Cara Castelletti, l’antisemitismo non è antisionismo

In seguito all’adozione della definizione di “antisemitismo” dell’IHRA da parte dell’Amministrazione Comunale di Brescia, come Redazione Sebino Franciacorta ci sentiamo di indirizzare alcune lettere aperte a Laura Castelletti per raccontare pubblicamente le enormi problematiche emerse in questi anni con la promulgazione di questa definizione strumentale.

Seconda lettera.

Egregia Signora Sindaca Laura Castelletti,
ritornando sulla questione della vaga definizione di “antisemitismo” che la sua giunta ha adottato, volevamo fare anche delle osservazioni sulla dichiarazione dell’IHRA la quale inserisce un lungo elenco di casi specifici a cui la sua definizione si estende.
Alcuni aspetti sono condivisibili ed altri evidentemente strumentali e controversi inseriti per confondere “antisemitismo” e “antisionismo”. Eccoli di seguito:
– la minaccia del linguaggio critico nei confronti di Israele sorge con gli 11 esempi asserviti al modo in cui la definizione dovrebbe essere applicata;
– molti di questi esempi estendono l’antisemitismo alle discussioni su Israele, come negare al popolo ebraico il diritto all’autodeterminazione;
– è ritenuto “antisemita” criticare lo Stato di Israele perché concepito come una “collettività ebraica”;
– la definizione pratica di antisemitismo dell’IHRA contiene un paragrafo che consente la critica alle politiche dei governi di Israele, ma considera “antisemita” per impostazione predefinita qualsiasi dichiarazione considerata delegittimante verso Israele, come definirla “un’istituzione razzista”.

Sono clausole che hanno lo scopo di limitare la libertà politica verso chi condanna il sionismo e il suo insito razzismo anti-arabo.

L’1 febbraio Il Giornale di Brescia ospitava un articolo del Professor Leonida Tedoldi, docente di Storia delle Relazioni Internazionali all’Università di Bergamo, dal titolo “Il NO all’antisemitismo lascia libertà politica”, in cui si afferma che l’IHRA lascia libero lo spazio democratico di critica, definendo invece le polemiche sull’adozione della definizione come uno “scontro” con un “tasso troppo alto di ideologia” e dichiarando come la definizione possegga una “certa chiarezza”. In realtà è proprio qui che emerge la struttura profondamente ideologica della definizione IHRA volta a reprimere la libertà politica. La definizione dell’IHRA è stata creata affinchè venisse strumentalizzata: il fine è additare come “antisemita” ogni dissenso antisionista. Non è un caso infatti che questa definizione abbia già collezionato numerose repressioni del dissenso permettendo, per esempio, all’ala neoliberista di destra del Labour Party a linciare il suo segretario Corbyn, colpevole soltanto di aver espresso le sue posizioni in solidarietà con l’autodeterminazione della Palestina. Il fatto che nel documento dell’IHRA non si menzioni la parola “sionismo” – come ha ricordato Tedoldi nel suo articolo – non vuol dire che la definizione non lo coinvolga o che la definizione stessa sia apertamente filo-sionista. D’altronde i sionisti non amano molto citare il “sionismo” in quanto consapevoli che ormai sia la causa di tanto clamore critico su di loro.
Eppure molti accademici sionisti, come Yves Pallade, negli anni hanno sempre più tracciato una distinzione tra il “vecchio antisemitismo”, concepito come insieme di forme tradizionali di odio verso gli ebrei che utilizzano un pretesto religioso o razzista, e un “nuovo antisemitismo” nascente, concepito come “retorica antisionista” che rimprovera lo Stato ebraico e il suo comportamento reale o presunto un nuovo pretesto politico per esprimere “atteggiamenti antiebraici”. Secondo Pallade, nel suo libro “New Anti-semitism in contemporary german academia” pubblicato nel 2009, la “retorica antisionista” è diventata un modo socialmente accettabile per esprimere sentimenti “antisemiti” nel contesto accademico tedesco.
Non solo, secondo Pallade la diffusa inclinazione a ricorrere a voci antisioniste “ebraiche” come testimoni chiave di particolare autorità ha portato a una situazione in cui il “nuovo antisemitismo” ha infuso con successo lo stesso discorso accademico e la ricerca sull’antisemitismo stesso. In sostanza la definizione di “antisemitismo” si è sempre più spostata da “odio verso gli ebrei” ad una sempre più strumentalizzabile “critica ad Israele e al sionismo”, permettendo di definire “antisemiti” anche gli ebrei antisionisti.

