I manifestanti per i diritti dei lavoratori degli hotel del Sud California hanno inviato una  lettera alla famosa cantautrice Taylor Swift. Solidale con molte battaglie per i diritti civili, lo fu anche nel 2017 con due lavoratrici di un hotel di Los Angeles (LA) oggetto di molestie sessuali. Ad essa si sono rivolte, con una lettera aperta pubblicata sul Los Angeles Times del 27 luglio e visibile per intero sul sito del Sindacato, 50 lavoratrici degli hotel del Sud California, in sciopero da inizio luglio, chiedendole di postporre i suoi concerti a LA di questi giorni, che potrebbero essere il tour di maggior incasso di tutti i tempi. Allo stato attuale, non è noto se la cantante abbia espresso una qualche solidarietà.

Cara Taylor,

ci piaci perché sei una donna forte e coraggiosa. I tuoi concerti portano un sacco di soldi agli hotel dove lavoriamo, ma non c’è alcun ritorno per noi. Dopo la pandemia, gli alberghi hanno aumentato i carichi di lavoro e diminuito le paghe. Non troviamo alloggio vicino al lavoro, così molte di noi dormono in auto tra un turno e un altro. Stiamo lottando per le nostre vite in modo da guadagnare un salario per sopravvivere! Faremo sciopero. Stai dalla nostra parte! Posticipa i tuoi concerti!

Dopo la manifestazione del 22 giugno di donne e uomini che lavorano negli hotel, in gran parte latinos, e dei loro supporter nella comunità e nelle Istituzioni, durante il cui sit-in di fronte all’aeroporto internazionale di LA sono state arrestate quasi 200 persone, e il successivo accordo provvisorio con un solo hotel cittadino, il Westin Bonaventure, la local 11 del Sindacato UNITE HERE ha indetto lo sciopero di 32.000 dipendenti di una sessantina di hotel. Così come deciso col voto degli iscritti.

Dopo i primi 3 giorni di sciopero, in concomitanza con la festa del 4 luglio, gli hotel hanno assunto lavoratori sostitutivi (come possono fare per legge). Una seconda ondata di scioperi si è svolta dal 10 luglio presso Disneyland e l’aeroporto, ed una terza il 20 luglio a Hollywood e Pasadina. UNITE HERE Local 11 ha promesso prossimi scioperi negli hotel delle contee di Los Angeles e Orange.

Oggi il contratto prevede un minimo orario di 20 dollari per le donne delle pulizie e di 22 per lavapiatti e cuochi. La richiesta contrattuale è di un aumento immediato di 5 dollari l’ora e di 3 dollari l’ora per gli anni successivi. Una retribuzione che consenta di vivere dove si lavora, non a chilometri di distanza, alla ricerca di appartamenti meno cari. Mentre gli affitti di Los Angeles, tra i più alti della Nazione e spesso di 2.000-3.000 dollari al mese, impongono il doppio lavoro o la coabitazione, anche di colleghi che utilizzano il letto a seconda dei turni dell’altro. Oppure, peggio ancora, il dormire in macchina durante i giorni lavorativi. Il costo di un alloggio sta ulteriormente aumentando, e così pure gli sfratti per l’impossibilità a pagarlo, mentre le protezioni per gli affittuari stabilite durante la crisi Covid sono state via via eliminate. Il Sindacato ha sostenuto durante le trattative l’imposizione di una tassa del 7% sugli ospiti che soggiornano in hotel onde finanziare l’alloggio della forza lavoro, nonché l’uso di camere d’albergo vacanti per ospitare temporaneamente i senzatetto, che crescono sempre di più.

Inoltre, approfittando del ritorno in attività dopo il picco della pandemia, in molti hotel sono stati riassunti solo una parte dei licenziati, costringendo il personale rimasto a carichi di lavoro molto più pesanti. Dunque è necessario anche un aumento degli organici.

Su tutti questi argomenti la trattativa si è arenata.

La lettera alla cantante non è stata però l’unica spedita: 16 esponenti del clero californiano hanno scritto all’Associazione proprietari di alberghi chiedendole di negoziare un contratto equo e anche di assumere lavoratori neri, che sono sottorappresentati nel personale degli hotel rispetto alla loro presenza nella popolazione. Pure 25 deputati californiani sono intervenuti sulla questione.

