Ci vuole una certa dose di fantasia per chiamare democratiche le elezioni che si sono svolte domenica in Moldavia sotto il regime filo-occidentale guidato dal presidente Maia Sandu [nella foto].

« Le elezioni si sono svolte in un contesto di tensioni sull’orientamento geopolitico del Paese » [ scegliere la via filo-occidente o quella filo-Russia?, NdR ].

La stessa OCSE, l’organismo europeo chiamato a vigilare sulla regolarità delle elezioni, se ha espresso soddisfazione per l’accoglimento dalla previsione nelle liste dei candidati di « quote di genere », le famose “quota rosa”, ha pure evidenziato come « purtroppo è mancata la partecipazione dell’opposizione parlamentare », il partito “Șansă” (Change, Cambiamento) in particolare [1].

Quisquiglie, pinzillacchere, avrebbe detto il buon Antonio De Curtis in arte Totò. Alle elezioni non è stata ammessa l’opposizione … che vuoi che sia … c’era in compenso la “quota rosa”.

Il regime filo-occidentale al potere, e quindi “democratico” per definizione, in forza di uno “stato di emergenza” deliberato nel febbraio 2022, con lo scoppio della guerra Nato-Russia,

  • ha impedito ai partiti e ad 8.000 soggetti non graditi – perché presunti filo-russi – di candidarsi,
  • ha sospeso la libertà di stampa,
  • ha manipolato gli elettori con finanziamenti “una tantum” sotto le elezioni, giunti dall’estero.

Cosa non va in tutto questo per dire che le elezioni non siano “democratiche” e valide?

L’OCSE lo ammette pure: « le restrizioni alla libertà di parola non sembrano proporzionate alle violazioni commesse ai sensi del diritto internazionale sui diritti umani » [1].

In particolare, spiega la stessa OCSE, « alla fine del 2022, sei emittenti televisive sono state sospese a causa di preoccupazioni sulla disinformazione e sul presunto controllo delle emittenti da parte di persone o aziende soggette a sanzioni internazionali [la Russia quindi, NdR]. Alla fine di ottobre di quest’anno altri sei canali sono stati sospesi e l’accesso a 73 siti web è stato bloccato per motivi simili, sebbene l’autorità nazionale di vigilanza sull’audiovisivo non avesse riscontrato che le emittenti televisive diffondessero disinformazione ».

Alexei Lungu, leader del partito moldavo “Șansă”, estromesso dal voto, non s’arrende: « nel rispetto della legge [avvieranno] azioni riguardanti l’equità delle elezioni in tutti i tribunali del paese » [2].

Non accetta le motivazioni addotte dal governo per l’esclusione dalle elezioni: « “finanziamenti illegali provenienti dalla Russia” e da “gruppi criminali”, senza presentare, ovviamente, alcuna prova o sentenza del tribunale », spiegano quelli di Șansă [3].

Ma tutto ciò non basta per incrinare le convinzioni di quell’Europa che della “democrazia” ha fatto un proprio Valore: José Ramón Bauzá Díaz, capo della delegazione del Parlamento europeo, commentando le elezioni [1], nulla ha detto in merito alle preoccupazioni OCSE. Anzi ha accusato la Russia di fomentare una « la guerra ibrida volta a destabilizzare le istituzioni democratiche Moldave ».

Ma forse il delegato europeo ha ragione: cosa non va? D’altro canto, di fatto, nei paesi dell’Unione Europea le elezioni si svolgono in clima poi tanto diverso?

Fonti e Note:

Credits: foto da sito Presidenza Moldavia.

[1] OCSE, 6 novembre 2023, “Moldova’s elections peaceful and efficient, but marred by sweeping restrictive measures amid national security concerns: international observers”.

[2] Șansă, 12 novembre 2023, “Partidul „ȘANSĂ”: Vom obține dreptate – este o chestiune de principiu”.

[3] Șansă, 3 novembre 2023, “Autoritățile au recurs la un act arbitrar fără precedent: exclud partidul “Șansă” din alegeri”.