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Le scuole dopo le cariche a Pisa – Mozione approvata dai docenti dell’Istituto comprensivo Sauro-Errico-Pascoli di Napoli su proposta del dirigente scolastico Piero De Luca: un’azione facilmente replicabile in altre scuole 

Il Collegio Docenti dell’IC Sauro-Errico-Pascoli stigmatizza fermamente i fatti drammatici avvenuti a Pisa nella mattinata di venerdì scorso durante la manifestazione di studentesse e studenti a sostegno del popolo palestinese e contro la guerra in atto

Come rappresentanti dell’intera comunità educante esprimiamo altresì la nostra solidarietà alle ragazze e ai ragazzi che sono stati vittime di una violenza inaudita e totalmente ingiustificata; nessuna necessità di ordine pubblico può infatti mai legittimare un uso della forza così abnorme da rendere necessario manganellare giovanissimi inermi e perlopiù minorenni, il cui unico strumento di “offesa” era la propria voce. Siamo impegnati quotidianamente per educare le nostre studentesse e studenti alla convivenza democratica e ai principi fondanti della cittadinanza attiva, quali la cooperazione, il rispetto ed il confronto e non possiamo che condannare episodi di questo genere che rappresentano una intollerabile violazione del diritto primario stabilito dalla Costituzione antifascista, ovvero la libera manifestazione del proprio pensiero. Come ricordava Paulo Freire, l’istruzione deve diventare la “pratica della libertà”, in virtù della quale ragazze e ragazzi affrontano criticamente e creativamente la realtà e scoprono come partecipare alla trasformazione del loro mondo nel senso della giustizia e della democrazia. In questo percorso faticoso e costellato di ostacoli il mondo adulto, a maggior ragione quello che dovrebbe incarnare lo Stato di Diritto, ha il dovere di sostenerli e tutelarli, di fornire loro occasioni per amplificare la loro voce, persino di accompagnarli per guidarli nei loro inevitabili errori. Ma mai di usare la violenza e la repressione cieca per farli tacere e negare alla radice il loro diritto di espressione. Perché, come ricordava ieri anche il Presidente Mattarella, i manganelli non sono mai sinonimo di autorevolezza, ma solo di atroce fallimento. (Napoli, 25/2/2024)

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Il costituzionalista Francesco Pallante prende in esame le singole cause di crisi degli esecutivi per il venir meno della fiducia parlamentare alla luce del disegno del Governo emendato nei giorni scorsi

In caso di approvazione della mozione di sfiducia proposta dal Parlamento, il nuovo art. 94, comma 6, Cost. prevede che il Presidente della Repubblica obbligatoriamente sciolga le Camere e indica nuove elezioni

