Di Omar Bellicini

Tempi stretti e visioni del mondo radicalmente diverse: riuscirà, lo Stato che diede il via alle rivoluzioni arabe, ad approvare una costituzione prima della scadenza prevista? Dubbi e difficoltà non mancano, ma cominciano ad affacciarsi segnali positivi e solide speranze di successo. A Tunisi, diversamente da alcuni mesi fa, qualcosa sembra muoversi.

Dibattiti, concitazione, inquietudine: le miti temperature di un inverno tunisino, invero, fuori dal comune, non trovano un corrispettivo nella pace degli animi. Il 14 Gennaio, terzo anniversario della Rivoluzione, giorno fissato per la simbolica approvazione della nuova Costituzione, è alle porte. L’ennesima proroga avrebbe il sapore di una sconfitta. Sono giorni di lavori serrati e, al contempo, di festa: il Mouled, celebrazione della nascita del Profeta (Muhammad), cade proprio alla vigilia di questo importante appuntamento: il 13 Gennaio. Pare quasi che il destino abbia voluto contrapporre, con sottile ironia, la ricorrenza che rappresenta, per eccellenza, il senso di appartenenza alla Fede, l’ostentazione di un’identità precisa e priva di incertezze, a quella Rivoluzione che ha testimoniano, attraverso il contributo (e il sacrificio) delle diverse anime della società tunisina, la necessità di un riconoscimento più ampio e più sfumato: la dichiarazione di una comune cittadinanza, nella varietà delle posizioni individuali, nel pluralismo. Sono le due voci, talvolta in conflitto, talvolta in accordo, che hanno fatto da motivo conduttore al non semplice operato di questa inedita Costituente araba.

Qualche passo decisivo è già stato compiuto: l’approvazione, a larghissima maggioranza (159 favorevoli su 169 votanti) dell’articolo 20 della bozza costituzionale, ne è un esempio: esso sancisce la parità di tutti i cittadini davanti alla legge, “senza discriminazione” fra uomini e donne, riconoscendo ai primi e alle seconde medesimi diritti e doveri. Benché l’articolo 45, relativo alle pari opportunità e agli specifici diritti femminili tutelati dallo Stato, sia ancora oggetto di accesa discussione, si può parlare, senza dubbio, di una vittoria storica per quanti mirano ad un impianto giuridico il più possibile aperto e moderno. Tanto più, se si considera che, solo pochi mesi fa, v’era la concreta possibilità che il ruolo della donna, nella società tunisina, venisse definito meramente complementare. Non meno importante, sulla via di una definitiva conciliazione delle forze che agitano il confronto politico, un passaggio che, all’articolo 1, indica la Tunisia come Stato civile e non precisamente islamico, aprendo ad un’interpretazione laica dei rapporti sociali, pur in un contesto che eleverà senz’altro l’Islam ad una posizione di preminenza.

A complicare il quadro è il braccio di ferro sul Governo: non v’è dubbio, infatti, che le lunghe trattative sulla formazione di un nuovo Esecutivo, avviate mesi addietro, a seguito del crollo di credibilità dovuto agli omicidi dei leader dell’opposizione Chokri Belaid e Mohamed Brahimi, intersechino e rallentino i lavori assembleari. Tre giorni fa (il 10 Gennaio), dopo tormentate consultazioni, tenute dai principali esponenti istituzionali, dai partiti e dalle forze sociali, si è finalmente giunti ad un compromesso, che promette di influenzare positivamente i lavori d’aula: il primo ministro Larayedh, già responsabile degli interni e membro di spicco del partito filoislamico Ennahda, ha accettato di fare un passo indietro, in favore di Mehdi Jomaa, apprezzato ministro dell’industria, fattosi promotore e garante di una nuova squadra di tecnici e figure indipendenti. La situazione, tuttavia, è ancora in divenire e non è possibile azzardare previsioni affidabili sulle capacità operative e sulla tenuta del nuovo gabinetto. Quel che è certo, è che una cattiva selezione dei nuovi vertici ministeriali ed una insoddisfacente definizione degli obiettivi da conseguire avrebbero contraccolpi negativi sull’approvazione di un testo che necessita di largo consenso e di un’assoluta serenità di giudizio.

Se non altro, l’apertura di una nuova fase politica sembra prossima: a maggior ragione ora, che il cambio alla guida del Governo pare coincidere con l’imminente varo della nuova Costituzione. Se quest’ultima si tradurrà in un’uscita dalla stasi e in un’occasione di rilancio per il Paese, molto dipenderà dai talenti e dall’impegno che sapranno profondere le nuove classi dirigenti tunisine: giacché istituzioni e tempi nuovi richiedono strategie e uomini (altrettanto) nuovi; se non nei percorsi di vita, quantomeno nello spirito. In questi giorni di festa, il miglior augurio che si possa fare alla patria dei gelsomini è che ne emergano molti.