La libertà di stampa in Europa è garantita dalla Carta dei Diritti Fondamentali dell’UE che all’articolo 11 sancisce il diritto alla libertà di espressione e di informazione, includendo la libertà di ricevere e comunicare informazioni senza ingerenze pubbliche. Dall’8 agosto 2025, è esecutivo l’European Media Freedom Act (EMFA) che: sancisce l’indipendenza dei media; vieta alle autorità di intervenire nelle decisioni editoriali; protegge i media dalla sorveglianza e dalle pressioni economiche; protegge le fonti giornalistiche dall’obbligo di rivelazione e limita l’uso di spyware, richiedendo l’approvazione giudiziaria per le indagini su reati gravi; impone agli organi di informazione di divulgare informazioni sulla loro proprietà e sugli investimenti pubblicitari di natura statale; e introduce misure per prevenire la concentrazione dei media e promuovere la pluralità dell’informazione.
L’EMFA mira a proteggere i giornalisti e i media da pressioni politiche ed economiche, garantendo l’indipendenza editoriale, la tutela delle fonti e la trasparenza sulla proprietà dei media. Queste nuove regole vietano le ingerenze nelle decisioni editoriali e limitano l’uso di spyware sui giornalisti, permettendolo solo in casi specifici e con l’approvazione di un tribunale.
Abbiamo la Carta Europea per la Libertà di Stampache, sebbene non abbia forza di legge, questa Carta del 2009 è un punto di riferimento per la valutazione del rispetto della libertà dei media negli Stati membri. Abbiamo il Media Freedom Rapid Response (MFRR), un meccanismo di risposta rapida per la protezione della libertà di stampa, finanziato anche dalla Commissione Europea. Ed abbiamo persino norme di protezione adottate contro le “Strategic Lawsuits Against Public Participation” (SLAPP), ovvero azioni legali abusive usate per intimidire i giornalisti.
Tutto immensamente meraviglioso se non fosse che rimangono parole su carta che nella pratica invece si scontrano con i rapporti di forza. La realtà è che la libertà d’espressione nell’Unione Europea è gravemente sotto attacco a tal punto che basta una domanda di buon senso per stabilire il licenziamento di un giornalista.
È quanto accaduto al giornalista Gabriele Nunziati, che il 13 ottobre 2025 ha rivolto – alla portavoce della Commissione Ue Paula Pinho – la seguente domanda: “Avete ripetuto varie volte che la Russia dovrebbe pagare per la ricostruzione dell’Ucraina. Pensate che Israele dovrebbe pagare per la ricostruzione di Gaza dato che ha distrutto quasi tutta la Striscia e le infrastrutture civili?”.
La portavoce della Commissione Europea Paula Pinho a Bruxelles ha definito “molto interessante” la domanda, affermando però di non avere “alcun commento a riguardo”.
Due settimane dopo, il 27 ottobre, l’Agenzia Nova – per cui lavorava Nunziati – ha invece deciso di interrompere la collaborazione con il giovane giornalista. In una replica pubblicata su Fanpage, l’agenzia di stampa ha descritto il quesito posto da Nunziati come “assolutamente fuori luogo e di natura erronea” nonché “sbagliato tecnicamente”.
Bisognerebbe ricordare all’Agenzia Nova che non esistono domande sbagliate, stupide od erronee (la prima cosa che le maestre elementari insegnano ai propri alunni), ma esistono domande comode o scomode, impegnative o leggere.
La domanda che l’Agenzia Nova ha definito “erronea” in realtà era una domande lecita, data dal buonsenso, ma “scomoda” sopratutto perchè ha formulato la domanda usando le stesse dichiarazioni della Commissione Europea.
“C’è da capire che cosa voglia dire domanda tecnicamente sbagliata”, ha dichiarato Nunziati a Euronews. “La mia domanda è una domanda, e in quanto tale lascia spazio all’interlocutore di rispondere ed esprimere la propria posizione”.
Nunziati ha aggiunto che il quesito è sorto da un dato di fatto, cioè che le infrastrutture civili nella Striscia di Gaza sono state distrutte quasi completamente dall’esercito israeliano.
“Credo che se la domanda fosse stata tecnicamente sbagliata o se si fosse basata su presupposti completamente erronei la portavoce Pinho, che ha grande esperienza, mi avrebbe sicuramente detto che la domanda non sussiste”, ha sottolineato il giornalista.
Domanda talmente “scomoda” quella di Nunziati che per l’Agenzia Nova, “il peggio” è che il video della domanda è diventato virale, si legge nella replica, “ripreso e rilanciato da canali Telegram nazionalisti russi e dai media legati all’Islam politico in funzione anti-europea, creando imbarazzo all’agenzia”. Una dichiarazione puerile e ingenua: da boomer si direbbe. Da quando si vuole impedire al web di fare ciò per cui è stato creato, ovvero rendere il più virale possibile i contenuti online?
Il giornalista ha specificato infatti che “Il fatto che dicono sia stato diffuso il video in certi canali, cosa di cui non ero a conoscenza, non è mia responsabilità. Il video è stato anche condiviso da quotidiani e testate di tutti i Paesi del mondo”.”Purtroppo sappiamo tutti come funziona il mondo dei social, una volta che una cosa vi finisce è in mano a tutti”, ha detto Nunziati.
Inoltre vi è da segnalare che, dopo il caso Nunziati, il giornalista Vincenzo Lorusso ha pubblicato un articolo in solidarietà a Nunziati stessi su International Reporters dal titolo “Dal maccartismo russofobo di Calenda al licenziamento di Nunziati: cresce l’Azovismo in Italia”. Dopo due ore dalla pubblicazione di questo articolo, puntuale è arrivata la richiesta da parte della vicepresidente del Parlamento Europeo Pina Picierno sul suo profilo X di sanzionare l’agenzia stampa International Reporters:
“Il sito web International Reporters è un organo di disinformazione russo finanziato dal Cremlino, come denunciato da @RSF_inter. Invierò un dossier a @kajakallas e al Presidente @vonderleyen per richiedere l’inclusione di questo organo di stampa e dei suoi collaboratori tra quelli sanzionati dall’UE”.

La richiesta di sanzione ovviamente è estesa a tutti i suoi collaboratori, in particolare Vincenzo Lorusso e Andrea Lucidi. Una esplicita conferma all’articolo dove si denunciava una deriva autoritaria delle istituzioni europee, un clima di odio verso i giornalisti scomodi e una sempre più esplicita russofobia.
Decine di testate giornalistiche hanno ripreso la notizia, mentre il sindacato Stampa Romana ha espresso solidarietà per il giornalista.