In caso di dimissioni volontarie del Presidente del Consiglio, questi può scegliere se chiedere al Capo dello Stato di procedere allo scioglimento anticipato oppure se consentire di far nascere un nuovo Governo guidato dallo stesso Presidente del Consiglio uscente o da un parlamentare eletto tra le fila della maggioranza (qualora, poi, anche questo secondo Governo dovesse cadere, al Capo dello Stato non resterà altra opzione che sciogliere le Camere). È quel che prevede il nuovo art. 94, commi 7 e 8, Cost. In caso di decadenza, impedimento permanente e morte, il Presidente della Repubblica può valutare lui se procedere allo scioglimento anticipato o far nascere, sempre per una sola volta, un nuovo Governo guidato da un parlamentare eletto tra le fila della maggioranza (nuovo art. 94, comma 8, Cost.: sulla cui strampalata formulazione tornerò nella conclusione). E in caso di venir meno della fiducia per bocciatura della questione di fiducia posta dal Governo? Sul punto il progetto di revisione governativa tace. Occorre dunque cercare una soluzione in via interpretativa. Secondo la ministra per le Riforme a regolare il caso sarebbe il nuovo art. 94, commi 7 e 8, Cost., nonostante la sua formulazione precisi esplicitamente di valere solo in caso di «dimissioni volontarie», mentre le dimissioni conseguenti alla sconfitta del Governo sulla questione di fiducia sono senza alcun dubbio obbligatorie. È chiaro che quella della ministra è una posizione insostenibile: c’è da chiedersi se, al momento di emendare la sua stessa riforma, fosse a conoscenza (non dico della differenza tra volontario e obbligatorio, ma) dell’esistenza di tale obbligo… Come che sia, l’oggettiva inapplicabilità del nuovo art. 94, commi 7 e 8, Cost. al caso del voto negativo sulla questione di fiducia esclude che spetti al Presidente del Consiglio sfiduciato scegliere tra lo scioglimento anticipato e il consentire al Capo dello Stato di provare a far nascere un nuovo Governo. D’altro canto, nemmeno sembra applicabile il nuovo art. 94, comma 6, Cost., il quale precisa esplicitamente che l’obbligo di scioglimento delle Camere vale solo per il caso della revoca della fiducia «mediante mozione motivata», così escludendo, a contrario, proprio il caso del voto negativo sulla questione di fiducia. Se ne deve concludere che nel caso in cui il Governo perda nel voto sulla questione di fiducia, il Presidente della Repubblica si verrebbe a trovare esattamente nella stessa posizione di oggi. E cioè che dovrà cercare di far nascere un nuovo Governo, senza che sulle sue scelte gravino vincoli di sorta, né con riguardo alla persona cui conferire l’incarico, né in ordine al numero di Governi che potranno nascere nel corso della legislatura. È evidente che il Governo mirava ad ottenere esattamente l’opposto, ma il fatto che l’interpretazione conduca inevitabilmente a tale risultato la dice lunga sull’insipienza di chi ha la responsabilità del dossier delle riforme. Il vero capolavoro è, tuttavia, ancora un altro. In base al nuovo art. 94, co. 8, Cost., «nei casi di morte, impedimento permanente, decadenza, il Presidente della Repubblica può conferire, per una sola volta nel corso della legislatura, l’incarico di formare il Governo al Presidente del Consiglio dimissionario o a un altro parlamentare eletto in collegamento con il Presidente del Consiglio»: non è meraviglioso? In caso di morte del Presidente del Consiglio eletto, il Presidente della Repubblica può incaricare di formare il nuovo Governo… il Presidente del Consiglio eletto! Aumentare i poteri del Capo? Una cosa da dilettanti: noi gli assicuriamo la resurrezione. Quale altra Costituzione può tanto?

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Sotto la banca il clima crepa, mentre l’UE non perde occasione di declamare la necessità di invertire la rotta dei flussi economici destinati ad attività climalteranti, il suo sistema finanziario continua imperterrito a sostenere i combustibili fossili e i settori ad alta intensità di carbonio

Nei sette anni dalla firma dell’Accordo di Parigi, le banche con sede nell’Unione Europea hanno erogato 327,15 miliardi di dollari in prestiti e sottoscrizioni a favore di combustibili fossili (239,63 mld) e attività agricole industriali nel Sud globale (87,42 mld). Con una media annuale, fra il 2016 e il 2022, di 46,74 miliardi di dollari a fronte dei soli 11,26 miliardi di dollari (meno di un quarto) destinati alla mitigazione della crisi climatica

