Riportiamo il discorso pronunciato da Zohran Mamdani nel quartier generale della sua campagna elettorale a Brooklyn, dopo aver ottenuto il 50,4% dei voti contro il 41,6% dell’ex governatore Andrew Cuomo, che sconfitto alle primarie democratiche si era presentato come indipendente e il 7,1% del repubblicano Curtis Sliwa. Hanno votato oltre due milioni di persone, un record che non si vedeva dal 1969.

“Grazie, amici miei. Il sole potrebbe essere tramontato sulla nostra città questa sera, ma come disse una volta Eugene Debs, “Posso vedere l’alba di un giorno migliore per l’umanità.”

Fin da quando abbiamo memoria, i ricchi e i benestanti hanno sempre detto ai lavoratori e alle lavoratrici di New York che il potere non appartiene a loro.

Dita livide dal sollevare scatole sul pavimento di un magazzino, palmi callosi dai manubri delle bici da consegna, nocche segnate da ustioni di cucina: queste non sono mani a cui è stato permesso di detenere il potere. Eppure, negli ultimi 12 mesi, avete osato raggiungere qualcosa di più grande.

Stasera, contro ogni previsione, l’abbiamo afferrato. Il futuro è nelle nostre mani. Amici miei, abbiamo rovesciato una dinastia politica.

Auguro ad Andrew Cuomo solo il meglio nella vita privata. Ma che stasera sia l’ultima volta che pronuncio il suo nome, mentre voltiamo pagina su una politica che abbandona i molti e risponde solo a pochi. New York, stasera mi hai affidato un mandato per il cambiamento. Un mandato per un nuovo tipo di politica. Un mandato per una città che possiamo permetterci. E un mandato per un governo che realizzi esattamente questo.

Il 1° gennaio presterò giuramento come sindaco di New York City. E questo grazie a voi. Quindi prima di dire qualsiasi altra cosa, devo dire questo: Grazie. Grazie alla prossima generazione di newyorkesi che si rifiutano di accettare che la promessa di un futuro migliore sia una reliquia del passato. Avete dimostrato che quando la politica vi parla senza condiscendenza, possiamo inaugurare una nuova era di leadership. Combatteremo per voi, perché siamo voi. O, come diciamo su Steinway, ana minkum wa alaikum.

Grazie a coloro che così spesso sono dimenticati dalla politica della nostra città, che hanno fatto proprio questo movimento. Parlo di proprietari di bodega yemeniti e abuelas messicane. Di tassisti senegalesi e di infermiere uzbeke. Di cuochi di Trinidad e Tobago e di ie etiopi. Sì, zie.

A ogni newyorkese di Kensington e Midwood e Hunts Point, sappiate questo: questa città è la vostra città, e questa democrazia è anche vostra. Questa campagna riguarda persone come Wesley, un organizzatore della sezione sindacale Seiu 1199 che ho incontrato fuori dall’Elmhurst Hospital giovedì sera. Un newyorkese che vive altrove, che fa il pendolare per due ore avanti e indietro dalla Pennsylvania perché l’affitto è troppo caro in questa città.

Riguarda persone come la donna che ho incontrato sul Bx33 anni fa, che mi disse: “Una volta amavo New York, ma ora è solo il posto dove vivo.” E riguarda persone come Richard, il tassista con cui ho fatto uno sciopero della fame di 15 giorni fuori dal municipio, che deve ancora guidare il suo taxi sette giorni alla settimana. Fratello mio, ora siamo nel municipio.

Questa vittoria è per tutti loro. Ed è per tutti voi, gli oltre 100.000 volontari che hanno reso questa campagna una forza inarrestabile. Grazie a voi, renderemo questa città un luogo in cui i lavoratori possono amare e vivere di nuovo. Con ogni porta bussata, ogni firma di petizione ottenuta, e ogni conversazione faticosamente conquistata, avete eroso il cinismo che è arrivato a definire la nostra politica.

Ora, so di avervi chiesto molto nell’ultimo anno. Ancora e ancora, avete risposto alle mie chiamate — ma ho un’ultima richiesta. New York City, respira questo momento. Abbiamo trattenuto il respiro più a lungo di quanto immaginiamo.

L’abbiamo trattenuto in attesa della sconfitta, l’abbiamo trattenuto perché ci hanno tolto il fiato troppe volte per contarle, l’abbiamo trattenuto perché non possiamo permetterci di espirare. Grazie a tutti coloro che hanno sacrificato così tanto. Stiamo respirando l’aria di una città che è rinata.

Al team della mia campagna elettorale, che ha creduto quando nessun altro lo faceva e che ha preso un progetto elettorale e lo ha trasformato in molto di più: non sarò mai in grado di esprimere la profondità della mia gratitudine. Ora potete dormire.

Ai miei genitori, mamma e papà: avete fatto di me l’uomo che sono oggi. Sono così orgoglioso di essere vostro figlio. E alla mia incredibile moglie, Rama, hayati: non c’è nessun altro che vorrei avere al mio fianco in questo momento, e in ogni momento.

