Corteo a Napoli nella notte di Natale: un Gesù Bambino avvolto in una kefiah per denunciare la tragedia di Gaza e interrogare le coscienze.

Napoli, 24 dicembre 2025.

Nelle nostre case va in scena una liturgia stanca e distratta. Un Natale per inerzia: luci accese, alberi perfetti, tavole imbandite, televisori che coprono il silenzio. Un rito consumato senza corpo e senza ferite. Eppure Gesù, oggi, non nasce lì.

Nasce tra le macerie e il fango di Gaza.

A Napoli pioveva. Una pioggia insistente, fredda, che entrava nelle scarpe e non chiedeva permesso. Pioveva come piove a Gaza: senza riparo, senza pausa, senza la possibilità di asciugarsi. Sotto quella pioggia, nel quartiere Vomero, un corteo ha attraversato via Scarlatti e via Luca Giordano. Non una rappresentazione, non un presepe vivente per addolcire le coscienze. Un gesto netto. Un atto politico e umano.

Un Gesù Bambino avvolto in una kefiah è stato portato in strada dal Comitato Pace e Disarmo – Campania insieme a Alex Zanotelli. È il secondo anno che accade. Abbastanza per dire che, mentre tutto invita alla distrazione, qualcuno sceglie la fedeltà alla realtà.

Gaza non è una metafora. È un luogo devastato: decine di migliaia di civili uccisi, ospedali distrutti, strutture sanitarie ridotte a ciò che resta dopo un bombardamento. Le ONG ostacolate, i soccorsi rallentati, la vita resa impraticabile. E mentre Gaza viene annientata, la Cisgiordania continua a essere erosa dall’espansione dei coloni, fino a lambire Betlemme.

Betlemme, proprio Betlemme: il luogo in cui la tradizione cristiana colloca la nascita di un Dio che sceglie di venire al mondo come scarto, come povero, come corpo vulnerabile.

Al corteo hanno partecipato la Comunità Palestinese, la Rete Sociale No Box, il Presidio di Pace IoCiSto, i Sanitari per Gaza e molte persone senza sigle, senza ruoli, senza protezioni. Persone che non hanno parlato di Gaza, ma hanno camminato per Gaza.

I Sanitari hanno denunciato la condizione drammatica delle poche strutture ospedaliere ancora operative e l’atteggiamento ostativo di Israele verso chi tenta di portare aiuti umanitari. Padre Zanotelli ha letto un messaggio arrivato dalla Palestina: parole di gratitudine per la solidarietà italiana, ma soprattutto un appello a non fermarsi. Continuare con le campagne BDS. Sostenere azioni nonviolente come la Flotilla. Disinvestire dalle banche armate. Fare. Non limitarsi a commentare. Non rifugiarsi in una spiritualità che consola senza assumere responsabilità.

Il cristianesimo, quello che non tranquillizza, nasce qui. Non nella sicurezza delle nostre case riscaldate, ma dove un bambino non ha una culla, dove una madre non può proteggere, dove un padre non può promettere il futuro. Il Vangelo non è decorativo: disturba. Non anestetizza: smaschera. Se Dio nasce sotto le bombe, allora la neutralità diventa una menzogna.

Gravi e inquietanti i tentativi legislativi che in Italia cercano di equiparare antisionismo e antisemitismo. Confondere la critica politica con l’odio razziale non tutela nessuno: serve solo a spegnere le parole, a rendere impronunciabile l’ingiustizia.

Questo corteo non cercava consenso. Interrompeva la corsa ai regali, la liturgia del consumo, la pace fittizia del “non mi riguarda”. E poneva una domanda che il Natale tenta disperatamente di evitare:

Se Gesù nasce oggi tra le macerie, tu dove eri?

Il corteo si è concluso con l’auspicio di rilanciare nuove iniziative per una Palestina finalmente libera. Ma la domanda resta aperta, inchiodata nelle nostre case illuminate e distratte.

Dove nasce Gesù?
E soprattutto: dove eri tu?