Di fatto, mentre spergiurano in ogni spot pubblicitario di essere determinate nell’affrontare la crisi climatica, condannano le comunità di Africa, Asia e America Latina alla mancanza di terra, alla deforestazione, all’inquinamento dell’acqua e alla privazione dei diritti umani fondamentali. In questa classifica-killer troviamo al primo posto BPN Paribas (49,55 mld di dollari), seguita da Société Générale (41,7 mld), Crédit Agricole (37,57 mld) e ING Group (21,14 mld). Vengono subito dopo le “nostre” Unicredit (18,40 mld) e Intesa San Paolo (11,95 mld). E’ cosi che proliferano nel mondo le cosiddette “carbon bombs”, ovvero quei progetti di estrazione di gas, petrolio e carbone che, se avviati, comporterebbero un aumento di gas serra superiore al miliardo di tonnellate di CO2 equivalente (per capirci: tre volte le emissioni prodotte dall’Italia in un intero anno). Attualmente, secondo una ricerca dell’Università di Leeds, pubblicata sulla rivista Energy Police, esistono nel mondo 425 di questi progetti. Solo Deutsche Bank ne sta finanziando, direttamente o indirettamente, ben 83, mentre 59 ricevono fondi da BPN Paribas. Se da chi finanzia passiamo a chi è finanziato, il primato di chi riceve più risorse economiche dalle banche europee è della italianissima ENI, controllata dal MEF, sia direttamente, sia attraverso la quota di Cassa Depositi e Prestiti. Dal 2016 al 2022, ENI ha ricevuto da UniCredit 4,01 miliardi di dollari, da Intesa Sanpaolo 3,45 miliardi di dollari, 3,19 mld da BNP Paribas e 3,03 mld da Crédit Agricole. Nonostante ripeta compulsivamente di voler trasformare la propria attività per raggiungere la “carbon neutrality entro il 2050”, in realtà ENI continua a dare priorità agli investimenti in petrolio e gas e nel 2023 è stata uno dei maggiori produttori al mondo, alla guida di un’ulteriore “corsa al gas” in tutto il continente africano e in particolare in Egitto, Mozambico, Angola e Libia.  Se questo è il quadro, varrebbe forse la pena di sospendere tutte le infinite diatribe sui gruppi di attiviste/i che con un po’ di vernice (lavabile) cercano di richiamare l’attenzione sulla drammaticità della crisi climatica in atto, e porre finalmente al centro della discussione politica e culturale una semplice verità: per decarbonizzare la nostra economia è fondamentale ridurre le emissioni drasticamente; per ridurre le emissioni a sufficienza da scongiurare il superamento degli 1,5 gradi è fondamentale mantenere sottoterra almeno il 60% del gas e del petrolio esistenti e il 90% del carbone; per mantenere sottoterra questa quota di combustibili fossili, le aziende del comparto dovranno rinunciare a miliardi di dollari di profitti; perché ciò avvenga bisogna impedire alle banche di continuare a rifocillarle. Non sembra così difficile da capire. Né per le banche, né per le imprese, tantomeno per i governi. Toccherà farglielo presente, smettendo di delegare il compito ai gruppi di attiviste/i di cui sopra.

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Cosa (non) è cambiato. I confini continuano a uccidere:  3129 persone sono state uccise dalle politiche di respingimento nel Mar #Mediterraneo mentre tentavano di raggiungere le coste europee nel 2023, quasi il doppio dell’anno precedente 

Da inizio 2024 sono già oltre 100, ma è impossibile mantenere questo dato aggiornato perché è in continua crescita e diversi naufragi avvengono senza che se ne abbia notizia. Il Naufragio di Cutro è avvenuto tra il 25 e il 26 febbraio 2023 e ha causato la morte di 94 persone. Tutto questo è il risultato di un sistema disumano, creato dalle autorità italiane ed europee: “La strage di Cutro – scrive  Mediterranea Saving Humans ci ricorda cosa produce il sistema della #FortezzaEuropa: morte, disumanità, razzismo, ingiustizia. Combattiamola insieme!”