A ogni newyorkese — che abbiate votato per me, per uno dei miei avversari, o vi siate sentiti troppo delusi dalla politica per votare — grazie per l’opportunità di dimostrarmi degno della vostra fiducia. Mi sveglierò ogni mattina con un unico scopo: rendere questa città migliore per voi rispetto al giorno prima.

Molti pensavano che questo giorno non sarebbe mai arrivato, temevano che saremmo stati condannati solo a un futuro di mancanze, in cui ogni elezione ci avrebbe consegnato semplicemente un po’ di più della stessa cosa.

E ci sono altri che considerano la politica oggi troppo crudele perché la fiamma della speranza possa ancora ardere. New York, abbiamo risposto a quelle paure.

Stasera abbiamo parlato con voce chiara. La speranza è viva. La speranza è una decisione che decine di migliaia di newyorkesi hanno preso giorno dopo giorno, turno di volontariato dopo turno di volontariato, nonostante gli spot pubblicitari negativi. Più di un milione di noi si è presentato nelle nostre chiese, nelle palestre, nei centri comunitari, mentre compilavamo il libro mastro della democrazia.

E mentre andavamo a votare da soli, abbiamo scelto la speranza insieme. Speranza contro la tirannia. Speranza contro i grandi soldi e le piccole idee. Speranza contro la disperazione. Abbiamo vinto perché i newyorkesi si sono permessi di sperare che l’impossibile potesse diventare possibile. E abbiamo vinto perché abbiamo insistito che la politica non sarebbe più stata qualcosa che ci veniva fatto. Ora, è qualcosa che facciamo noi.

Stando davanti a voi, penso alle parole di Jawaharlal Nehru: “Arriva un momento, ma raramente nella storia, in cui passiamo dal vecchio al nuovo, quando un’epoca finisce e quando l’anima di una nazione, a lungo soppressa, trova espressione.”

Stasera siamo passati dal vecchio al nuovo. Quindi parliamo ora, con chiarezza e convinzione che non può essere fraintesa, di ciò che questa nuova era porterà, e per chi.

Questa sarà un’era in cui i newyorkesi si aspettano dai loro leader una visione audace di ciò che realizzeremo, piuttosto che una lista di scuse per ciò che siamo troppo timidi per tentare. Al centro di questa visione ci sarà il programma più ambizioso che questa città abbia mai visto dai tempi di Fiorello La Guardia per affrontare il costo della vita: un programma che congelerà gli affitti per oltre due milioni di inquilini con affitti calmierati, renderà gli autobus veloci e gratuiti e fornirà un’assistenza all’infanzia universale in tutta la nostra città.

Tra qualche anno, il nostro unico rammarico sarà che questo giorno ci ha messo troppo tempo ad arrivare.

Questa nuova era sarà di implacabile miglioramento. Assumeremo migliaia di nuovi insegnanti. Taglieremo gli sprechi da una burocrazia gonfiata. Lavoreremo instancabilmente per far brillare di nuovo le luci nei corridoi dei complessi residenziali della Nycha [l’Authority sulle abitazioni di Nyc] dove a lungo sono rimaste spente.

Sicurezza e giustizia andranno di pari passo mentre lavoreremo con gli agenti di polizia per ridurre la criminalità e creare un Dipartimento di Sicurezza Comunitaria che affronti la crisi della salute mentale e le crisi dei senzatetto. L’eccellenza diventerà l’aspettativa in tutto il governo, non l’eccezione. In questa nuova era che creiamo per noi stessi, ci rifiuteremo di permettere a coloro che trafficano in divisione e odio di metterci l’uno contro l’altro.

In questo momento di oscurità politica, New York sarà la luce. Qui crediamo nel difendere coloro che amiamo, che tu sia un immigrato, un membro della comunità trans, una delle tante donne nere che Donald Trump ha licenziato da un lavoro federale, una mamma single che ancora aspetta che il costo della spesa scenda, o chiunque altro con le spalle al muro. La tua lotta è anche la nostra.

E costruiremo un municipio che stia saldamente al fianco dei newyorkesi ebrei e non vacilli nella lotta contro il flagello dell’antisemitismo. Dove il milione e più di musulmani sappia che appartiene non solo ai cinque distretti di questa città, ma anche alle stanze del potere. New York non sarà mai più una città dove si può trafficare con l’islamofobia e vincere le elezioni.

Questa nuova era sarà caratterizzata da una competenza e una compassione che per troppo tempo sono state in conflitto tra loro. Dimostreremo che non esiste problema troppo grande per essere risolto dal governo, né preoccupazione troppo piccola per non meritare la sua attenzione.

Per anni i consiglieri comunali hanno aiutato solo chi poteva aiutarli, ma il 1° gennaio inaugureremo un’amministrazione cittadina che aiuterà tutti e tutte.