UNITE HERE ha infatti accusato gli hotel Laguna Cliffs Marriott e Fairfield Inn di non assumere lavoratori neri a tempo pieno, per chiedere poi, soprattutto a loro, di prestarsi al ruolo di sostituti degli scioperanti (la normativa prevede che le aziende possano assumere crumiri nel caso di scioperi come quelli di stipulazione del contratto di lavoro). Il Sindacato ha chiesto di integrare poi a tempo indeterminato questi lavoratori temporanei afroamericani assunti durante gli scioperi.

Durante lo sciopero è emersa anche una questione riguardante l’uso delle tecnologie per le assunzioni di personale temporaneo. Uno degli hotel, il Laguna Cliffs, che ha camere fino a 2.000 dollari a notte, ha utilizzato l’App Instawork per contrastare la manifestazione sindacale. Uno  dei chiamati al lavoro, un afroamericano, si è trovato di fronte al picchetto e, memore dei suoi trascorsi sindacali, si è unito allo sciopero. L’App lo ha allora automaticamente cancellato da tutti gli altri lavori per cui aveva dato la propria disponibilità. Il Sindacato ha identificato almeno sei hotel che utilizzano Instawork per assumere crumiri e ha presentato una denuncia per violazione dei diritti contro Instawork al National Labour Relations Board (NLRB), l’agenzia federale che vigila sulle norme a tutela del lavoro. Nello stesso hotel del licenziamento tramite App, è avvenuta anche un’aggressione ad un’organizzatrice sindacale e la direzione dell’hotel si è rifiutata di identificare l’ospite violento. In risposta alla due questioni emerse al picchetto, il Sindacato ha indetto il successivo lunedì un ulteriore sciopero. Anche il NLRB, con una nota dell’ottobre scorso, aveva posto all’attenzione dei legislatori il pericolo che “strumenti di gestione algoritmica interferiscano con l’esercizio dei diritti della Sezione 7”. Quella che garantisce il diritto allo sciopero.

L’uso senza regole delle nuove tecnologie è anche attualmente al centro dello sciopero contemporaneo dei lavoratori del cinema e della televisione negli studios di Hollywood (e di New York) che coinvolgono da quasi 3 mesi 11.500 sceneggiatori e dal 14 luglio 160.000 attori. L’incontro del Sindacato sceneggiatori con la controparte, svoltosi il 5 agosto dopo 3 mesi di stallo, si è rivelato inutile. Una delle questioni in ballo è appunto l’utilizzo di forme di intelligenza artificiale, che riducono il lavoro umano e potrebbero tendere poi, senza una normativa di tutela, progressivamente a sostituirlo, riducendo i posti di lavoro di attori, sceneggiatori, comparse e addetti alle mansioni dietro la camera da presa.

Per fortuna però ci sono ancora persone in carne e ossa con dignità e inventiva. Come i giovani sceneggiatori che marciano sotto il sole da giorni e giorni di fronte ai cancelli dei ricchissimi studi di produzione, o le vigorose donne latine addette alla pulizia delle camere di albergo. Le quali, indossando la camicia rossa del Sindacato e dotate di cartelli bilingui (in inglese e spagnolo), usano i fischietti, percuotono tamburi, secchi, pentole e padelle e gridano slogan nel picchetto di fronte alle porte girevoli di uno degli hotel che rifiuta il rinnovo del contratto: “Sheraton, escucha! Estamos en la lucha”. “Sheraton, ascolta! Noi siamo in lotta!”.

Fonti:

https://www.unitehere11.org/

Helen Li, Hotel workers near LAX walk out in second wave of strikes e Hotel workers kick off third wave of strikes in Hollywood, Los Angeles Times, 10.7 e 20.7

Alex N. Press, Southern California Hotel Workers Are on Strike Against Automated Management, Jacobin, 28.7

Marc Wutschke, A Third Wave of Strikes Crests at Los Angeles Hotels, Labor Notes, 31.7

Jenny Brown, Hotel Workers Strike against Scab Staffing App and Anti-Black Racism, Labor Notes, 1.8