«All You Need is Love. Tutto quello di cui hai bisogno è amore. Puoi imparare a giocare il gioco, è facile. Puoi imparare a essere te stesso, è facile… L’amore è tutto quello di cui hai bisogno».

Era il 1967, e il brano dei Beatles diventò subito popolarissimo. Tale è rimasto, da allora. Usato come colonna sonora di film, eventi, manifestazioni. Cantato (ad oggi) da 126 artisti, da Tom Jones a Katy Perry. È facile, cantavano i Beatles. È facile, ripete Satish Kumar, e in effetti leggendo il suo ultimo libro Radical Love. Come ritrovare la connessione profonda con la terra con gli altri e con se stessi (ed. Aboca) tutto sembra assolutamente giusto, ovvio e, appunto, semplice. Se è vero che per capire la bontà di un ragionamento e la fattibilità di una proposta bisogna guardare da chi provengano, con Kumar si va sul sicuro. La vita sobria di cui parla l’ha sperimentata e tuttora, a 89 anni, la sperimenta. La generosità degli umani in cui crede è quella che gli ha permesso, molto tempo fa, di effettuare con un amico un fantastico “cammino della pace” di oltre 13 mila chilometri facendo conto esclusivamente sull’accoglienza degli sconosciuti che lungo la via avrebbero incontrato, dunque partendo (dall’India) senza una sola moneta in tasca, e attraversando Mosca, Londra, Parigi, fino ad arrivare in America, per consegnare dei semplici pacchetti di “tè della pace” ai leader delle allora quattro potenze nucleari mondiali. L’educazione basata sul “fare” e non sulle mere, vuote nozioni, l’educazione che risveglia  come vuole l’etimologia – (da educere, tirar fuori, estrarre) -, in cui le conoscenze si acquisiscono usando insieme testa, cuore e mani, Kumar l’ha adottata nella scuola da lui cofondata, lo Schumacher College, un centro internazionale di studi ecologici con cui continua a collaborare. Terribile, per Kumar, la prospettiva (che ormai è una realtà già per molti corsi e per molte scuole) di affidare l’educazione a un sistema a distanza, internettiano: il lavoro di un insegnante è osservare l’allievo, individuare le sue peculiari caratteristiche, rispettare la sua diversità.

Radical Love parla alla coscienza ed è, allo stesso tempo, un manifesto politico-economico. La trinità costituita dal Mercato, dal Denaro e dal Materialismo domina la coscienza da troppo tempo, scrive Kumar, ed è arrivato il momento di dare forma a una nuova trinità: Suolo, Spirito e Società. Amare la Natura, il nostro pianeta, gli altri e, prima ancora, noi stessi. In un circolo virtuoso, che ricomprenda ogni essere vivente riconoscendo agli animali non meno che ai vegetali il diritto ad esistere. Non ci siamo evoluti da un unico organismo primigenio? Non siamo tutti interconnessi?

Dall’unità, la diversità. Senza dimenticare che la diversità non è separazione, è celebrazione dell’unità. Si tratta di un concetto profondo che ha implicazioni rivoluzionarie: non si devono sfruttare le risorse naturali per assecondare i nostri “comodi”, che in realtà sono i comodi solo di una parte dell’umanità, ma prendere dalla Natura solo quanto richiesto dai nostri reali bisogni; non continuare a mettere al primo posto la crescita economica (che poi vuol dire produzione senza freni, consumo, profitto), ma il benessere del pianeta e di tutti coloro che lo abitano; non lasciarsi sedurre dall’ecologia superficiale, che dà valore alla conservazione della Natura solo in quanto utile all’uomo, ma lavorare per un’ecologia profonda, in cui la Natura non sia una risorsa per l’economia ma abbia un valore intrinseco, quale fonte stessa della vita (distinzione introdotta dal filosofo norvegese Arne Næss). L’ecologia profonda, unita al riconoscimento della sacralità della vita in ogni sua forma, è l’ecologia dell’amore. 

Kumar racconta dei suoi interventi in varie situazioni, in diverse università, e viene voglia di essere stati presenti, a guardare le facce sbalordite, per esempio, di studenti e docenti della London School of Economics, quando lui suggerì che abbracciassero una visione ecologica trasformando la scuola in LSEE, London School of Ecology and Economics, e che dichiarassero pubblicamente di voler porre a fondamento di tutti i corsi la conoscenza della Terra e della sua buona gestione, perché la crescita economica non solo non può eliminare la povertà dato che inevitabilmente crea sempre nuove classi di poveri, ma non può essere infinita, essendo il pianeta finito. «La vera misura della crescita è la crescita della saggezza, della realizzazione e della felicità».

Ripensare tutto. Proprio tutto. Localismo che permetta alle persone di riprendere il controllo delle proprie vite e delle proprie economie, culture, identità. Arte e artigianato per prodotti belli, utili, durevoli. Kumar tenta un calcolo, basato su lunghi studi: «Idealmente, circa il 60 per cento dei beni e dei servizi dovrebbe essere di provenienza locale, il 25 per cento nazionale e solo il 15 per cento globale … Va sottolineato che il localismo e l’internazionalismo sono complementari. Dobbiamo pensare globalmente ma agire localmente. Possiamo chiamarlo geolocalismo». Un’economia circolare, ovviamente. Che non produca rifiuti e inquinamento, che coniughi giustizia ambientale e giustizia sociale. E poi: «È necessario che il Consiglio di sicurezza e l’Assemblea generali delle Nazioni Unite approvino una risoluzione per abolire la guerra e istituire un autorevole consiglio internazionale di negoziatori per risolvere i conflitti ovunque e in qualsiasi momento si presentino».

Qui e ora, un’altra trinità: protestare, proteggere e costruire. Protestiamo, ma in modo nonviolento. Proteggiamo le culture e le pratiche non centralizzate, rigenerative e sostenibili, così come la biodiversità e le culture indigene. Costruiamo piccole imprese basate sui principi dell’agroecologia e della permacoltura, sistemi energetici di proprietà comunitaria basati sullo sfruttamento del vento, dell’acqua e del sole, comunità nuove caratterizzate da uno stile di vita fondato sulla solidarietà, la cooperazione e l’aiuto reciproco.

In un momento confuso e drammatico come quello che stiamo vivendo, anzi, subendo, alle obiezioni di chi pensa che l’urgenza sia cavarsela alla meno peggio Kumar risponde con l’esergo che apre l’introduzione, poche e chiare righe del maestro spirituale Amit Ray: «In ogni crisi scegliete la via più elevata, quella del compassione, del coraggio, dell’amore». Perché dovremmo pensare che non funzioni?