Le agghiaccianti notizie che ci arrivano da Gaza fanno passare in secondo piano la guerra in Ucraina e tante tragedie recenti, come quella del sisma del 6 febbraio scorso in Siria e Turchia che fece oltre 57.000 morti e circa 12.000 feriti.

A nove mesi da quel sisma, la Caritas Italiana ha pubblicato il “Dossier Terremoto Siria – Turchia 2023” per ricordare tutte le vittime rimaste sepolte dalla furia del sisma e dalle macerie delle città distrutte e anche per dare conto dell’impegno di tanti, a partire dalle Chiese e dalle Caritas locali, che nelle zone terremotate hanno portato aiuti, incontrato i volti, ascoltato le storie e toccato con mano le sofferenze e le ferite di tante famiglie, di persone che continuano a sperimentare ogni giorno precarietà e disperazione.

Il terremoto di magnitudo 7,9 sulla scala Richter ha ucciso in Turchia circa 50.000 persone e ha causato lo sfollamento di più di tre milioni di cittadini. Il sisma è stato indicato come il più violento dal 1939. Nel quadro dell’azione politica e amministrativa centralizzata turca, l’opera di ricostruzione infrastrutturale procede a passi spediti, ma ha messo in evidenza la crescente frattura tra Ankara – e i suoi emissari regionali e le popolazioni locali, in particolare nella regione di Hatay, più esposta di altre a pratiche di espropri forzati di terreni agricoli per far posto alle aree su cui costruire le unità prefabbricate per ospitare gli sfollati.

Ha scritto Vergara Maria de Nazareth, suora del Verbo Incarnato e direttrice della Caritas in Turchia, che “il forte terremoto avvenuto quella mattina ha rivestito di un manto di doloroso terrore la vita di tante persone che hanno perso i propri cari, la casa, la salute, il lavoro, gli studi, i sogni e i progetti di vita. Il Paese era coperto di lutto. Come Caritas abbiamo vissuto questo momento in tutta la sua profondità, dato che molti dei nostri operatori nel Sud del Paese sono stati gravemente colpiti dal sisma, essendo allo stesso tempo coloro che hanno lavorato in prima linea per portare aiuti alle vittime – come loro stessi – della catastrofe.

In Siria invece il terremoto ha ucciso dalle 6.000 alle 8.000 persone ed è stato descritto come il più devastante da quello avvenuto ad Aleppo nel lontano 1822. Il sisma ha coinvolto più di sei milioni e mezzo di persone. Di queste, quattro milioni e 600mila abitavano, al momento delle scosse fatali, in aree fuori dal controllo governativo. Circa l’80% delle vittime si concentra nel Nordovest del Paese, nella regione di Idlib e in alcuni distretti di Aleppo e Latakia, da circa un decennio fuori dal controllo governativo di Damasco e sotto influenza diretta e indiretta della Turchia. I feriti sono stati almeno 12.000 e gli sfollati circa 600.000. Di questi, circa 450.000 hanno dovuto abbandonare le loro già precarie abitazioni nelle aree nord-occidentali sotto il controllo di milizie cooptate da Ankara. I restanti 150.000 sfollati si sono registrati nelle zone nord-occidentali siriane (Aleppo, Hama, Latakia, Tartus) formalmente controllate dal governo centrale.

Monsignor Antoine Audo, vescovo Caldeo di Aleppo, ha scritto: “Era la mattina del 6 febbraio quando 22 milioni di siriani aprirono gli occhi su una nuova fragile, spaventosa situazione; il sisma è stato per noi quella goccia disperata in grado di far traboccare il vaso della sopportazione del nostro popolo ferito dalla guerra, entrata ormai nel tredicesimo anno. Il conflitto, l’instabilità politica e la grave crisi economica e umanitaria sono stati seguiti da un disastro naturale che ha avuto effetti devastanti su molteplici livelli interconnessi. E per comprendere il peso straziante che ha schiacciato l’esausta società civile, dobbiamo esaminare la situazione da diverse angolazioni, soprattutto dal punto di vista economico e umanitario.

Dal Dossier emerge che 658.000 lavoratori in seguito al sisma non sono più in grado di guadagnarsi da vivere, 2,4 milioni le persone vivono ancora in alloggi temporanei e 800.000 in tende e container. A livello di danni strutturali si contano 311.000 edifici inabitabili e 15.000 da demolire. Il sisma ha aggravato la situazione della popolazione, che già vedeva il 90% delle famiglie incapace di soddisfare i propri bisogni primari; il 60% lamentava la mancanza di prodotti alimentari, il 52% la mancanza di elettricità e il 46% aveva bisogno di assistenza. Inoltre, le devastazioni causate dalla guerra hanno determinato lo sfollamento di 13,4 milioni di siriani e il terremoto ha colpito più duramente proprio i quartieri urbani maggiormente afflitti dalla povertà e con carenze di infrastrutture. Per esempio, da febbraio, nella sola Aleppo sono crollati 1.700 edifici e altri 13.200 sono stati evacuati per necessità di interventi strutturali.

Anche in questi giorni cupi di guerre e di terrore è necessario cercare di tenere lo sguardo sulle tante ferite aperte nel mondo, sulle popolazioni della Siria e della Turchia, che già prima dell’emergenza sismica vivevano in situazioni difficili e in contesti critici. Occorre accendere una luce sull’indifferenza per scongiurare che crolli in questi martoriati Paesi anche la speranza in un futuro migliore.

Qui per scaricare il dossier: https://www.caritas.it/wp-content/uploads/sites/2/2023/10/CARITAS_Dossier-Terremoto-Siria-Turchia_03_compressed_compressed.pdf.