Premessa: Leonard Peltier da circa due mesi è nella sua terra, Sud Dakota, agli arresti domiciliari, dopo 49 anni di carcere di massima sicurezza negli Usa.
Ha pagato cara la sua partecipazione alle lotte dell’American Indian Movement, divenendo, senza volerlo, un simbolo della resistenza indigena.
Biden firmò questo provvedimento, pochi minuti prima di lasciare la poltrona presidenziale.
Fu un’attesa pazzesca, per lui e per chi lottava da anni al suo fianco.
Avviciniamoci: forse qualcuna di voi ricorda quando tre anni fa vennero in Europa tre donne (di cui due native)
a promuovere la campagna per la liberazione di Leonard Peltier attraverso decine di incontri piccoli e grandi.
La parte italiana venne documentata nell’ottimo documentario di Andrea Galafassi dal titolo “Mitakuye Oyasin”, Tutto è connesso…
Carol, una delle tre donne, è sempre restata in contatto con la vivace rete europea che le aveva accolte.
E’ stata quindi lei ad organizzare questo incontro online, domenica 4 maggio, tra una quindicina di attiviste e attivisti (sparsi tra Francia, Germania, Svizzera e Italia) e Peltier.
La richiesta era arrivata dallo stesso Leonard che desiderava ringraziare per tutta questa solidarietà ricevuta e perché anche noi potessimo finalmente vedere quell’uomo tante volte visto nelle poche foto e immagini che erano circolate in questi lunghi anni di detenzione.
Appuntamento alle 17, le solite fatiche a collegarsi, ma dopo poco la chiamata “prende il largo” e l’atmosfera si scioglie dopo pochi minuti.
Nessuno sapeva come sarebbe stata condotta, quanto sarebbe durata, se sarebbe stato un suo breve discorso, o ringraziamenti diffusi, saluti e arrivederci.
Invece il clima è tutt’altro. Leonard è affiancato da Carol, i due si rimbalzano le prime parole, Carol presenta brevemente chi è presente, si vedono i volti, Carol deve anche descriverli, giacché Leonard (senza darne l’impressione) vede molto poco.
Lui è lì, in carne ed ossa, fa battute, sorseggia la sua tazza di tè.
E dopo poco ecco l’apertura: ognuno di noi è invitato a parlare, a dire, in totale libertà, chi è, da dove ha lottato, lui interviene, apprezza, fa domande.
Ma è qui che avviene la cosa più straordinaria: siamo noi, attivisti ed attiviste ad avere talvolta un tono dimesso, timido e scoraggiato di fronte alla situazione attuale nella quale ci troviamo.
È lui che anima, dà coraggio, comunica quell’energia della quale tutti e tutte noi abbiamo maledettamente bisogno.
È lui che capisce al volo l’incrocio che realizzammo in Italia tra la lotta in Valsusa e la lotta secolare dei nativi.
Lui è perfettamente cosciente della situazione attuale, non è affatto rimasto alle immagini in bianco e nero che aveva lasciato quando entrò in carcere.
Nomina più volte il governo Usa definendolo senza mezzi termini: fascista.
Invita, con calore, con passione, senza retorica o esagerazioni, ad una resistenza collettiva, a stare uniti, a fare fronte.
Allora anche noi ci animiamo e si comincia a raccontare le lotte alle quali si partecipa.
Il nostro attivismo non è certo finito con la sua liberazione, anzi, e questa cosa è meravigliosa, ha un uomo straordinario al proprio fianco, nelle lotte che ci troveremo ad affrontare.
Quasi un’ora e mezza a dialogare con lui, nessuno vorrebbe staccare, tanto che alla fine lo invitiamo noi a scollegarsi, se no nessuno di noi lo farà, e quando lui e Carol escono, alcuni rimangono a dialogare.
Sappiamo già, ce lo hanno detto dagli Usa, che ci rivedremo, anche perché Leonard tra poche settimane affronterà un’importante operazione agli occhi e dopo potrà vedere il materiale video da noi prodotto e ci potrà vedere meglio in volto.
Siamo una piccola rete, fatta però da attivisti, che coscienti o incoscienti, hanno condotto una lotta in parallelo, e si apprezzano e stimano, sapendo quanto nessuno di noi abbia mollato di fronte alle frequenti persone che ci dicevano: “Non serve a nulla, non lo libereranno e se anche lo liberassero, sarebbe un uomo distrutto”.
Così non è stato, abbiamo capovolto tutto questo; se fossimo in una pellicola, in QUESTA vicenda, si è vinto. E dobbiamo dircelo.
Grazie Leonard, grazie Carol. Siamo solo all’inizio di una nuova storia. A presto.