarmo invita il Parlamento a considerare almeno tre integrazioni migliorative. Innanzitutto la possibilità di impiego in ambito industriale di un ex-ufficiale delle Forze armato dovrebbe essere consentita dopo un lasso di tempo più lungo di quanto previsto dal testo attuale (cioè di soli tre anni) ed, in secondo luogo, esclusivamente presso le industrie nazionali, al fine di evitare trasferimento di conoscenze riservate e sensibili al di fuori del nostro Paese; dovrebbe infine riguardare tutte le imprese e holding con sede in Italia o all’estero che hanno al loro interno settori di produzione di sistemi militari e di armamenti o ad essi collegati.

Inoltre Rete Disarmo evidenzia che la normativa dovrebbe valere anche per rapporti di consulenza occasionale che dovrebbero essere forniti solo previo controllo statale con documentazione di tutte le fasi per un successivo controllo parlamentare.

“Riteniamo comunque necessario un rafforzamento della normativa attuale e, in questo senso, consideriamo positiva l’interlocuzione con i promotori della proposta di legge perché la proposta di legge sta andando ad affrontare uno dei temi che per anni non sono stati nemmeno sfiorati dalla discussione parlamentare e soprattutto perché è urgente sanare la reiterata elusione della Legge n. 185 del 1990 che già prevedeva per i dipendenti pubblici l’impossibilità di assumere cariche dirigenziali e incarichi di consulenza in imprese operanti nel settore degli armamenti per un periodo di tre anni successivo alla cessazione del rapporto di lavoro” – conclude la nota di Rete Disarmo.

 

 

 

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Per conoscenza > Legge 9 luglio n. 185 del 1990

Art. 22 (Divieti a conferire cariche)

1. I dipendenti pubblici civili e militari, preposti a qualsiasi titolo all’esercizio di funzioni amministrative connesse all’applicazione della presente legge nei due anni precedenti alla cessazione del rapporto di pubblico impiego non possono, per un periodo di tre anni successivo alla cessazione del rapporto stesso, a qualunque causa dovuta, far parte di consigli di amministrazione, assumere cariche di presidente, vice presidente, amministratore delegato, consigliere delegato, amministratore unico, e direttore generale nonché assumere incarichi di consulenza, fatti salvi quelli di carattere specificatamente tecnico-opertivo relativi a progettazioni o collaudi, in imprese operanti nel settore degli armamenti.

2. Le imprese che violano la disposizione del comma 1 sono sospese per due anni dal registro nazionale di cui all’articolo 3.