Secondo i primi dati della Commissione Elettorale Centrale del Kosovo, sebbene ancora provvisori in quanto sviluppati su una parte delle schede scrutinate, si conferma il dato politico di fondo di queste elezioni amministrative, vale a dire la loro eminente valenza locale, sebbene paradossalmente, viste le implicazioni internazionali ed in prospettiva europea di quanto successo lo scorso 3 Novembre.

 

Le elezioni hanno infatti evidenziato tre aspetti: il calo di consenso verso il sistema di potere stretto intorno alla figura di Hashim Thaci, la difficoltà dell’auto-governo kosovaro a compiere passi in avanti significativi verso una più funzionale organizzazione del potere locale e la divisione tra i serbi del Kosovo, tra quelli a Sud e quelli a Nord del corso (fisico e sempre più simbolico) dell’Ibar.

 

Il PDK (Partito Democratico del Kosovo) di Hashim Thaci viene quasi raggiunto, con all’incirca il 30% dei consensi, dall’opposizione dell’LDK (Lega Democratica del Kosovo), mentre i nazionalisti della AAK (Alleanza per il Futuro del Kosovo) dell’inquisito criminale di guerra Ramush Haradinaj superano il 16% e l’opposizione radicale di Vetevendosje (Autodeterminazione) sembra limitare l’onda lunga del proprio successo, da prima forza politica che era appena pochi anni fa, seguita dalla Alleanza per il Nuovo Kosovo (AKR), altro partito emergente e quinta forza politica della regione.

 

Sono stati eletti al primo turno i sindaci di dieci comuni (Glogovac, Kosovo Polje, Dečani, Istok, Kačanik, Podujevo, Srbica, Štimlje, Mamuša e General Janković), mentre in alcune municipalità serbe a sud dell’Ibar si va a ballottaggio (Strbac, Ranilug, Parteš, Klokot, forse Gracanica) in diversi casi (non tutti) tra il candidato della lista promossa da Belgrado nell’ambito del quadro negoziale post-19 Aprile (Iniziativa Civica Serba) e quello di una delle formazioni serbe locali (es. il Partito Liberale Indipendente). Singolare, come riferito dalla stampa, il caso di Novi Brdo, ove al ballottaggio vanno i candidati di una lista albanese e di una lista serba, anche qui la Iniziativa Civica Serba.

 

Dunque: il PDK non ha molti motivi per esultare; ma anche la “lista di Belgrado”, pur ottenendo una significativa affermazione, non sfonda. E’ forse una dinamica tipica da elezioni locali di medio periodo; ma è anche un segnale politico di rilievo verso i poteri centrali, negoziatori degli accordi del 19 Aprile e alle prese con le declinazioni locali della crisi economica e della sfiducia civica. Inoltre, la Commissione Elettorale ha sospeso il conteggio dei voti del Nord Kosovo (K. Mitrovica, Zvecan, Zubin Potok, Leposavic) dopo gli incidenti e il sabotaggio (riuscito) della tornata elettorale.

 

Il boicottaggio elettorale e le reazioni “ufficiali” hanno dato la stura alle speculazioni: il candidato a sindaco di K. Mitrovica per l’Iniziativa Civica Serba, Kristmir Pantic, ha rivendicato l’intervento della polizia della Serbia per ristabilire l’ordine, quello della lista autonoma Democrazia e Giustizia, Olivier Ivanovic, ha definito gli incidenti elettorali un atto di “vandalismo politico”, auspicando la ripetizione delle elezioni; il premier dell’autogoverno kosovaro, Thaci, ha persino scavalcato la decisione della Commissione Elettorale, minacciando che i voti espressi a Nord siano, a dispetto delle evidenti irregolarità e della evacuazione degli osservatori, regolarmente contati e computati.

 

Tuttavia, il Kosovo non è solo il Nord Kosovo e – viceversa – non solo il Nord Kosovo è abitato dai Serbi. Se l’affluenza a Nord è stata intorno al 10%, altrove è stato superato anche il 50%. A Gracanica i candidati della Iniziativa Civica Serba non solo pregustano la vittoria della loro lista, ma già prefigurano la formazione della Comunità dei Comuni dei Serbi del Kosovo, prevista dagli accordi del 19 Aprile ed in predicato di implementazione proprio all’indomani di questa tornata.

 

Secondo il portavoce della Iniziativa Civica Serba di Gracanica, infatti, “la Comunità dei Comuni dovrà nascere su basi sane, in accordo con il governo serbo, con il governo a Pristina e la comunità internazionale, continuando il dialogo a Bruxelles. È bene pagare con la cassa statale l’istruzione, la sanità o le amministrazioni locali, ma i serbi adesso hanno per la prima volta l’opportunità di aprire nuovi posti di lavoro. Perciò c’è bisogno della Comunità dei Comuni dei Serbi del Kosovo, perché si tratta della istituzione ufficiale riconosciuta sia da Belgrado sia da Pristina sia, in Europa, da Bruxelles”.