Palazzo Lombardia, oggi: c’era scritto “ritrovo alle 10 e 30, inizio alle 11”. Arrivo alle 11 meno due minuti, ma oltre 300 persone sono già assiepate, si stringono intorno a chi sta iniziando a parlare. C’è una voglia irrefrenabile di farsi sentire, di gridare la propria rabbia e la propria indignazione.
C’è Fortunato Nicoletti, vicepresidente dell’Associazione di volontariato “Nessuno è escluso”, che conosciamo da anni, da quando la loro piccola Roberta, affetta da una variante di una malattia già rata, aveva ribaltato la loro vita come un guanto. Sono decine le Associazioni che hanno aderito, decine e decine le famiglie presenti, numerosi i sindaci con la fascia tricolore. Una raffica di interventi senza soluzione di continuità: uomini e donne che gridano nel microfono: “Non siamo disabili, siamo PERSONE!!”.
Se a suo tempo la parola “handicappato” venne messa in cantina, anche “disabile” comincia a essere insopportabile. Ora si parla di persone con fragilità, ma a dir la verità si dovrebbe parlare di “famiglie con fragilità”, perchè finalmente si descrive la vita di tutti coloro che si muovono intorno ad una persona che ha bisogno di un supporto.
Una manifestazione di grandissima intensità: parlano i familiari, protagonisti di queste vite che l’amministrazione regionale lombarda (in questo caso) sta per mettere in croce con i tagli. La giunta regionale ha infatti da poco approvato una delibera di “Modifica del programma operativo regionale a favore di persone con gravissima disabilità e in condizioni di non autosufficienza e grave disabilità”, che rimodula i tagli ai contributi delle misure B1 e B2 in accordo alla riforma dell’attuazione dei LEPS (Livelli Essenziali Prestazioni Sociali). Modifiche annunciate in pompa magna come migliorative ma che, nei fatti, dal 1 giugno rimanderanno ai comuni – già in crisi dal punto di vista delle risorse umane ed economiche – l’erogazione di servizi sociali che non saranno mai in grado di erogare con le risorse ridicole messe a disposizione e un sistema già dimostratosi inefficace.
Non ci stanno, si ribellano, urlano, imprecano, ma anche raccontano, fanno capire. Alle loro voci si alterna la musica, il ballo, perchè se la rabbia è tanta, lo è altrettanto la voglia di vivere, di ridere, di mandare al diavolo con una risata. Talvolta parlano in codice: B1, B2, categorie, moduli, procedimenti, che loro conoscono a memoria, che stringono le loro vite come una morsa in una burocrazia che soffoca, che ti costringe ad augurare la morte ad altri affinchè tu possa essere quello che potrà usufruire dell’assistenza al suo posto.
Almeno 10 volte gli interventi sono interrotti da cori di “Vergogna! Vergogna!” in cui tutti e tutte gridano. Intervengono anche un caregiver, che riporta la posizione della minoranza in regione, e un sindaco (di Legnano) a nome dei tanti sindaci che rischiano di essere i prossimi punching ball dove le famiglie andranno a chiedere e a sbattere. Interviene Vittorio Agnoletto, che inquadra benissimo la questione. Interviene Andrey, sulla sua sedia a rotelle, che da qualche hanno organizza in Torkiera il Disabiliy Pride, invocando il taglio alle spese militari, ricordando che la guerra non la vuole nessuno, ancor meno chi è in carrozzella, che sia in Ucraina, in Russia o altrove, che spera di non dover un giorno dover aiutare i tanti prossimi mutilati di guerra a muoversi su una sedia a ruote: tecnologie vecchie che vedono investimenti risibili se comparate con gli investimenti fatti nella tecnologia dei droni.
E poi ancora c’è Silvia Zaru che canta, ricordando prima come la cecità delle amministrazioni fa si che non si accorgano assolutamente cosa voglia dire per un cieco vedersi togliere una linea di autobus, eliminare un semaforo parlante o un percorso tattile.
Fortunato inizia e conclude, senza dimenticare di passare la parola anche a chi caregiver lo è rimasto dopo che il loro amore li ha lasciati. Parla bene, Fortunato: “Essere caregiver ti fa cambiare l’ottica, lo sguardo sul mondo e sulla vita, e se i nostri politici insistono a non capire, a non vederci, glielo faremo capire presto, la lotta non potrà che crescere”.
Grazie. Una lezione a tutti e tutte coloro che si sono immersi in questo mondo fatto di sensibilità enormi, di affetti e pazienza quotidiane, gigantesche. E un momento di raccolta tra chi tante volte ha rischiato di sentirsi solo, sola, abbandonati. Da oggi lo sono meno, la lotta unisce.
Pochi i giornalisti e le telecamere presenti… peccato. Eh sì che arrivando all’ingresso del palazzone della regione avevo visto un “qualcuno” letteralmente circondato da telecamere… chissà chi era. Ma i tempi cambieranno, eccome se cambieranno…
Foto e video di Andrea De Lotto