La vittoria conseguita dal Venezuela nell’ambito della filo-statunitense Organizzazione degli Stati Americani (OAS) ha ancora di più mostrato la tenuta della solidarietà latino-americana e le difficoltà degli Stati Uniti in un mondo multipolare. Nel voto del 21 marzo, in ordine alla situazione in Venezuela e ad una ipotesi di condanna del governo bolivariano per le violenze di piazza, fomentate in realtà dalle opposizioni interne e da settori golpisti nazionali e internazionali, 21 Paesi hanno votato contro, 9 si sono astenuti e solo 3 a favore (al solito, Stati Uniti, Canada e Panama).

Sarebbe ingenuo negare gli effetti di tale contraccolpo sul Dipartimento di Stato: durante la visita di Joe Biden, in Cile, in occasione dell’inaugurazione del nuovo mandato presidenziale di Michelle Bachelet, il vicepresidente USA ha dichiarato come uno dei suoi compiti principali sia quello di spingere sui governi dell’America Latina per cambiarne la posizione su quanto accade in Venezuela e per disarticolare la rete di solidarietà latino-americana con il Venezuela.

La pressione sulla OAS da parte della destra continentale, con gli Stati Uniti in testa, è accompagnata da una campagna mediatica feroce, che ha il doppio scopo di promuovere il fascismo e sostenere le politiche interventiste, che sembrano piuttosto isolate in questo momento, se persino in sede OAS gli Stati Uniti sono rimasti, praticamente, da soli. A titolo di esempio, l’ex presidente colombiano Pastrana ha parlato di “chiara violazione” della democrazia da parte di Maduro.

I 96 ex presidenti raggruppati nel “Club di Madrid” hanno rilasciato poi una dichiarazione a sostegno dei fascisti e dei golpisti, anche in questo caso per attivare l’opinione pubblica internazionale a sostegno di una ulteriore pressione e ingerenza, di chiara matrice golpista ed eversiva, contro il governo democratico in Venezuela. Nella lista del “Club” figurano nomi noti come José María Aznar, Vicente Fox, Alejandro Toledo, Oscar Arias, Felipe Calderón, Sanchez de Lozada.

Nonostante tutte queste manovre e le pratiche eversive delle forze reazionarie legate a siffatti circuiti di quello che una volta, prima del mondo multipolare, si sarebbe definito Washington Consensus, la posizione del governo bolivariano in ambito internazionale, in particolare in America Latina, resta solida e gli stessi progetti dei golpisti sempre più perdono terreno.

Nel frattempo, il capo della parte più fascista e oltranzista della destra venezuelana, Leopoldo Lopez ha ribadito il carattere del suo tentato golpe, in una comunicazione che è stata letta in una delle ultime manifestazioni della destra, dove non ha mancato di minacciare il presidente Maduro: “Chiedo a Dio di illuminare il tuo passo e che decida di dimetterti per aprire la strada ad un futuro migliore per tutti i venezuelani… fino alla solitudine del potere che non ha la capacità di guidare i destini della nazione se non con la repressione e la violenza; e come sarebbe bello il Venezuela, se solo decidessi di farti da parte”. Tale spavalderia mira a sostenere lo spirito della base militante del fronte più oltranzista della destra, ma, in certa misura, anche a nasconderne il sostanziale fallimento.

La risposta all’eversione è soprattutto sul terreno economico e sociale. La settimana scorsa il governo bolivariano ha firmato accordi istituzionali per stabilire prezzi equi per vari prodotti di largo consumo, concordando questa “politica sociale dei prezzi” con alcune grandi imprese come Nike, Converse, Everlast, Vita Kids, Adidas, Locatel, Farmatodo e Farmahorro.

Maduro ha accolto gli imprenditori nel palazzo presidenziale e ha dichiarato che la soluzione ai problemi economici, legati anche al sabotaggio, al saccheggio e alla guerriglia economica del fronte golpista, è possibile grazie al dialogo nazionale e alla Conferenza di Pace in corso nel Paese, un forum di dialogo e di confronto per individuare le soluzioni ai problemi, e anche un luogo di ulteriore consolidamento del processo bolivariano. Questa tattica, attaccata peraltro non solo da destra ma anche da ambienti della estrema sinistra, comincia a mostrare risultati sul fronte economico.

L’intellettuale argentino Atilio Boron ha discusso i punti deboli delle politiche di comunicazione del governo bolivariano e la necessità di superare le difficoltà attuali. In un articolo in cui interviene in merito alle iniziative che il Venezuela dovrebbe intraprendere per sconfiggere il fascismo e consolidare la rivoluzione, sollecita ad “impegnare tutte le risorse per combattere più efficacemente nel settore cruciale dei mass media che, a detta del Pentagono, è il luogo-chiave in cui oggi si combatte la battaglia tra fronte rivoluzionario e fronte contro-rivoluzionario ed in cui i governi progressisti, specie nella regione, hanno sempre mostrato debolezze pericolose contro nemici da più lungo tempo schierati e molto meglio attrezzati nel quadro di una strategia di dominio e di manipolazione dei media e degli strumenti della comunicazione che ha sempre avuto un profondo impatto sulla fantasia popolare”.

 

[Rielaborazione da testi e materiali di analisi di ANROS – Venezuela, si ringrazia Mario Neri del Circolo Bolivariano “Antonio Gramsci”, Caracas per la messa a disposizione della documentazione di riferimento].