Come sradicare il cancro della corruzione che sta divorando le istituzioni del potere in Mauritania? Lettera aperta del deputato Biram Dah Abeid*

Un popolo ostaggio della corruzione e della predazione

Da decenni il popolo della Mauritania subisce impotente il saccheggio sistematico delle sue ricchezze comuni. I regimi che si sono succeduti non si sono limitati a perpetuare la tendenza alla predazione, ma l’hanno accelerata e amplificata fino a portare il Paese sull’orlo del baratro. Gli indicatori di estrema povertà, disoccupazione generalizzata, collasso del sistema educativo e alto tasso di mortalità materna e infantile confermano la portata della catastrofe.

I rapporti di Transparency International e del Forum economico mondiale documentano in modo eloquente la portata del saccheggio organizzato, che ha reso la Mauritania un simbolo della corruzione in Africa, con il 130° posto nell’indice universale. Qui, le élite dello Stato si appropriano dei fondi pubblici, senza pudore né compassione per la maggioranza povera.

Promesse vuote e governance in declino

Nonostante gli slogan altisonanti e le false promesse di ogni nuovo governo in materia di riforma e risanamento della gestione, la realtà continua a illustrare il declino del Paese che sprofonda sempre più nella stagnazione e nel fallimento.

Dal Partito Repubblicano Democratico e Sociale (Prds) all’Insaf (Equità), passando per Adil e l’Unione per la Repubblica (Upr), nulla cambia. Gli attori delle malversazioni rimangono e si auto-amnistiano, in un circuito chiuso: stessi volti, stesse mafie, stessi metodi per agire impunemente e godere senza ritegno né sazietà. L’intero Stato serve gli interessi molto particolari di un’oligarchia ridotta nel numero, a scapito della moltitudine.

L’amministrazione e la legge al servizio del clientelismo

Le radici della prevaricazione banalizzata spiegano la finalità di un sistema di governance basato su una razionalità di partito unico, che fa dell’appartenenza a quest’ultimo un privilegio permanente e una fonte di protezione infinita. Essere un alto funzionario costituisce, da decenni, la via maestra per l’arricchimento illecito. Al fine di perpetuare e alimentare l’economia generale dei favori e dei privilegi, l’amministrazione funge da strumento clientelare e vettore di brogli elettorali, invece di rassicurare i cittadini. Silenzio, qui si ruba alla luce del sole. La legge dei “simboli” protegge il ladro e incrimina la vittima.

Un Parlamento senza potere e istituzioni paralizzate

Quanto al Parlamento, è stato addomesticato, anestetizzato, sotto l’effetto di compiacenze tribali, regali, esenzioni e profitti a livello individuale. È diventato una camera di registrazione muta, la cui unica utilità consiste nell’approvare e ratificare le decisioni del governo. Da organo di controllo e legislativo, è ora relegato a un ruolo di comparsa privo di splendore e senza vergogna. I deputati della maggioranza mendicano, nell’anticamera degli uffici dei ministri, appalti, diaria, viaggi di lavoro, carriole e rastrelli.

L’inefficacia degli organi di controllo

La commissione d’inchiesta parlamentare del 2020 è stata solo una manovra di regolamento di conti, non un’assidua misura di moralizzazione. Non è necessario insistere per dimostrarlo.

Peggio ancora, gli organismi di controllo soffrono di una grave carenza di risorse, non certo in termini di competenza, ma piuttosto di numero, come dimostra il numero esiguo di funzionari addetti alla riscossione delle imposte. Ne consegue il deterioramento dell’organizzazione e dell’ambiente di lavoro, con conseguente stagnazione della produttività.

Inoltre, i meccanismi di nomina ai vertici dell’Esecutivo, la debolezza delle capacità istituzionali e l’assenza di una valutazione obiettiva delle politiche pubbliche rappresentano altrettanti fattori di fallimento. Tali carenze ostacolano da tempo il primato dell’interesse generale. Di conseguenza, il bene della collettività è diventato facile preda di una minoranza animata, da secoli, dall’avidità del bottino e dall’abitudine al saccheggio.

Una “guerra alla corruzione” senza effetti

Negli ultimi tre decenni, solo un numero limitato di funzionari incriminati è stato portato davanti al giudice. La vendetta di parte ha preso il sopravvento sulla preoccupazione per la probità. Del resto, quasi tutti sono riusciti a cavarsela grazie alle pressioni delle tribù. L’impunità rimane la sostanza vitale del sistema. Le verifiche annuali riguardano solo il 5% della spesa totale, che supera i 2.000 miliardi di ouguiya.

Per quanto riguarda l’attuale presidente, già nel 2019 ha dichiarato una “guerra senza quartiere alla corruzione”. Alla prova dei fatti, ci si rende conto che si tratta di un annuncio privo di significato tangibile. Oggi finge di reagire, dopo lo scandalo del rapporto della Corte dei conti. Tuttavia, le misure adottate, come l’allontanamento di una manciata di personaggi di secondo piano – non sempre compromessi – sembrano ben al di sotto della pulizia necessaria.

La corruzione come modalità di sgretolamento nazionale

La corruzione in Mauritania non è più un semplice problema amministrativo, ma un vero e proprio processo di disgregazione della comunità, che si alimenta di favoritismi, lealtà personali e complicità delle élite. Per porvi rimedio, è necessaria una riforma radicale e globale della struttura dello Stato e del suo sistema legislativo. In sintesi, per guarirlo e non prolungarne l’agonia, il sistema deve suicidarsi e poi risorgere.

