La scuola va alla guerra  è il titolo del libro presentato il 1° marzo a Palermo, a Villa Niscemi, a cura dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e università e dell’Assemblea Noguerra. Il titolo non sembri esagerato, perché da questa “Inchiesta sulla militarizzazione dell’istruzione in Italia” condotta da Antonio Mazzeo emerge un quadro allarmante sulla progressiva – e poco nota – infiltrazione degli apparati militari nei luoghi di formazione.

L’autore, docente, saggista, peace researcher, con un passato da cooperante nei Balcani e in America Latina, ricostruisce la storia della intensa collaborazione tra Forze Armate e Ministero dell’Istruzione, Uffici Scolastici Regionali e Dirigenti Scolastici che ha consentito l’accesso sempre più massiccio del personale e dei ‘valori’ militari nelle aule scolastiche e universitarie.

Un ampio excursus sui contenuti del volume è stato fatto da Finella Giordano, docente di Storia e Filosofia e attivista dell’Osservatorio nomili, che ha elencato i numerosissimi protocolli di intesa firmati negli anni tra enti di formazione e FFAA e soprattutto le attività realizzate nelle scuole, che vanno dall’alzabandiera in presenza dei soldati all’interno di scuole primarie, ai corsi di educazione alla legalità tenuti da militari (vanno fortissimo gli incontri dedicati a bullismo e ‘cyber bullismo’), ai sempre più numerosi incontri di ‘orientamento scolastico’ per le ultime classi mirati al reclutamento diretto di ragazzi e ragazze nei vari corpi militari. L’offerta è quanto più allettante in una realtà come quella meridionale, dove la disoccupazione è la prospettiva più realistica al termine del corso di studi.

Ci sono poi la partecipazione a parate, le visite a caserme, istallazioni radar, basi militari (molto affascinanti quelle dell’Aeronautica, con visita ad aeromobili e simulazioni di volo), basi NATO e USA (qui in Sicilia molto popolare Sigonella, i cui soldati tengono nelle scuole di Catania corsi di lingua inglese, ‘mindfulness’ e perfino educazione alimentare!); e poi visite alle mostre di antichi e moderni cimeli di distruzione; nel 2022 hanno spopolato le mostre celebrative delle gloriose imprese dell’Aeronautica militare in occasione dei suoi 100 anni (tacendo ovviamente dello sterminio di civili delle colonie a base di gas iprite…).

“Ci sono poi le attività didattico-culturali affidate a generali e ammiragli in veste di docenti per la lettura e interpretazione della Costituzione (sorvolando sull’art.11, che imporrebbe la non belligeranza del nostro Paese, più e più volte violato dalle FFAA agli ordini di governi di ogni colore). E infine i PCTO (Percorsi per le Competenze Trasversali e l’Orientamento) ovvero l’Alternanza scuola-lavoro: da svolgersi presso le caserme o le aziende produttrici di armi come Finmeccanica, oggi Leonardo. Di tutto questo il libro di Mazzeo offre una miriade di esempi riguardanti Istituti scolastici di tutto il territorio nazionale.
Insomma, “nelle scuole di ogni ordine e grado si sperimentano comportamenti, percorsi, curricula, subalterni alle logiche di guerra e agli interessi politico-militari, complici i governi, i burocrati del ministero e i dirigenti scolastici.” E l’acquiescenza di docenti spesso disinformati o – peggio – assuefatti alla ‘normalizzazione’ di disvalori penetrati anche nel mondo della scuola.

Tra questi la cosiddetta “cultura della difesa”, la cui legittimazione istituzionale si è realizzata nel 2023 con la creazione di un comitato di 14 consulenti rappresentanti il mondo universitario, l’industria di settore, gli ambienti della cultura e dell’informazione. Obiettivo: promuovere i valori e le capacità delle FFAA. “Viene così imposto il modello scuola-caserma per accompagnare la formazione del cittadino in stile nazional-patriottico.” E per rafforzare il consenso tra i/le giovani viene inoltre proposta dal governo l’istituzione di una “mini naja” per ragazzi/e tra i 18 e i 22 anni, un servizio militare facoltativo collegato, però, a crediti scolastici e facilitazioni lavorative. Si dimentica sempre più spesso l’autentico dettato Costituzionale che prevede nei luoghi di formazione la promozione di una cultura di pace e “ripudia la guerra come mezzo di risoluzione dei conflitti”.

Una certa reazione a questa deriva nella scuola c’è stata ed è culminata nella nascita dell’Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole e dell’università, una rete nazionale formata da docenti e non, che ha lanciato un appello sottoscritto da più di un centinaio di intellettuali, docenti universitari e insegnanti di vari ordini (Angelo D’Orsi, Donatella Di Cesare, Tomaso Montanari, Carlo Rovelli, Alex Zanotelli…). L’Osservatorio ha presentato il suo primo report il 9 marzo 2023 alla Camera dei Deputati. Da allora ha continuato la sua decisa e costante attività di denuncia. “Smilitarizzare la scuola e l’educazione vuol dire rendere gli spazi scolastici veri luoghi di promozione di processi educativi indirizzati alla risoluzione non violenta dei conflitti, di opposizione alle pratiche del razzismo e del sessismo – ancora molto presenti nel mondo militare – di valorizzazione del rispetto dei diritti umani e dell’incontro proficuo tra diversità. Di educazione alla pace, insomma.”

