Il nuovo inceneritore sarebbe sorto alle porte di Aosta. Sarebbe stato, per l’esattezza, un pirogassificatore

In pochi se ne saranno accorti, vista la scarsa attenzione che la notizia ha ricevuto dai media, ma in Val d’Aosta è stato approvato il primo referendum propositivo della storia d’Italia. I valdostani si sono opposti, con una maggioranza schiacciante del 94 per cento dei voti, alla costruzione di un nuovo inceneritore ad Aosta.

Eppure la notizia è storica. Per la prima volta i cittadini di una regione italiana hanno potuto esprimere un parere vincolante su una questione delicata come il trattamento dei rifiuti. E non hanno perso l’occasione. Il quorum, fissato al 45 per cento, è stato superato abbondantemente. Alla fine hanno votato circa 50mila elettori, il 48,92 per cento degli aventi diritto.

La giunta regionale aveva già previsto tutto: il nuovo inceneritore sarebbe sorto alle porte di Aosta. Sarebbe stato, per l’esattezza, un pirogassificatore. Il costo avrebbe superato i 220 milioni di euro: il più grande appalto della regione dal 1945.

Ma a fermare i piani degli amministratori ci ha pensato un gruppo di cittadini. Riunitisi nell’associazione Valle virtuosa essi hanno raccolto le firme per un referendum propositivo volto a bloccare l’opera. La regione autonoma della Valle d’Aosta, infatti, è uno dei due enti locali in Italia il cui statuto prevede l’utilizzo del referendum propositivo. L’altro è la provincia autonoma di Bolzano. C’erano già stati due tetativi in passato, uno in Val d’Aosta nel 2007, l’altro nella provincia di Bolzano nel 2009, ma entrambi si erano scontrati contro il muro dei quorum, posto rispettivamente al 45 e 40 per cento.

Ma stavolta la questione era molto sentita dalla popolazione. Di fronte al rapido consenso ottenuto dai promotori del referendum, la regione ha reagito imbastendo una frettolosa campagna per l’astensione, con l’obietivo di non arrivare al quorum. Non c’è possibilità di scelta, si deve fare l’inceneritore”, dichiarava il Presidente della Regione Augusto Rollandin.

Secondo i cittadini, invece, la scelta c’era eccome. Intervistato dal Fatto Quotidiano Paolo Meneghini, uno degli attivisti pro referendum, esponeva il piano dei referendari per la gestione dei rifiuti: “I rifiuti si possono gestire meglio, senza bruciarli, facendo una più capillare raccolta differenziata e con il recupero. Noi attualmente facciamo una raccolta dell’umido al 20%. Come si fa a non fare una raccolta dell’umido per compostare i terreni in una regione come questa? La nostra proposta è di arrivare al 80% di riciclo e di trattare il resto a freddo”.

“Se aggiungiamo un’altra fonte di inquinamento, anche se questa rispetta i limiti di legge, andrà comunque ad aggiungersi alle altre fonti. Davvero non si può evitarlo?” si chiede un altro attivista, il medico Sauro Salvatorelli.

Adesso l’inceneritore non si farà, e l’amministrazione locale dovrà impegnarsi nel trovare un’alternativa. Ancora una volta la cittadinanza si è dimostrata un organismo politico più saggio nelle scelte rispetto alle istituzioni.