La giornata internazionale dei diritti umani, 10 dicembre, corrisponde, qui a Caracas, capitale della Repubblica Bolivariana del Venezuela, alla seconda giornata, quella della restituzione in plenaria dei Tavoli di lavoro, dei panel conclusivi, e della proclamazione del Manifesto di Caracas per la verità, la pace e la sovranità dei popoli, della Assemblea dei Popoli per la sovranità e la pace, la grande assise internazionale, di lotta contro la guerra e per la pace, che ha portato nella capitale venezuelana mille delegati provenienti da ben cinquanta Paesi di tutto il mondo, letteralmente da tutti e cinque i continenti. Già la restituzione dei tavoli di lavoro fornisce una prima ricostruzione di massima della vastità, della ampiezza e delle ricchezza dei temi che sono stati sviluppati e che sono stati oggetto di relazioni, confronto e dibattito: guerra economica; guerra cognitiva e, in particolare, voci del mondo emergente contro la guerra mediatica; difesa della madre terra; difesa dei diritti delle persone migranti contro razzismo, xenofobia, suprematismo; unione dei popoli del Sud globale; giovani generazioni, la generazione geniale contro l’etichetta di “generazione Z”; e infine, ma non certo per importanza, di fronte all’escalation statunitense nel mar dei Caraibi, all’ennesima aggressione in corso contro il Venezuela bolivariano (ma si potrebbero aggiungere Cuba socialista e tutti i Paesi i cui governi non sono “allineati” alle imposizioni statunitensi), al proliferare della violenza armata, della militarizzazione e della guerra ad ogni latitudine, “bolivarismo contro monroismo”, la dottrina e il pensiero di Simón Bolívar contro la famigerata e attualissima dottrina Monroe. 

Il tema dell’assise internazionale è proprio questo, la pace. Il tema viene ripreso più volte e il concetto è declinato lungo diversi assi: pace è, anzitutto, dignità e libertà dei popoli; pace è, insieme, libertà, giustizia sociale e diritti umani, non a caso nella Giornata internazionale dei diritti umani, ma non “in astratto”, bensì dal punto di vista dei popoli, perché la parola stessa, pace, cambia completamente significato quando viene vista dal punto di vista dei popoli, quando viene vista “con lo sguardo” dei popoli, e, in particolare, dei popoli in lotta per la propria dignità, per il proprio sviluppo, per la propria autodeterminazione. Sotto questo profilo, il bolivarismo, sviluppato e aggiornato in chiave contemporanea con Hugo Chávez e reso contenuto essenziale di quella particolare forma di socialismo del XXI secolo che va appunto sotto il nome di socialismo bolivariano e che connota quella particolare esperienza di trasformazione sociale che è la Rivoluzione bolivariana, trae la sua origine dal pensiero e dall’azione di Simón Bolívar, come progetto di liberazione complessiva, per la libertà e l’integrazione dei popoli della “Patria Grande” latinoamericana. Il più complessivo processo di unità e fratellanza, di integrazione, dei popoli latinoamericani, peraltro accomunati in ampia parte da tratti di storia condivisa, da una lingua comune e da analogie e similitudini nei fattori culturali e consuetudinari, è in realtà un processo complesso che ha attraversato e attraversa più stagioni dalla Patria Grande di Simón Bolívar alla Nostra America di José Martí sino ai grandi rivoluzionari, da Fidel Castro a Hugo Chávez, passando per il Che, che hanno portato alla ribalta della storia il “secolo breve” latinoamericano. Si tratta, in tutti i casi, di figure che hanno incarnato un sogno, concreto, di giustizia e di liberazione, e che hanno guardato all’America Latina come patria, in relazione con tutti i popoli del mondo. 

Consolidare il progetto bolivariano complessivo (bolivariano, umanista, socialista, le tre caratterizzazioni della rivoluzione chavista), come progetto autentico e complessivo per i popoli dell’America Latina e risorsa ideale e politica per i popoli del mondo, è un disegno orientato alla più ampia felicità possibile per tutti e per tutte, non una felicità utopica, ma una felicità autentica. Qui, ancora nella Giornata internazionale dei diritti umani, la parola stessa “felicità” viene ad abitare in maniera pertinente e non retorica il cielo della politica, si fa categoria politica, segnando un passaggio lontano anni luce dal lessico e dalle forme della politica cui siamo abituati, ad esempio, in Europa e, più complessivamente, in “Occidente”. È, inoltre, tutto il contrario del monroismo, della dottrina Monroe, una dottrina suprematista, che non persegue la felicità dei popoli ma unicamente il primato di una potenza, gli Stati Uniti. È chiaro, se questi sono i presupposti, quali siano i nemici degli Stati Uniti: come viene ribadito nell’assise di Caracas, questi nemici sono il comunismo, il bolivarismo e la teologia della liberazione. Hanno, queste categorie, qualcosa in comune? Il bolivarismo è lo sforzo di liberazione e integrazione latinoamericana; il comunismo è il progetto generale di liberazione dell’intera umanità; tutte e tre queste gigantesche forme politiche hanno in comune l’obiettivo della liberazione umana. Se quello statunitense è un progetto di primato, di egemonia e di dominio, dunque un progetto suprematista, è chiaro che i suoi nemici sono tutti (questi e altri) i progetti di liberazione umana, di piena dignità ed emancipazione. 