Gli interventi di Giada Abruscato, studente del Liceo Umberto I e Antonio Galli, studente universitario di Storia e Filosofia, entrambi attivisti del Fronte della Gioventù Comunista, hanno mostrato come si vive dall’interno del sistema formativo il tentativo – ben mascherato – di formare studenti-soldati non solo per il reclutamento militare propriamente detto, ma per ottenere cittadini/e signorsì, addestrati ad accettare docilmente il precariato che li attende, funzionale alla flessibilità del mercato in un sistema economico-sociale capitalista che non si deve mettere in discussione. Ciò avviene in maniera eclatante nella scuola con i PCTO, che promuovono la scuola-caserma, e nell’università con accordi di tipo finanziario e/o culturale tra dipartimenti – non solo tecnici – l’industria bellica e le FFAA.

L’impegno degli/delle studenti più consapevoli è quindi volto a smascherare questa discutibile operazione e a promuovere tra i/le loro pari un pensiero non omologato e resistente. Questo deve avvenire dentro e fuori dalla scuola e dall’università, portando il dissenso nella società, nelle piazze e anche davanti ai luoghi di produzione di morte (es. la fabbrica di sistemi digitali Leonardo presente anche a Palermo, come pochi/e sanno) e ai luoghi di rappresentanza dei Paesi che promuovono politiche belliche (i consolati americano, russo…).

Lasciando che ciascuno/a si documenti ulteriormente leggendo il suo libro, Antonio Mazzeo ha basato il suo intervento sulla realtà immediata della guerra. Ultimo sconvolgente esempio la strage ad opera di carri armati israeliani dei cittadini di Gaza che si accalcavano intorno a un convoglio di beni di prima necessità, dopo quattro mesi di assedio senza via di uscita. Il video diffuso dall’Idf (Forze di Difesa Israeliane) mostra dall’alto le persone simili a formiche, disumanizzando ancora una volta la popolazione che si vuole colpire e distruggere. Un esempio dell’intenzione genocida per cui Israele è sotto accusa presso il Tribunale dell’Aja e che ci deve far riflettere anche sulle nostre complicità.

Mazzeo pone l’accento sulla ricca produzione e vendita di armi italiane a Israele, sull’addestramento fornito, sul supporto politico e sulla partecipazione oggettivamente attiva dell’Italia a questo e ad altri conflitti. Questo spiega l’intento delle più recenti politiche scolastiche volte alla ‘normalizzazione’ della guerra, che si prospetta sempre più vicina a noi in un crescendo difficilmente arrestabile senza un movimento realmente esteso e consapevole che pretenda di vivere in Pace.
Mazzeo ricorda le forme più sottili con cui si vuole far passare l’ideologia militarista nelle scuole, ad esempio nell’insegnamento della Storia, dove si recuperano i ‘valori’ del patriottismo e dell’eroismo guerresco rispolverando l’epica della prima guerra mondiale (es. il treno del ‘milite ignoto’ che attraversa tutta l’Italia fino alla Sardegna) e rivalutando personaggi di cui si tace, però, il ruolo di carnefici sul suolo coloniale (innumerevoli gli esempi nel libro).

Gli interventi – e l’interessantissimo dibattito che ne è seguito – sono stati coordinati da Virginia Dessy, attivista dell’Assemblea Noguerra di Palermo, che ha ricordato come la Sicilia sia terra di colonizzazione militare per la presenza delle basi USA/NATO di Sigonella (con cui si cerca insistentemente di far familiarizzare le scuole della Sicilia orientale), del MUOS di Niscemi (uno dei poli del sistema satellitare dell’US Navy) e diverse altre. Qui è più che mai necessario intervenire per far sentire nelle scuole la voce di chi rifiuta le logiche dell’apparato militare-industriale e contrastare il reclutamento sempre più scoperto. Utilissimo a questo scopo è stato l’incontro tenuto nella mattina da A. Mazzeo con le classi quinte di uno degli Istituti superiori della città, riscontrando interesse e partecipazione.

La presentazione si è conclusa con l’invito ai/alle docenti presenti a collaborare con l’Osservatorio segnalando le eventuali iniziative di carattere militarista che dovessero avvenire nelle proprie scuole (spesso senza passare per gli organi collegiali!) e a tutti/e a firmare la petizione Med’Or, disponibile sul sito dell’Osservatorio, con cui si chiede ai tredici rettori /rettrici delle Università pubbliche di dimettersi dal Cda della Med’Or, la Fondazione culturale dell’azienda di produzione bellica Leonardo, per non tradire gli autentici valori costituzionali della pace e della convivenza civile alla base del nostro sistema di istruzione pubblica.

Per firmare la petizione clicca qui:
https://www.change.org/p/fuori-le-universit%C3%A0-da-fondazione-med-or-leonardo-produttrice-di-armi-e-di-morte

PER INFO E CONTATTI: osservatorionomilscuola.com
osservatorionomili@gmail.com
Facebook Osservatorio contro la militarizzazione delle scuole
Instagram osservatorionomili
Facebook: Assemblea Noguerra Palermo

assembleanoguerrapalermo@gmail.com