Anche quest’anno Vittorio Agnoletto ha seguito il Festival del Cinema di Locarno per noi; pubblichiamo le sue cronache in quattro puntate, ecco la quarta ed ultima.

Sulle tracce della politica

 

Due sono le direzioni verso le quali muoversi per trovare tracce di ragionamenti e di aspirazioni politiche: il cinema latinoamericano e la sezione Open Doors.

 

Tra i film provenienti dal Sud America due sono stati particolarmente significativi: il brasiliano Com os Punhos Cerrados  di Ricardo Pretti, Pedro Diogenes, e Luiz Pretti e il colombiano Los Hongos di Oscar Ruiz Navia, vincitore del Premio speciale della giuria “Cineasti del presente”.

Nel primo tre giovani con una radio clandestina interrompono le trasmissioni delle radio ufficiali per gridare la loro voglia di libertà attraverso musiche, poesie e citazioni. Il potere non tarda ad indicarli come un pericolo pubblico: terroristi da annientare.

La loro voce non ha alcuna possibilità di vincere, ma continua incessantemente  a gridare il proprio desiderio di ribellione come “voce che grida nel deserto” nella convinzione che alla fine produrrà i propri frutti.

Un deserto dove non solo metaforicamente i tre ragazzi si ritroveranno nel tentativo di sfuggire alla repressione.

 

In  Los Hongos la ricerca della libertà si concretizza nelle avventure e nei disegni di due graffitari decisi a disegnare sui muri della loro città brasiliana l’immagine di donne impegnate  nella rivoluzione araba per ottenere il riconoscimento dei loro diritti.

 

Due film che mandano un messaggio fra loro molto simile: l’arte nelle sue diverse espressioni non può essere mai totalmente asservita, resta sempre uno spazio di libertà senza confini.

 

Tra gli Open Doors tre sono i film che non si può fare a meno di citare.

 

Difret, di Zeresenay Berhane Mehari, una coproduzione tra  Etiopia e Stati Uniti (tra i produttori  vi è anche Angelina Jolie) affronta il difficile confronto tra tradizioni secolari e i diritti degli esseri umani così come sono riconosciuti dalla Dichiarazione dei Diritti Universali. L’oggetto del confronto è il rapimento di una quattordicenne sulla strada del ritorno dalla scuola al villaggio. Il rapimento ha l’obiettivo di costringerla ad un matrimonio forzato, ma la giovane uccide il proprio aggressore e riesce a scappare.

Il film narra la movimentata vicenda giudiziaria che ne è seguita, sforzandosi di penetrare nelle antiche tradizioni etiopi, di entrare in contatto e di interloquire con la cultura ancora dominante in molti villaggi, cercando di evitare ogni sorta di semplificazione che certo non aiuta a modificare le convinzioni altrui.

 

Half of a Yellow Sun del regista Biyi Bandele, coprodotto tra Nigeria e Gran Bretagna, basato sull’omonimo romanzo di Chimamanda Adichie racconta, attraverso la storia personale di due gemelle, la guerra civile nigeriana e la lotta per l’indipendenza del Biafra. Vicenda avvincente, dai ritmi serrati, con riferimenti e filmati storici che permettono allo spettatore di approfondire una pagina di storia che, in genere, è conosciuta per la tremenda carestia che coinvolse il Biafra e molto meno per gli eventi che determinarono tali conseguenze.

 

Ezra, del regista Newton I. Aduaka, produzione nigeriana realizzata  in collaborazione con vari Paesi occidentali, affronta il tema dei bambini soldato, il cui numero è stimato attorno ai 300.000.

Ezra è un giovane ex soldato della Sierra Leone, rapito e coinvolto da bambino nel conflitto. Ora è davanti ad un tribunale di riconciliazione presieduto dalle Nazioni Unite dove deve confrontarsi con la testimonianza della sorella che lo accusa di aver ucciso i genitori in un attacco al villaggio, durante il quale Ezra agiva sotto l’effetto di stupefacenti.

Il film estremamente coinvolgente illustra gli obiettivi dei tribunali di riconciliazione che richiamano, nel loro funzionamento, quelli attivati in Sudafrica e in Ruanda.

Il regista indaga in profondità sia il vissuto delle vittime che quello dei colpevoli. I primi possono arrivare anche a rinunciare alla vendetta e al castigo dei carnefici, ma hanno assoluta necessità di conoscere la verità; di saper cos’è accaduto, per poter guardare in avanti e cercare di riprendere il filo della propria vita.

I colpevoli necessitano di aiuto per comprendere la gravità delle loro azioni e per essere in grado di  chiedere perdono alle vittime.

Temi che restano sempre attuali e che mantengono la loro forza anche al di là della vicenda dei bambini soldato, e tutt’ora degni di profonda riflessione non solo per il continente africano, come infatti ha dimostrato la complessa e non ancora conclusa gestione della fase post bellica nei territori della ex Jugoslavia.