In una piazza bella come piazza della Scala, a due passi dal Duomo, alle spalle della grande statua di Leonardo da Vinci lungo la cui base scorre un banner luminoso che invita i cittadini a unirsi per salvare il pianeta, uno striscione segnala il presidio per salvare il campus Bassini del Politecnico di Milano  e a pochi metri, una serie di cartelli segnalano un altro presidio, quello dei precari della scuola che chiedono attenzione al loro annoso problema.

Tutti cittadini autorizzati a presidiare la piazza e a esporre pubblicamente il proprio pensiero, questa sì che è democrazia! Candele a terra, cartelli e megafoni che parlano a un centinaio di presenti, cioè a se stessi, sperando che la loro voce arrivi alle finestre di Palazzo Marino e venga ascoltata da chi ha il mandato di occuparsi della miglior gestione della città.

Il grande poster che chiede il rilascio di Silvia Romano e lo striscione giallo che chiede verità per Regeni, alcune ragazze africane che cercano di vendere libri per sbarcare dignitosamente il lunario e con cui si conversa civilmente, tutto insomma mostra l’atmosfera di democrazia che avvolge piazza della Scala, fuori del Palazzo in cui si prendono le decisioni. Ma non sempre quelle chieste dai cittadini, soprattutto quando sono in antagonismo con interessi innominabili.

I precari della scuola sono qui per avere visibilità e far conoscere il loro problema alla cittadinanza, come ci dice una di loro. Hanno già manifestato al Provveditorato agli Studi, loro diretto interlocutore, ma tornano periodicamente qui perché credono nella democrazia e vogliono farsi vedere e sentire da più persone possibile, compresi gli amministratori pubblici. I passanti in effetti li guardano, un po’ distratti per la verità, dopo essere usciti dallo scintillio della bellissima galleria Vittorio Emanuele e da una piazza Duomo piena di turisti all’inverosimile, li guardano e vanno avanti. Degli amministratori pubblici non sappiamo.

A pochi metri da loro il grande striscione del campus Bassini, altri megafoni, altri cartelli, altri cittadini che non chiedono solo visibilità, ma stanno presidiando la piazza in attesa che la delegazione che vuole salvare il parco del Politecnico minacciato dal cemento  esca dall’incontro col consigliere Monguzzi  portando buone notizie.

Salviamo gli alberi del campus Bassini” dice il loro striscione, e quel “salviamo” sembra richiamato dal banner scorrevole sotto la statua di Leonardo che invita a salvare il pianeta con parole dirette a chi guarda: “Unisciti anche tu al cambiamento, insieme possiamo…”.  E’ proprio sotto le finestre del Municipio di Milano, quello il cui sindaco lancia proclami a favore dell’ambiente e dichiara che Milano si arricchirà di 3 milioni di alberi, ma che non interviene a salvarne circa 150. Quello stesso sindaco che voci ancora da verificare, ma sempre più insistenti dicono abbia pagato 600 euro per ogni albero destinato all’allestimento dell’Expo del 2015, ora solo grande spazio deserto in attesa di possibile riuso, dei cui costosissimi alberi si è persa traccia.

Insieme possiamo è però la speranza di chi, con ostinata convinzione democratica, seguita a chiedere  ascolto per bloccare la distruzione del piccolo parco in Città Studi proponendo alternative possibili.

Due giovani universitari gridano nel megafono che l’ambiente va salvato davvero e non a parole, docenti e cittadini partecipanti al presidio applaudono. Appaiono anche alcuni fantasmi con cartelli eloquenti. La loro mise attira l’attenzione dei passanti, qualcuno chiede informazioni, la maggioranza passa e torna allo shopping e allo scintillio dell’immenso albero di Natale rigorosamente finto che campeggia in piazza Duomo.

Dopo circa due ore di discussione in cui i delegati hanno spiegato le loro ragioni e presentato le loro proposte, trapelano le prime notizie. Non sono buone. A nulla è valso spiegare l’assurdità di mettere altro cemento per costruire la palazzina per il dipartimento di Chimica mentre potrebbero essere utilizzati spazi già esistenti . A nulla è valso esporre le violazioni alla normativa vigente facendo riferimento al “Regolamento Comunale di Uso e Tutela del Verde Pubblico e Privato” del Comune di Milano.

La richiesta è stata respinta. Il rettore VUOLE la nuova palazzina del dipartimento di Chimica proprio lì, al posto del parco. Il sindaco Sala, quello degli alberi dell’Expo e l’assessore all’Urbanistica Maran lo sostengono. La battaglia è persa.

Unica concessione: alcune decine di alberi, per esattezza 57, verranno espiantati e deportati in altra area. Ci sono pioppi, platani e querce rosse che verranno capitozzati per l’espianto e quindi per parecchio tempo, ammesso che possano sopravvivere,  non forniranno più il beneficio alla qualità dell’aria che offrivano ora. Ci sono anche dei monumentali cedri del Libano, sarà possibile espiantarli? Sono alberi particolari, capitozzarli significherebbe condannarli a morte. Inoltre il costo previsto per l’espianto e il reimpianto è altissimo, si parla di 22 mila euro per albero che moltiplicati per 57 farebbe semplicemente un milione e 254 mila euro. E’ uno scherzo fatto ai cittadini di Milano? Forse l’importo è stato buttato giù a caso, sicuramente le diverse associazioni controlleranno, ma intanto il rettore Resta si è detto disponibile a versare 200 mila euro per piantumazione di giovani alberi anche oltre il terreno del Politecnico. Altra stranezza.

Tutta la faccenda vista da fuori ha dell’incredibile.  Vista da dentro non lo sappiamo. Comunque questo movimento spontaneo di studenti, docenti e cittadini non chiedeva la deportazione degli alberi, ma il salvataggio del campus sul cui terreno questi elementi della terra vivono da circa 70 anni perché  il parco, nel suo insieme, per il suo uso e il suo significato sociale ha un valore molto più elevato dei  singoli alberi, senza poi contare  che la funzione ecosistemica di un albero alto 15 o 20 metri non è minimamente paragonabile a quella di dieci alberi di nuova piantumazione.

Tuttavia, l’arrivo della brutta notizia è stato accolto con rabbia, ma non con rassegnazione. Ormai è buio, fa anche freddo, ma i ragazzi hanno preso i megafoni e urlano slogan che invitano a mantenere il presidio nei prossimi giorni. Si sono incontrati, uniti e hanno acquisito e fatto acquisire consapevolezza. Questo è un bene che non si perde e prima o poi presenta il conto.

Anche al presidio dei precari i megafoni urlano. Urlano da un mese – ci dice uno dei manifestanti – e continueranno a urlare. Come quelli del presidio per il Campus Bassini. Piazza della Scala assorbirà le voci, democraticamente! Non siamo mica in Cile, non ci saranno, non per ora almeno, manganelli pronti a disperdere i presidi. Noi siamo in democrazia. Quella democrazia da illusionisti che rubando il mestiere a maghi di professione è in grado di mostrarsi bella, rilucente di immagini e parole e poi, senza neanche la finzione del cilindro, scomparire totalmente nei fatti.

Et voila, “Insieme possiamo”, resta solo la scritta del banner scorrevole che poi, a guardar bene, è la sponsorizzazione di un’azienda che vede crescere i suoi profitti nella misura in cui crescono i bisogni che può soddisfare in cambio di denaro. Tutto torna. Purtroppo!