Ora, so che molti hanno sentito il nostro messaggio solo attraverso il prisma della disinformazione. Decine di milioni di dollari sono stati spesi per ridefinire la realtà e per convincere i nostri vicini che questa nuova era dovrebbe spaventarli. Come è accaduto così spesso, la classe dei miliardari ha cercato di convincere coloro che guadagnano 30 dollari all’ora che i loro nemici sono quelli che guadagnano 20 dollari all’ora.

Vogliono che la gente si scontri al proprio interno, in modo da distrarci dal lavoro di ricostruzione di un sistema ormai in rovina. Ci rifiutiamo di lasciare che siano loro a dettare le regole del gioco.  Possono giocare secondo le stesse regole di tutti noi.

Insieme, inaugureremo una generazione di cambiamento. E se abbracciamo questo coraggioso nuovo corso, piuttosto che rifuggirlo, possiamo rispondere all’oligarchia e all’autoritarismo con la forza che teme, non con l’acquiescenza che brama.

Dopotutto, se qualcuno può mostrare a una nazione tradita da Donald Trump come sconfiggerlo, è la città che gli ha dato i natali. E se c’è un modo per terrorizzare un despota, è smantellando le condizioni che gli hanno permesso di accumulare potere.

In questo modo non fermeremo solo Trump, ma anche il prossimo. Quindi, Donald Trump, dato che so che stai guardando, ho quattro parole per te: Turn up the volume (Alza il volume).

Chiameremo a rispondere i cattivi proprietari di case perché i Donald Trump della nostra città si sono abituati fin troppo bene ad approfittare dei loro inquilini. Metteremo fine alla cultura della corruzione che ha permesso ai miliardari come Trump di evadere le tasse e sfruttare le agevolazioni fiscali. Staremo al fianco dei sindacati e amplieremo le tutele del lavoro perché sappiamo, proprio come Donald Trump, che quando i lavoratori hanno diritti ferrei, i datori di lavoro che cercano di estorcerli diventano davvero molto piccoli.

New York rimarrà una città di immigrati: una città costruita da immigrati e da stasera guidata da un immigrato.

Quindi ascoltami, Presidente Trump, quando dico questo: Per arrivare a uno qualsiasi di noi, dovrai passare su tutti noi. Quando entreremo nel municipio, tra 58 giorni, le aspettative saranno alte. Le soddisferemo. Un grande newyorkese disse una volta che mentre fai campagna elettorale in poesia, governi in prosa.

Se questo deve essere vero, che la prosa che scriviamo faccia ancora rima, e costruiamo una città splendente per tutti. Dobbiamo tracciare un nuovo cammino, audace come quello che abbiamo già percorso.

Dopotutto, la saggezza popolare vi direbbe che sono ben lungi dall’essere il candidato perfetto. Sono giovane, nonostante i miei sforzi per invecchiare. Sono musulmano. Sono un democratico socialista. E, cosa più grave di tutte, mi rifiuto di scusarmi per tutto questo.

Eppure, se stasera ci insegna qualcosa, è che le convenzioni ci hanno frenato. Ci siamo inchinati all’altare della cautela e abbiamo pagato un prezzo altissimo. Troppi lavoratori non possono riconoscersi nel nostro partito e troppi tra noi si sono rivolti alla destra per avere risposte sul perché sono stati lasciati indietro.

Lasceremo la mediocrità nel nostro passato. Non dovremo più aprire un libro di storia per avere la prova che i Democratici possono osare essere grandi.

La nostra grandezza sarà tutt’altro che astratta. Sarà sentita da ogni inquilino con affitto calmierato che si sveglierà il primo di ogni mese sapendo che l’importo che pagherà non è salito alle stelle rispetto al mese precedente. Sarà sentita da ogni nonno che potrà permettersi di rimanere nella casa per cui ha lavorato, e i cui nipoti vivono nelle vicinanze perché il costo dell’asilo nido non li ha mandati a Long Island. La percepirà la madre single che si sentirà al sicuro durante il tragitto casa-lavoro e il cui autobus è abbastanza veloce da non dover correre a prendere i bambini a scuola per arrivare in orario al lavoro. E la percepiranno i newyorkesi quando apriranno i giornali al mattino e leggeranno titoli di successo, non di scandali.

Ciò che più conta sarà la sensazione che proverà ogni newyorkese quando la città che ama finalmente ricambierà il suo amore.

Insieme, New York, congeleremo… [ la folla urla: «gli affitti!» ] Insieme, New York, renderemo gli autobus veloci e… [ la folla urla: «gratuiti!» ] Insieme, New York, garantiremo universalmente… [ la folla urla: «l’assistenza all’infanzia!»]

Lasciamo che le parole che abbiamo pronunciato insieme, i sogni che abbiamo sognato insieme, diventino il programma che realizzeremo insieme. New York, questo potere è tuo. Questa città ti appartiene.

Grazie.