Alcune settimane fa ci siamo occupati della situazione dei migranti a Ventimiglia intervistando il medico romano Carlo Pellegrino, da giugno presente all’ospedale di Bordighera, che ci ha dato un quadro della situazione attuale.

Ora ritorniamo sulla questione sentendo un altro medico, Gian Mario Palmero, da due anni in pensione, che essendo del luogo ci propone un racconto inevitabilmente più completo, andando indietro nel tempo. Gian Mario ha lavorato come medico di base per 43 anni e dal 2016 è impegnato a dare sostegno ai migranti che cercano di passare il confine con la Francia e sostano nella cittadina ligure.

“Ho iniziato nel 2016, quando si è verificato un nuovo flusso migratorio dopo il periodo delle primavere arabe. Di fronte all’aumento delle presenze mi sono attivato con altri colleghi e ad oggi riceviamo trecento persone al mese”.

Fondamentale è stato ed è tuttora l’ambulatorio della Caritas che sin dal 2017, con l’arrivo del primo treno da Milano con numerosi migranti, ha iniziato a lavorare a pieno regime. In precedenza con i medici volontari si era occupato dei senza fissa dimora, ma assistendo tre o quattro persone a settimana. In realtà Gian Mario si era già interessato alla questione dell’immigrazione, non dal punto di vista sanitario, quando nel 1994 da consigliere comunale della maggioranza che allora governava Ventimiglia si era dato da fare supportato dall’allora sindaco, anche lui medico.

“Abbiamo organizzato un campeggio, poi con la Croce Rossa, con le rivolte iniziate in Siria nel 2010,  abbiamo attrezzato un’ex caserma dei pompieri, soprattutto per tunisini e marocchini”. Dopo sette anni la presenza è aumentata e il parroco ha messo a disposizione la chiesa e poi, di fronte ai continui arrivi, i locali sotto di essa, dando vita di fatto ad un centro di accoglienza gestito da lui. Ad essere accolti in prevalenza famiglie e persone con fragilità.

“Il centro – racconta Palmero – si trovava di fronte al famoso ponte, ripreso spesso dalle tv, sotto un cavalcavia noto per essere diventato il posto dove i migranti si rifugiano, utilizzandolo come “alloggio”, da dove vengono cacciati  ripetutamente, per poi farci ritorno. Del resto vicino c’è il fiume e possono utilizzare l’acqua, seppure poco raccomandabile per la vicinanza delle fogne”.

Il posto è punto di riferimento anche per i passeur; l’attuale sindaco leghista ha cercato di vietarne l’accesso con una rete metallica che naturalmente non è servita a nulla.

Con la presenza sostanzialmente stabile dei migranti si è attivato un circuito di varie soggetti associativi laici e religiosi: oltre alla Caritas, i valdesi, Save the children, We world, Medici del mondo, Msf, quest’ultimi con cliniche mobili, un impegno fondamentalmente sul piano sanitario, mentre per quanto riguarda la solidarietà sul piano sociale c’è la Spes da cui è nata la locale Scuola di pace, oltre ai No borders. Quindi Ventimiglia in questi anni ha cambiato notevolmente volto e la cittadinanza, piuttosto anziana, ha dovuto farci i conti.

“L’atteggiamento è legato al numero degli arrivi, condizionato anche dalla situazione climatica. Certamente il fatto che quando esci nelle serate d’inverno l’unica presenza è quella dei migranti crea problemi. Si ritrovano alla stazione, nella zona del cavalcavia e ai giardini pubblici, anche se questi ultimi hanno i cancelli e a una certa ora vengono chiusi. Questo contesto crea timori e disagio tra la popolazione locale; vivendo in condizioni così pesanti, a volte i migranti possono alterarsi, spesso subiscono violenze dai passeur, che impediscono loro di prendere il treno per sfruttarli economicamente e portarli oltre confine a pagamento.. Mi è capitato un caso di accoltellamento proprio per questo motivo. Ci sono tensioni tra le varie etnie. Questi sono tutti motivi che creano paura tra gli abitanti di Ventimiglia, con un’età media piuttosto alta, anche se c’è chi comprende la situazione”.

Come abbiamo già visto nella testimonianza di Carlo Pellegrino, il sindaco a giugno ha chiesto di aprire un Cpr, rivendicandolo anche al raduno di Pontida, contrabbandando ai cittadini che così si sarebbe risolto il problema. Ha anche incassato un certo consenso, anche se, come rileva Palmero, “molti non sapevano neanche cosa fosse un Cpr”. Poi ci ha pensato il ministro Piantedosi a chiarire la questione: pochi giorni fa è arrivato in città ed ha detto che la struttura non si farà, in quanto nel contesto locale non sarebbe stato gestibile. “Il progetto del governo ne prevede uno per regione e quindi avrebbero dovuto convogliare altri migranti da tutta la Liguria”.

Sulla questione si sono mossi i partiti dell’opposizione, ponendo la questione sia sul piano dei diritti umani che su quello della sicurezza e delle conseguenze sul turismo.

Tornando all’attività dell’ambulatorio la nostra chiacchierata con Gian Mario Palmero termina sulle prospettive dell’attività di assistenza medica. “ Il lavoro andrà avanti, al momento siamo 7/8 medici. Il nostro problema più pressante è far avere il permesso sanitario temporaneo, cioè una specie di libretto sanitario della durata di sei mesi, le cui  modalità di rilascio cambiano da regione a regione. Da noi viene dato per il pronto soccorso, questioni igieniche, ginecologiche e gravidanze, per l’ambulatorio odontoiatrico.

E’ fondamentale per garantire un minimo di assistenza, anche se tra i medici è sconosciuto, seppure la collaborazione dalle strutture c’è, visto che i medicinali io li ritiro all’ospedale di Bordighera”.