Francisco Gentico, volontario della Ong catalana Proactiva Open Arms, ha testimoniato all’udienza odierna del processo in cui Matteo Salvini è accusato di sequestro di persona e rifiuto di atti d’ufficio per aver bloccato in mare 147 migranti salvati dalla nave Open Arms nell’agosto del 2019.

“Per prima avvistammo una barca di legno sovraccarica, con a bordo 55 persone” ha raccontato Gentico. “Quando ci siamo avvicinati ci hanno mostrato i bambini e abbiamo visto 15-16 donne e 20 minori. Nessuno era al comando del barcone, che girava in tondo. Non c’erano giubbotti di salvataggio, solo pneumatici e faceva molto caldo. Uno dei bambini, tutti piccolissimi, non stava bene”.

I naufraghi vennero portati sulla Open Arms. Poche ore dopo fu soccorso un gommone mezzo sgonfio, con a bordo 69 persone. “Le persone erano sui bordi con le gambe a penzoloni, c’erano due donne incinte e due bimbi, uno dei quali stava male” ha continuato Gentico.

Il 9 agosto avvenne un terzo soccorso. “Ricevemmo una segnalazione di una barca in zona Sar maltese. Il mare era agitato. La ricerca fu molto lunga, a bordo c’erano 39 persone, in maggioranza magrebini. I migranti stavano male, vomitavano e uno mostrava la gamba dicendo che l’avevano ferito con una pistola. Seguimmo la stessa procedura delle altre volte, ma siccome il mare era mosso in molti, tra cui anche noi soccorritori, ci sentimmo male. Ci dissero che avevano bevuto acqua di mare“.

Una volta trasferiti i naufraghi a bordo della Open Arms, la situazione si fece sempre più drammatica. “I profughi soccorsi erano sul ponte dell’imbarcazione. C’erano due bagni e donne e bambini erano separati da una striscia di plastica. Finché avevamo a bordo 120 persone la situazione tutto sommato era sotto controllo, ma poi con l’ultimo salvataggio le cose si fecero difficili. Per fare un po’ d’ombra avevamo messo una copertura di plastica, che ovviamente non proteggeva dal calore. Quando poi il mare era mosso i migranti si bagnavano. Avevamo poca acqua, che cercavamo di tenere da parte per berla, non sapendo per quanto tempo saremmo rimasti in mare.

A un certo punto facemmo rotta per Lampedusa e le persone cominciarono a festeggiare, perché non sapevano che non si poteva entrare in porto. Restammo davanti all’isola per cinque giorni. Nel frattempo a bordo col passare del tempo le condizioni fisiche e psichiche delle persone cominciarono a peggiorare. Alcuni avevano la scabbia e tutti erano disperati perché non potevano scendere e comunicare con le famiglie. Addirittura a uno fu fatto il funerale perché i parenti temevano fosse morto.  

Prima di arrivare a Lampedusa una persona ci chiese della carta; fecero dei cartelli e cominciarono una manifestazione pacifica chiedendo di poter entrare in Europa. Poi alcuni cercarono di fare uno sciopero della fame, anche se noi tentavamo di dissuaderli visto che le loro condizioni erano precarie. Vedendo la terra vicina poi in quattro si buttarono in acqua per raggiungerla a nuoto. Quando li riportammo a bordo, gli altri cominciarono a picchiarli. C’era una situazione di isteria, eravamo fuori controllo. I migranti temevano di essere riportati in Libia“.

Il soccorritore argentino naturalizzato italiano Mauro Di Si, che ha testimoniato dopo Gentico, ha confermato la sua drammatica descrizione. “Quando siamo arrivati davanti all’isola di Lampedusa la situazione a bordo era molto tesa, avevamo navigato per molto tempo e le persone erano tutte bagnate. Non solo, lo spazio sulla barca era molto ridotto e c’era tensione a bordo”, ha raccontato.

L’attore Richard Gere deporrà il 6 ottobre come teste di parte civile al processo in corso a Palermo. Nell’agosto del 2019 era in vacanza in Italia, affittò un’imbarcazione e portò viveri e acqua ai 147 migranti bloccati a bordo della Open Arms.

Le prossime udienze del processo si terranno il 15 settembre, il 6 ottobre, il 20 ottobre, il 24 novembre, il 1° dicembre e il 22 dicembre.