Questa è la base teorica in parte contenuta nella definizione dell’IHRA. Infatti, l’impatto di questa definizione sui movimenti in solidarietà alla Palestina non si è fatta attendere. L’associazione canadese Independent Jewish Voices Canada ha documentato più di 24 casi (che invitiamo a leggere) in cui la definizione dell’IHRA viene utilizzata per zittire il Movimento per la Difesa dei Diritti Palestinesi in Europa e Nord America.
Alla fine del 2019, Donald Trump ha firmato un ordine esecutivo che fonde le critiche a Israele con il fanatismo antiebraico, adottando il linguaggio della definizione dell’IHRA.
Secondo un’interpretazione dell’Ordine Esecutivo fornita dall’IHRA, le “critiche a Israele” potrebbero essere considerate antisemitiche nel caso diventino “intimidazioni intenzionali, illegali, discriminatorie e molestie contro gli ebrei”. Poco dopo, il Dipartimento dell’Istruzione degli Stati Uniti ha iniziato a indagare sull’Università della California a Los Angeles per aver ospitato l’anno precedente la Conferenza Nazionale degli Studenti per la Giustizia in Palestina. A seguito di ciò nel 2019 è iniziata la Campagna NoIHRA per opporsi a questa strumentalizzazione sionista dell’antisemitismo.
Nel maggio 2023, in un documento di 60 pagine, l’amministrazione Biden ha fatto riferimento alla definizione dell’IHRA includendola nella strategia nazionale della Casa Bianca per combattere l’antisemitismo.
Nello stesso mese, durante un discorso di laurea presso la Facoltà di Giurisprudenza dell’Università Statale di New York, Fatima Mousa Mohammed, una studentessa yemenita americana, ha criticato il “colonialismo dei coloni israeliani” e sostenuto la “lotta contro il capitalismo, il razzismo, l’imperialismo e il sionismo”.
Le sue parole, che l’amministrazione universitaria ha condannato come “incitamento all’odio”, hanno dato il via a un nuovo ciclo di dibattito pubblico sulla distinzione tra critica a Israele e antisemitismo. I membri repubblicani del Congresso hanno risposto introducendo – coerentemente con la strategia nazionale della Casa Bianca – una legislazione che negherebbe il finanziamento federale alle istituzioni accademiche che “autorizzano eventi antisemiti”.

A giugno 2023, il European Legal Support Center – ELSC ha pubblicato il suo rapporto dal titolo “Soppressione Della Difesa dei Diritti dei Palestinesi Attraverso la Definizione Operativa di Antisemitismo dell’IHRA e Violazione dei Diritti Alla Libertà di Espressione e di Riunione nell’Unione Europea e nel Regno Unito”, ovvero il primo resoconto basato su casi di violazioni dei diritti umani derivanti dall’istituzionalizzazione e dall’applicazione della controversa definizione dell’IHRA) da parte dell’Unione Europea e del Regno Unito.
https://elsc.support/news/breaking-new-report-reveals-human-rights-violations-resulting-from-ihra-definition-of-antisemitism
Il Rapporto ELSC si basa su 53 casi registrati tra il 2017 e il 2022 in Germania, Austria e Regno Unito, in cui individui, gruppi e organizzazioni sono stati accusati di “antisemitismo” per aver difeso i diritti dei palestinesi, denunciato le pratiche e le politiche di Israele e/o criticato il sionismo come ideologia politica. Quando contestate legalmente, la maggior parte di queste accuse di antisemitismo sono state respinte in quanto prive di fondamento. L’analisi dei casi rivela un modello altamente problematico in cui viene attuata la definizione dell’IHRA circa il suo impatto negativo sui diritti umani, finora ignorato dall’Unione Europea. Sebbene sia pubblicizzata e promossa come “non legalmente vincolante”, la definizione dell’IHRA è sempre più utilizzata da enti pubblici e privati come se fosse legge. Di conseguenza, la sua definizione limita la libertà di espressione e di manifestazione, con conseguente autocensura di individui timorosi di affrontare accuse di antisemitismo.

“Negli ultimi anni, la lotta all’antisemitismo è stata sempre più strumentalizzata dal governo israeliano e dai suoi sostenitori nel tentativo di delegittimare la causa palestinese e mettere a tacere i difensori dei diritti palestinesi. Deviare la necessaria lotta contro l’antisemitismo per servire un tale programma minaccia di svilire questa lotta e quindi di screditarla e indebolirla. L’antisemitismo deve essere sfatato e combattuto. Indipendentemente dalla forma, nessuna espressione di odio per gli ebrei in quanto ebrei dovrebbe essere tollerata in nessuna parte del mondo. L’antisemitismo si manifesta in ampie generalizzazioni e stereotipi sugli ebrei, riguardo al potere e al denaro in particolare, insieme a teorie del complotto e negazione dell’Olocausto. Consideriamo legittima e necessaria la lotta contro tali atteggiamenti. Crediamo anche che le lezioni dell’Olocausto, così come quelle di altri genocidi dei tempi moderni, debbano far parte dell’educazione delle nuove generazioni contro ogni forma di odio e pregiudizio razziale. La lotta contro l’antisemitismo, tuttavia, deve essere affrontata per principio, o si rischia di vanificarne lo scopo. Attraverso gli “esempi” che fornisce, la definizione dell’IHRA fonde il giudaismo con il sionismo nel presumere che tutti gli ebrei siano sionisti e che lo Stato di Israele nella sua realtà attuale incarni l’autodeterminazione di tutti gli ebrei. Siamo profondamente in disaccordo con questo.

La lotta all’antisemitismo non dovrebbe essere trasformata in uno stratagemma per delegittimare la lotta contro l’oppressione dei palestinesi, la negazione dei loro diritti e la continua occupazione della loro terra.” – questo è l’incipit dell’appello
https://www.theguardian.com/news/2020/nov/29/palestinian-rights-and-the-ihra-definition-of-antisemitism
fatto da 122 accademici, giornalisti e intellettuali palestinesi e arabi, in cui prendono posizione sul modo in cui questa definizione è stata applicata, interpretata e impiegata in diversi Paesi d’Europa e Nord America.
Quasi 30 Paesi hanno adottato la definizione IHRA, tra cui Francia, Italia, Argentina, Grecia e Canada. Anche molti governi locali l’hanno adottata.
La definizione strumentale di “antisemitismo” dell’IHRA è una grave minaccia per il Movimento di Solidarietà Palestinese in tutto il mondo e ciò che emerge è sempre più una repressione dell’antisionismo.