Da sabato 27 settembre a giovedì 2 ottobre il comitato “Riconvertiamo SeaFuture – Restiamo Umani” ha organizzato una partecipata, colorata, pacifica manifestazione che ha attraversato le piazze e le vie della città per esprimere solidarietà e vicinanza alla popolazione di Gaza e alla Global Sumud Flotilla e per affermare la forte contrarietà all’edizione 2025 di SeaFuture, l’evento che ha aperto i battenti all’interno dell’Arsenale della Marina Militare.
Che cosa è SeaFuture? Nata con una vocazione civile e trasformata nel corso degli anni in mostra militare, unica in Italia, quest’anno alla sua nona edizione, vede come finanziatori e operatori principali Fincantieri, MBDA, ELT Group, Leonardo, Intermarine e si presenta a tutti gli effetti, come “vetrina bellica” finalizzata a promuovere l’esportazione di sistemi militari a duplice uso. Vi partecipano delegazioni nazionali e Marine Militari di 140 Paesi, molti dei quali governati da regimi autoritari e autocratici direttamente coinvolti nelle guerre attualmente in corso; sebbene abbiano declinato da poche settimane l’invito, Marina Militare e delegazione politica dello stato genocida di Israele erano attesi in veste di ospiti d’onore. La mostra bellica è stata patrocinata dal Comune della Spezia e da quelli di Lerici e Portovenere.
L’Italia è tra i Paesi che maggiormente traggono profitto dalle guerre in corso: negli ultimi quattro anni ha raggiunto un livello di esportazione di armi che la colloca al sesto posto nell’economia di morte. Dunque il corteo e la successiva “acampada” contro SeaFuture rappresentano una manifestazione necessaria, una voce collettiva ferma nel denunciare il legame evidente tra produzione, commercio di armi, massacro di popolazioni inermi, distruzione dell’ambiente e della vita in ogni sua espressione.



Quella vita che va difesa ri-orientando le risorse destinate al riarmo nella direzione della riconversione ecologica, del lavoro dignitosamente retribuito, della giustizia sociale. La mobilitazione spezzina lancia un messaggio semplice e determinato, il cui significato risuona ancora di più perché espresso nelle strade di una città storicamente collegata alla produzione armiera. Demilitarizziamo La Spezia e l’intero Paese, riconvertiamo le industrie belliche presenti sul territorio, recuperiamo gli spazi ora destinati a uso militare affinché tornino ad essere luoghi di socialità, di produzione sostenibile, di cultura e di vita, luoghi pubblici fruibili dalla cittadinanza. SeaFuture torni alla sua missione originaria: torni a essere una manifestazione internazionale dell’area mediterranea dedicata a innovazione, ricerca, sviluppo delle tecnologie civili inerenti il mare per promuovere la sostenibilità ambientale e sociale. Tutte e tutti siamo chiamati a indicare un futuro altro e possibile, una vita degna per chiunque abiti questo pianeta.
La mobilitazione, articolata e ricca nella sua composizione, è iniziata con il corteo del 27 settembre, ma è diventata permanente con una sentita, partecipata “acampada” proprio di fronte all’Arsenale Militare in piazza Chiodo, rinominata per l’occasione piazza Palestina libera. Con il trascorrere delle ore si è trasformata in uno spazio di incontro, di assemblee pubbliche, di musica, cultura, di responsabilità condivisa, espressione di una consapevolezza che nel divenire visibile riesce a connettere il livello locale con quello globale. Un luogo in cui diviene pratica la costruzione di comunità. Un modo anche per annodare fili, costruire legami che costruiscano continuità. Una “acampada” che intende rimanere almeno fino al termine di SeaFuture, forse anche più a lungo, per offrire una diversa prospettiva di futuro e una narrazione a più voci, ognuna portatrice di speranza…..










