Non c’era certo bisogno di un governo mai eletto e composto da sedicenti professoroni per eseguire un’operazione di questo genere. Tutti i governi che si sono succeduti da più di vent’anni a questa parte, di destra come di sinistra, hanno praticato la loro parte nel tagliuzzare la spesa pubblica un po’ qui e un po’ là, col risultato che oggi, taglio dopo taglio, ci troviamo con un servizio sanitario che non è più in grado di assolvere al compito, sancito dalla Costituzione, di garantire a tutti i cittadini le cure di cui hanno bisogno, e con un sistema d’istruzione pubblica che fa acqua da tutte le parti, tanto che siamo arrivati al punto che, per esempio, in numerose scuole gli studenti sono costretti ad acquistare la carta igienica.

Siccome i precedenti governi sono stati sostenuti dagli stessi partiti che oggi sostengono, tutti insieme appassionatamente, l’attuale governo, da ciò si deducono due cose fondamentali:
1) questo governo non è tecnico, ma assolutamente politico;
2) questo governo è più pericoloso di quelli precedenti, perché a livello parlamentare non esiste un’opposizione che possa minimamente contrastarlo, ma vive e vegeta solo un’ammucchiata di tutti i partiti responsabili delle peggiori manovre economiche dell’Italia repubblicana e che quindi rappresenta la somma delle peggiori politiche praticate dagli anni ’80 in poi.

Tornando allo specifico decreto legge, impropriamente definito “spending review”, dove sta l’analisi della struttura della spesa pubblica, pur rivendicata dal capo del governo? I cittadini non hanno diritto di sapere perché ancora una volta si parla solo di tagli e perché questi tagli hanno per l’ennesima volta come obiettivi centrali la spesa sanitaria e il pubblico impiego? Perché i cittadini devono ancora sopportare una politica farsesca fatta di bugie e di inganni? Solo per fare un esempio, la norma secondo cui dovevano essere chiusi i piccoli ospedali è stata rimossa dal decreto, ma è solo una mossa ipocrita perché saranno le Regioni a doverlo fare in nome di una cosiddetta “razionalizzazione” obbligatoria della rete ospedaliera.