La portata della strage e il fatto che il naufragio sia avvenuto a pochi metri dalle coste italiane senza che le autorità intervenissero non ha impedito al Governo italiano di usare questa strage per introdurre una serie di norme che criminalizzano le persone in movimento e rendono più restrittivi i criteri per l’accoglienza e la protezione dellǝ rifugiatǝ in Italia: il cosiddetto #DecretoCutro.  A differenza di quanto avvenuto dopo la strage di #Lampedusa del 2013, che portò alla nascita dell’operazione #MareNostrum, la reazione decisa dell’opinione pubblica italiana non è stata canalizzata in un miglioramento delle condizioni di accoglienza per le persone in movimento che giungono in Italia, ma il Governo italiano ha varato ulteriori politiche razziste e disumane. Di fatto il decreto disumanizza ulteriormente le persone in movimento, trasformando in capro espiatorio coloro che in realtà sono vittime di questo stesso sistema. Il Decreto Cutro, che peggiora ulteriormente la condizione delle persone in movimento, ancora una volta non affronta il problema delle morti in mare, ma scarica sulle vittime ogni colpa. Colpe che andrebbero cercate invece in un sistema disumano, creato dalle autorità italiane ed europee.

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GAZA. Anche con la tregua migliaia di palestinesi moriranno per mancanza di cure mediche. Rapporto del Centro per la Salute della Johns Hopkins University e della London School of Hygiene and Tropical Medicine

I ricercatori hanno pubblicato nei giorni scorsi un rapporto che prevede – anche nel caso del cessate il fuoco – quante persone moriranno a Gaza nei prossimi sei mesi. Il professor Paul B. Spiegel, fra gli autori del rapporto, ha spiegato lo scenario drammatico più che probabile che si abbatterà sulla popolazione palestinese 

Gli autori hanno calcolato quelle che vengono chiamate morti in eccesso, che includono le morti dovute direttamente alla campagna di guerra di Israele e quelle causate indirettamente, a causa di fattori come malattie e mancanza di accesso alle cure mediche.  Se la guerra continuasse fino all’inizio di agosto – con Israele che bombardava aree densamente popolate e limita cibo e medicine – i ricercatori prevedono tra 58.260 e 66.720 morti oltre ai quasi 30mila morti già riferiti dal Ministero della Salute di Gaza. Se la guerra dovesse intensificarsi, gli autori prevedono che il bilancio delle vittime potrebbe salire tra 74.290 e 85.750 nei prossimi sei mesi.  Tuttavia, anche se un cessate il fuoco iniziasse immediatamente, i ricercatori prevedono che nei prossimi sei mesi moriranno comunque tra 6.550 e 11.580 persone a causa della distruzione del sistema sanitario di Gaza, del diffondersi di malattie infettive e per le mancate cure ai malati oncologici e a coloro che sono affetti da patologie croniche gravi. Il professor della Johns Hopkins, Paul B. Spiegel, uno degli autori del rapporto, spiega in una intervista che “Le morti in eccesso sono quelle non si sarebbero verificate se non ci fosse stato questo conflitto. Abbiamo fatto alcune ipotesi. Ad esempio, la limitazione dell’accesso all’insulina ha e avrà un impatto grave per le persone e i decessi aumenteranno. Allo stesso modo, ogni anno si verificano malattie infettive endemiche e non potranno che diffondersi maggiormente in una situazione di sovraffollamento, mancanza di acqua e servizi igienico-sanitari e mancanza di cure come attualmente accade a Gaza”. Spiegel sottolinea che anche con il cessate il fuoco ci saranno ancora molte morti a Gaza. “La situazione è davvero grave – afferma – ci sono molte persone con ferite traumatiche che potrebbero infettarsi e non poche di loro moriranno. Oltre a ciò, continueranno a verificarsi malattie infettive e potenzialmente alcune epidemie. Inoltre, c’è una popolazione malnutrita. Abbiamo un sistema sanitario che funziona pochissimo (a causa dell’offensiva militare israeliana, ndr) e strade e infrastrutture distrutte. E la ricostruzione richiederà del tempo”. Spiegel spiega che per limitare morti e malattie occorrono rapidamente un’enorme quantità di acqua e strutture igienico-sanitarie. Cibo e carburante devono entrare in grandi quantità assieme ad alimenti nutrienti per i bambini. Deve essere dato accesso alle squadre mediche di emergenza con chirurghi, personale specializzato in traumi e riabilitazione.

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