L’obiettivo strategico che gli Stati Uniti coltivano e perseguono è quello della divisione, della disarticolazione, con la guerra economica (il blocco contro Cuba, la guerra economica contro il Venezuela, la pratica criminale delle misure coercitive unilaterali), con la guerra militare (l’escalation nel mar dei Caraibi è tuttora in corso, ma non si tratta dell’unico fronte che l’imperialismo ha aperto in giro per il mondo, e il genocidio del popolo palestinese a Gaza è la punta più mostruosa di questo vero e proprio abisso dell’umanità), e anche con la guerra cognitiva, la distorsione dei contenuti, la scomparsa dei fatti, la strumentalizzazione dei principi, tutti strumenti per confondere, disorientare, ancora una volta dividere. Per questo, contro la divisione, occorre l’unità, i popoli che resistono devono restare uniti, le forze di trasformazione devono praticare convergenza e unità, e non a caso l’ultima consegna di Chávez, nel suo ultimo discorso pubblico (8 dicembre 2012) è stata proprio quella della “unità, lotta, battaglia, vittoria”. Nella sua celebre riflessione “Sette pugnali nel cuore dell’America” (5 agosto 2009) Fidel Castro lo aveva detto compiutamente: “La presenza di un impero così potente, che in tutti i continenti e oceani dispone di basi militari, portaerei e sottomarini nucleari, navi da guerra moderne e aerei da combattimento sofisticati, portatori di ogni tipo di armi, centinaia di migliaia di soldati, il cui governo rivendica per loro l’assoluta impunità, costituisce il più importante grattacapo di qualsiasi governo, sia esso di sinistra, di centro o di destra, alleato o meno degli Stati Uniti. […] Sarebbe un grave errore pensare che la minaccia sia solo contro il Venezuela; essa è diretta a tutti i paesi del sud del continente”. E certo non solo del continente. 

Questo 10 dicembre, la Giornata internazionale dei diritti umani è stata dedicata dalle Nazioni Unite al tema “Diritti umani, beni essenziali quotidiani”. Come recita il richiamo delle Nazioni Unite, “in questo periodo di turbolenza e imprevedibilità, in cui molti avvertono un crescente senso di insicurezza, disaffezione e alienazione, si tratta di riaffermare i valori dei diritti umani e dimostrare che rimangono una proposta vincente per l’umanità, mostrando come questi plasmino la nostra vita quotidiana, spesso in modi che non sempre notiamo. Troppo spesso dati per scontati o visti come idee astratte, i diritti umani sono i beni essenziali su cui facciamo affidamento ogni giorno. Colmando il divario tra i principi dei diritti umani e le esperienze quotidiane, miriamo a stimolare la consapevolezza, ispirare fiducia e incoraggiare l’azione collettiva”. Tutti i diritti umani per tutti e per tutte, senza riduzionismi né, tantomeno, strumentalizzazioni, e la pace come costruzione continua, che riguarda la giustizia, la libertà e la dignità dei popoli. 

Dall’assise di Caracas emerge dunque una proposta di pace positiva, pace con giustizia, che è anche un monito per tutti, operatori e operatrici, attivisti, cittadini: occorre lottare per difendere la pace, ma non una “pace” qualsiasi, non una pace di schiavi, bensì la pace delle donne e degli uomini liberi, la pace della verità e della giustizia.  

 

Riferimenti:

Chávez el 8-D o la llama que nunca se apaga: https://www.ciudadccs.info/publicacion/3203-chavez-el-8-d-o-la-llama-que-nunca-se-apaga

Riflessioni di Fidel – Sette pugnali nel cuore dell’America: https://italiacuba.it/2025/11/16/riflessioni-di-fidel-sette-pugnali-nel-cuore-dellamerica

Human Rights Day 2025 Theme – Human Rights, Our Everyday Essentials: https://www.un.org/en/observances/human-rights-day