Salute pubblica, chiamiamola privatocrazia sanitaria. Il percorso di privatizzazione della salute in Italia torna alla grande dopo la breve pausa pandemica, senza trovare alcun ostacolo. La situazione ha raggiunto livelli più che allarmanti: almeno il 60% dei fondi pubblici finisce in mano ai privati, in particolare per l’acquisto di servizi medici e farmacologici; più del 50% delle istituzioni sanitarie che si occupano di malattie croniche sono in mano ai privati, così come lo sono più dell’80% delle istituzioni di assistenza sanitaria residenziale. I tagli della prossima legge di bilancio assecondano questa metastasi”. Questo il monito di Nicoletta Dentico, ecogiornalista, esperta di cooperazione internazionale, salute e diritti umani, ex-Direttrice di Medici Senza Frontiere Italia con un ruolo importante nel lancio della Campagna per l’Accesso ai Farmaci Essenziali, cofondatrice dell’Osservatorio Italiano sulla Salute Globale (Oisg) e Direttrice del programma di salute globale di Society for International Development (Sid).

Avevamo il secondo sistema sanitario più bello del mondo, per l’Oms, fino al 2000. (…) Oggi, nel Paese che nel 2000 si collocava al secondo posto al mondo (dopo la Francia) per la qualità del servizio sanitario nazionale secondo l’Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms) – scrive Dentico – ci stiamo dirigendo neppure tanto lentamente nella paradossale direzione della privatizzazione della salute“.

Passata la stagione della sindemia da Covid-19 – che ha riempito la narrazione mediatica di appelli al “senso di comunità”, di “responsabilità individuale per il benessere collettivo”, di eccessiva colpevolizzazione di coloro che non stavano alle regole, di ricorso al fatidico “buonsenso” – oggi, nessuna risposta è arrivata dalla politica, dai più stratificati livelli di governance, aprendo nuovamente alla stagione dei tagli alla sanità pubblica del governo d’estrema destra di Giorgia Meloni, che si è verificato essere l’ennesimo governo neoliberista. “I tagli al comparto della salute fanno capolino già dalle prime bozze della legge di bilancio, in stupenda sintonia con le proiezioni del Fondo Monetario Internazionale (FMI), che prevede 143 Paesi sotto la morsa di nuove riforme di austerity entro la fine del 2023 (Ortiz e Cummins, 2022): l’85% della popolazione mondiale” scrive Dentico.

Stanno sempre più emergendo strutture private accreditate come l’apertura a Brescia e a Zingonia (Provincia di Bergamo) di un pronto soccorso privato, chiuso sabato e domenica, con il fine di poter accedere a cure di assistenza immediata a 149 euro a prestazione. Un vero e proprio “obbrobrio disumano e spietato” come l’ha definito Ezio Locatelli della Segreteria nazionale di Rifondazione Comunista. Tutto questo in un Paese come l’Italia in cui c’è una carenza di 70.000 medici negli ospedali italiani e in cui ci sono 11 milioni di persone (dati di Emergency) che rinunciano alle cure fondamentali perché non riesce ad arrivare alla fine del mese. “Un accesso ai servizi di emergenza che non dipende dai codici rossi, ma dai codici delle carte di credito e dei conti correnti bancari” che marginalizzano ulteriormente il bisogno socio-sanitario di milioni di persone. Non è mai esistito il “diritto alla salute a pagamento”.

L’Osservatorio GIMBE ha calcolato oltre 12 miliardi di sprechi e inefficienze, assorbiti da sovra e sottoutilizzo dei servizi sanitari, con prestazioni che sono fornite in assenza di un adeguato coordinamento, con crescenti disuguaglianze di accesso tra regioni, interne alle stesse regioni (fra aree urbane e rurali), fra popolazioni in stato di bisogno, con scarsa uniformità di protocolli, segmentazione di gestioni amministrative a cui si associano di volta in volta ricorrenti fenomeni di disinvestimento e riallocazioni di risorse (finanziarie e umane).” – scrive Dentico su La Repubblica – “La cronica mancanza di finanziamento alla sanità pubblica – una metastasi cui hanno contribuito con grande spirito di continuità i governi di ogni colore politico – si è saldata con la mancanza di programmazione e con la sostanziale assenza di un dialogo sociale in grado di coinvolgere le realtà interessate della società civile. Questo scenario ha prodotto danni incalcolabili e consegnato la sanità pubblica al privato sociale (che ne ha fatto un progettificio per la gestione delle crescenti marginalità) e al privato profit che ne ha fatto territorio sconfinato di profitto”.

Secondo Dentico, la causa di tutto ciò sta nella riforma neoliberista del Capitolo V della Costituzione: “Una forte spinta a queste dinamiche di decostruzione del servizio sanitario nazionale è venuta dalla devolution sanitaria scaturita dalla riforma del Capitolo V della Costituzione, una classica ricetta neoliberista somministrata da decenni in tutto il mondo contro ogni realistica evidenza, precisamente con lo scopo di erodere ogni capacità politica dei governi in ambito sanitario. Le esternalità negli esiti di salute sono immense. In Italia, lo abbiamo registrato con la pandemia, la regionalizzazione è stata uno dei fattori di più acuta debilitazione della risposta italiana all’inatteso virus SARS-CoV-2. Il dato relativo alla fragilità strutturale derivante dalla regionalizzazione della salute in Italia era stato prontamente identificato nel primo rapporto dell’Oms sull’impatto del nuovo coronavirus, relativo all’Italia, pubblicato il 13 maggio 2020 e rimosso solo dopo 24 ore dal sito Oms”.

La salute pubblica, universalista e gratuita, è la via maestra.” – scrive Dentico – “Non si può trattare su questa materia. L’alternativa è una disumanizzazione che non ha nulla a che vedere con la salute e la sostenibilità, se non quella degli affaristi privati che senza scrupoli ne approfittano, anche in Italia”.