Proponiamo quindi una serie di misure concrete, al fine di arricchire il dibattito sui mezzi per salvare il Paese dalla sua rovina multidimensionale:

Proposte per una rifondazione dello Stato

  1. Separazione dello Stato dai simboli della maggioranza parlamentare: il Capo dello Stato dimostra la sua imparzialità rinunciando alla presidenza effettiva dell’Insaf (partito politico, Ndt.) e alla direzione del Consiglio supremo della magistratura. In questo modo, garantirà la salutare distinzione tra partito, giustizia e potere esecutivo e porrà fine alla confusione che soffoca l’energia creativa sin dalla proclamazione di una democrazia frammentata all’inizio degli anni ’90.
  2. Porre fine alle arcaiche cerimonie di fedeltà che mobilitano le risorse e il personale dello Stato: le visite del Presidente della Repubblica all’interno del Paese saranno limitate agli incontri con le autorità, i rappresentanti eletti e gli attori locali. È vietata la partecipazione di funzionari non interessati.
  3. Riorganizzare il meccanismo di elaborazione delle leggi finanziarie: il tema generale del bilancio sarà oggetto di approfondite consultazioni tra gli organi di controllo, i centri di ricerca accreditati e la società civile, prima di alimentare un dibattito aperto sulle priorità di spesa e le virtù della responsabilità.
  4. Rafforzare le capacità della Corte dei conti e degli organi di controllo della gestione, assumendo almeno 300 giudici, revisori dei conti e ispettori finanziari, attraverso concorsi imparziali e trasparenti. Così attrezzata, la Corte potrà produrre ogni anno una panoramica critica delle prestazioni delle istituzioni.
  5. Coinvolgere società di revisione indipendenti, anche straniere, nella revisione della legge finanziaria e sostenere il lavoro delle strutture di misurazione della conformità, al fine di contribuire meglio a consolidare le pratiche di integrità e trasparenza.
  6. Sottoporre la Presidenza della Repubblica e il Primo Ministro alle competenze della Corte dei conti, che pubblicherà i risultati del proprio lavoro, al fine di limitare i rischi di perdita di fiducia e disinformazione e preservare la legittimità dei vertici della gerarchia.
  7. Ripristinare e riattivare il ruolo investigativo del Parlamento, attraverso commissioni d’inchiesta permanenti che convocheranno, in seduta pubblica, alti funzionari e ministri e sottoporranno i deputati, per legge, all’obbligo di dichiarare i propri beni, dall’inizio alla fine del mandato, vietando loro di partecipare a gare d’appalto pubbliche.
  8. Riorganizzare radicalmente i media statali e trasformarli da strumento di propaganda a spazio di pluralismo, ricettivo a tutte le tendenze dell’opinione pubblica, consentendo loro di denunciare e documentare la corruzione.
  9. Sottoporre i contratti e gli accordi internazionali all’esame di organismi di controllo e di vigilanza imparziali, per valutarne la conformità ai requisiti di ecologia e sviluppo sostenibile.
  10. Avviare un dibattito sociale sulla corruzione e la frode e attribuire loro lo status di priorità nazionale.
  11. ⁠ ⁠Rivedere la promozione dei quadri della funzione pubblica, secondo criteri di competenza e merito, al di sopra della lealtà partitica e del favoritismo dei clan, esercizio che impone l’autenticazione meticolosa dei diplomi e delle competenze di cui si avvalgono i titolari di cariche pubbliche, requisito che è importante estendere ai medici e ai farmacisti, anche del settore privato.
  12. Attivare la dichiarazione dei beni, all’interno dell’alta funzione pubblica, prima e dopo l’assunzione dell’incarico e consentirne l’accesso ai cittadini.
  13. Diffondere la digitalizzazione dei servizi e delle procedure amministrative, al fine di ridurre la burocrazia ed eliminare l’estorsione imposta agli utenti.
  14. Promulgare una legge severa per reprimere i conflitti di interesse. Gli alti funzionari e i loro parenti non possono stipulare contratti pubblici né trarne profitto, sia esso diretto o indiretto.
  15. Rivedere, a posteriori, le procedure di aggiudicazione degli appalti pubblici, attraverso la diffusione, su piattaforme di informazione, dei contratti importanti relativi alle infrastrutture, all’energia e alle miniere.
  16. Ripristinare l’autonomia della giustizia per conferire maggiore credibilità alla differenziazione dei poteri, con l’attuazione dell’indipendenza dei magistrati competenti nei confronti dell’autorità esecutiva e attraverso il sostegno materiale e professionale ai tribunali di primo grado, principale canale di accesso alla giustizia per i cittadini.
  17. Confisca dei beni illeciti e ricorso, di conseguenza, alla cooperazione giudiziaria internazionale per la lotta al riciclaggio di denaro.
  18. Proteggere gli informatori e incoraggiare i cittadini a segnalare gli abusi garantendo l’anonimato facoltativo.
  19. Riformare l’ingegneria elettorale nell’ambito di uno sforzo costante volto a rafforzare la veridicità dei risultati elettorali e contenere il tribalismo.
  20. Nel bilancio dello Stato, dare priorità all’istruzione, alla sanità e all’occupazione piuttosto che alle spese clientelari a breve termine.

La rinascita dello Stato di diritto non è solo una questione di governance al vertice, ma risponde a un bisogno di sopravvivenza collettiva. Tuttavia, nessuna riforma può vedere la luce finché l’impunità è alla base del dominio. Per questo motivo invitiamo tutte le forze nazionali che hanno a cuore il futuro di una Mauritania sostenibile a impegnarsi, con o senza di noi, nella sfida della ripresa, in nome delle generazioni future.


* L’autore: Biram Dah Abeid, nato nel 1965 a Rosso in Mauritania, è un attivista abolizionista e politico mauritano, deputato e tre volte candidato alle elezioni presidenziali.


Traduzione dal francese di Thomas Schmid con l’ausilio di traduttore automatico.