Ogni cento tentativi di prenotazione nel Servizio Sanitario Nazionale, la quota che rinuncia e si rivolge alla sanità a pagamento – intesa come privato puro e intramoenia, con o senza intermediazione assicurativa – è allarmante. Si tratta del 34,4% dei redditi più bassi, del 40,2% di quelli medio-bassi, del 43,6% dei medio-alti e del 41,7% dei più alti. Sono alcuni dei dati del 21° Rapporto Ospedali & Salute “Reinventiamo il Servizio Sanitario. Come evitare la deriva di una Sanità per Censo”, promosso da Aiop, l’Associazione Italiana delle aziende sanitarie ospedaliere e territoriali e delle aziende socio-sanitarie residenziali e territoriali di diritto privato e realizzato in collaborazione con il Censis. Dati che dimostrano come si faccia sempre più strada una sanità per censo. L’84,2% degli italiani ritiene infatti che ormai i benestanti possono curarsi prima e meglio dei meno abbienti. Idea condivisa dall’85,5% dei residenti nel Nord-Ovest, dall’81,2% nel Nord-Est, dall’83,1% al Centro e dall’85,4% nel Sud-Isole. E poi anche dal 90,5% degli anziani e dall’80,6% delle persone con cattivo stato di salute. Inoltre, il 73,2% è convinto che le diversità tra le sanità regionali siano aumentate nel tempo e il 72,9% che sono destinate ad aumentare ulteriormente nel futuro prossimo.

La percentuale di persone che hanno dovuto fruire in ritardo di prestazioni sanitarie a causa di tempi d’attesa troppo lunghi è maggiore per i redditi più bassi: il 31% dei redditi fino a 15 mila €, contro il 18,7% di quelli oltre i 50 mila €. Hanno, invece, dovuto sacrificare altre spese per sostenere quelle sanitarie il 50,4% delle persone economicamente più svantaggiate e il 22,6% dei più abbienti, mentre, rispettivamente, il 42% e il 14,7% sono stati costretti a posticipare o rinunciare alle cure a causa del costo troppo elevato. La spesa sanitaria privata rappresenta il 24% della spesa sanitaria totale: una cartina di tornasole dell’iniquità di un sistema sì universalistico, ma solo al 76%. La ricerca li definisce i forzati della sanità a pagamento: persone che hanno provato a prenotare una prestazione nel Servizio Sanitario ma, vista la lunghezza o il blocco della lista di attesa, hanno poi proceduto a farla a pagamento, di solito nel privato puro o in intramoenia. È una fuoriuscita ampia e non volontaria dal Servizio Sanitario di una domanda di prestazioni espressa da persone costrette a cercarle altrove, ricorrendo a risorse proprie. Ecco l’esito diretto del consolidato e ormai ordinario meccanismo di funzionamento del Servizio Sanitario: il razionamento sanitario.”

“Dall’indagine emerge, si legge nel Rapporto, che per le visite specialistiche ci sono 141 giorni medi di attesa per una visita gastroenterologica, 137 giorni per una visita dermatologica, 132 per una visita oncologica, 129 per una visita diabetologica, 127 per una visita neurologica, 126 per una visita oculistica, 122 per una visita pneumologica, 119 per una visita endocrinologica, 115 per una visita cardiologica, 114 per una prima visita cardiologica con elettrocardiogramma, 114 per una visita ortopedica, 110 per una visita chirurgica vascolare, 110 per una visita fisiatrica, 108 per una visita otorinolaringoiatrica, 102 per una visita urologica, 95 per una visita ginecologica (compreso pap test-papilloma virus), 59 per una visita pediatrica.” Se però si paga  si ha un accesso più rapido alle prestazioni desiderate. Infatti, nel passaggio dal pubblico o privato accreditato alla sanità a pagamento: il 16,4% degli italiani ha avuto un taglio dei tempi di attesa fino a 15 giorni;  il 22% da 15 giorni a un mese; il 17,9% da 1 a 2 mesi; il 19,7% da 2 a 5 mesi; il 24% addirittura di almeno 5 mesi.

Ci sono poi quelli che nella ricerca vengono definiti i nomadi del Servizio Sanitario”: il 41,4% degli italiani, nell’ultimo anno, si è spostato almeno una volta per motivi sanitari in un altro Comune (36,3%) e/o in un’altra Provincia della stessa Regione di residenza (18,8%). Il 46,7% di costoro ha dovuto percorrere più di 50 Km. Con un più sentito bisogno di qualità e tempi rapidi, è il 28,1% degli italiani in cattiva salute a muoversi sul territorio provinciale e questi ultimi sono anche coloro che hanno dovuto più spesso percorrere lunghi tragitti (57,0%). La migrazione verso altre Regioni ha coinvolto il 10,1% degli italiani, spinti dalla ricerca di tempi più rapidi (31,6%) o di una maggiore qualità delle prestazioni (26,5%).

La ricerca evidenzia i forti limiti quantitativi della nostra sanità: dati Ocse del 2022, espressi in valori pro-capite in dollari PPA, indicano che in Italia la spesa sanitaria pubblica è pari a 3.255 dollari, mentre in Germania vale il 112,9% in più, in Francia il 72,8% in più, in Svezia il 69,8% in più e nel Regno Unito il 37,6% in più. Esiste nella società italiana una convergenza alta sulla necessità di aumentarla subito in modo consistente. Lo pensa il 75,2% degli italiani. E in particolare il 77,4% dei residenti nel Nord-Ovest, il 75,1% al Nord-Est, il 72,5% al Centro e il 75,2% al Sud-Isole; il 70,5% dei bassi redditi, il 75,6% di quelli medio-bassi, l’80% di quelli medio-alti e il 74,7% di quelli alti; il 67,7% dei giovani, il 74,7% degli adulti e l’81,6% degli anziani.

Un dato positivo riguarda i medici che operano nel Servizio Sanitario, che godono di ottima o buona reputazione presso il 71,4% degli italiani; il medesimo giudizio positivo viene espresso dal 68,3% dei cittadini nei confronti del personale infermieristico. E anche alcuni aspetti strutturali e organizzativi del Servizio Sanitario sono ancora nel complesso promossi da una maggioranza, per quanto risicata, degli italiani, con quote che vanno dal 59,2%, che ritiene ottimo o buono l’accesso ai luoghi di visita e cura, al 50,9% che ne apprezza gli orari e le modalità di accesso. Il rapporto con gli uffici amministrativi appare invece più controverso, ed è il 49,4% di italiani che tutto sommato non hanno sperimentato un cattivo rapporto con essi per aspetti vari come le prenotazioni di prestazioni o il pagamento del ticket.

Qui il Rapporto: https://www.censis.it/sites/default/files/downloads/21%C2%B0%20Rapporto%20Ospedali %26Salute.pdf.