A che punto si trova la proliferazione nucleare?

Innanzitutto un richiamo : già nel 1946 gli Stati Uniti, allora gli unici a possedere armi nucleari, avevano proposto alle Nazioni Unite il “piano Baruch”, inteso a porre l’energia nucleare sotto il controllo internazionale per lottare contro la proliferazione nucleare. L’URSS, che stava sviluppando una propria bomba, aveva rifiutato questo progetto sospettato di consacrare il monopolio americano sulle armi nucleari.

Nel 1949 l’URSS effettuò il suo primo test nucleare, seguita dal Regno Unito nel 1952, dalla Francia nel 1960 e dalla Cina nel 1964.

Tutto ciò portò alla stesura del TNP, il Trattato di Non Proliferazione nucleare, entrato in vigore il 5 marzo 1970 e prorogato a tempo indeterminato nel 1995.

Il TNP ha posto fine alla proliferazione? Questo è quello che cercheremo di vedere…

Nel corso degli anni e delle Conferenze di revisione del TNP, è diventato sempre più chiaro che gli Stati detentori di armi nucleari non intendono rispettare il loro impegno di negoziare “in buona fede” un vero processo di disarmo (Articolo VI). Inoltre, dal 2015 nessuna di queste conferenze di revisione ha prodotto un consenso tra i partecipanti e la conferenza di quest’anno (la prima sessione del comitato preparatorio per l’undicesima conferenza di revisione del TNP), fatto senza precedenti, non ha nemmeno accettato la relazione finale proposta dal suo Presidente a titolo personale! (è stata considerata solo come un semplice “documento di lavoro” in mezzo agli altri).

In effetti, il TNP ha permesso di rallentare il processo di proliferazione, ma non lo ha fermato: 3 Stati hanno rifiutato di aderire al TNP e si sono poi dotati di armi nucleari: l’India nel 1974, il Pakistan nel 1998, Israele intorno al 1967(*). Poi, nel 2006, si è aggiunta la Corea del Nord, dopo essere uscita dal TNP nel 2003. Va notato che uno Stato, il Sud Africa, ha aderito al TNP nel 1991 dopo aver smantellato il suo arsenale nucleare.Oltre a questi 4 Stati, potrebbero aggiungersene altri, tra cui l’Iran, l’Arabia Saudita, il Giappone e la Corea del Sud: naturalmente ciò dipenderà dall’evoluzione della geopolitica nei mesi e negli anni futuri.

Innanzitutto l’Iran che, in seguito alla rottura dell’accordo di Vienna del 2015 da parte di Donald Trump nel 2018, ha ripreso l’arricchimento dell’uranio naturale in uranio fissile (U235) almeno fino al livello del 60%, il che significa che la soglia del 90% circa per la produzione delle bombe nucleari potrebbe ora essere raggiunta abbastanza rapidamente: oramai è soprattutto una questione di scelta politica. Inoltre l’Arabia Saudita, che ha finanziato il programma nucleare militare del Pakistan negli anni ’90, è molto preoccupata per l’avanzamento del programma nucleare iraniano, che potrebbe spingerla a sviluppare un programma equivalente con l’aiuto tecnologico del Pakistan (un “ritorno dell’ascensore”). Il Giappone, la cui costituzione pacifista, fin dalla sua sconfitta nel 1945, prevede una “rinuncia per sempre alla guerra”, di fronte alle nuove minacce (reali o almeno avvertite) provenienti dalla Corea del Nord e dalla Cina, e sotto la pressione del suo alleato USA, ha deciso un importante programma di riarmo, che prevede un aumento del 60% del bilancio della difesa per i prossimi 5 anni (2023-2027).

Quanto al nucleare militare, il Giappone si “accontenta” per il momento di rimanere sotto l'”ombrello” degli USA e dispone di una forma di “deterrenza nucleare tacita” grazie ai suoi impianti nucleari civili che, del resto, hanno già permesso di produrre diverse centinaia di chilogrammi di plutonio ad uso militare e di uranio altamente arricchito che hanno poi consegnato agli Stati Uniti. Nella Corea del Sud, il presidente Yoon Seok-yeol ha recentemente formulato, in seno al suo governo, l’auspicio che gli USA installino delle armi nucleari tattiche di fronte alla crescente minaccia della Corea del Nord… senza escludere la possibilità di produrle in modo autonomo. Inoltre, circa il 70% dell’opinione pubblica, sempre meno fiduciosa nell’“ombrello nucleare” degli USA, si dice favorevole a tali scenari.

In conclusione, le dottrine di deterrenza nucleare sono intrinsecamente proliferanti : infatti, l’affermazione che il possesso di armi nucleari è essenziale per la sicurezza di uno Stato implica automaticamente che anche tutti gli altri Stati del mondo debbano possederle! Questo è il principale “motore” della proliferazione nucleare. Inoltre, il fatto che gli Stati dotati di armi nucleari  modernizzino costantemente i loro arsenali nucleari aggrava ulteriormente la proliferazione nucleare.Ora, per garantire la sicurezza umana è necessario realizzare esattamente il contrario: come ha giustamente affermato Gorbaciov, “ogni Stato deve contribuire alla sicurezza di tutti gli altri”.Luigi Mosca ——*Cfr. Israël et la bombe di Avner Cohen (Éditions Demi-Lune, 2020) : i servizi di sicurezza israeliani hanno fatto di tutto per impedirne la pubblicazione.