Il 12 maggio si è tenuto a Torino, presso il Palazzo Ceriana Mayneri, il Business Forum Turchia, organizzato da realtà istituzionali e industriali piemontesi e turche; tra le aziende turche c’è anche la TUSAŞ , principale industria bellica del paese.
Davanti alla sede dell’evento è stato convocato il presidio di protesta “Dal Kurdistan a Torino resistiamo alla guerra” che ha riunito diverse decine di manifestanti, decisamente contrari agli accordi bilaterali con la Turchia, soprattutto per quel che riguarda l’industria militare.
Le ragioni della protesta sono elencate nel volantino di convocazione e negli interventi al microfono.
Innanzitutto, i manifestanti sono contrari al modello di sviluppo che prevede di trasformare Torino in un punto nevralgico dell’industria della guerra; gli accordi commerciali con la Turchia, in particolare l’accordo di collaborazione tra Leonardo e Baykar per la costruzione di droni militari, sancito durante il summit Italia-Turchia tenutosi il 29 aprile scorso a Roma, vede la nostra città come sito produttivo nevralgico.
C’è poi l’avversità nei confronti del regime turco e delle sue aspirazioni ad essere una potenza regionale con la conseguente aggressività militare verso i paesi confinanti.
La Turchia è il Paese pagato dall’Unione Europea per bloccare i migranti, il paese che con i suoi droni bombarda i popoli del Kurdistan, che finanzia milizie jihadiste per espandere il proprio potere in Medio Oriente, che reprime con la violenza l’opposizione interna al regime.
Una collaborazione Italia-Turchia nel campo della produzione militare si configurerebbe secondo i manifestanti come complicità con il regime di Erdogan.
In alcuni interventi si è sottolineata la svolta democratica di Öcalan che ha spinto allo scioglimento del PKK ed alla cessazione della resistenza armata curda in favore del modello del confederalismo democratico.
Gli interventi sono stati intervallati da intermezzi musicali prendendo a modello i cento giorni di resistenza nonviolenta presso la diga di Tishreen, una grande mobilitazione civile avvenuta pochi mesi fa in cui le persone della Siria del Nord-Est si sono radunate attorno alla diga per proteggerla dai bombardamenti dello Stato turco ed evitare il disastro ecologico e umano.









