InTER, New Social Initiative, Aktiv e ACDC hanno redatto una lettera che riflette i sentimenti e le esigenze della comunità serba del Kosovo in questo momento.
Questa lettera, sottoscritta da oltre 150 serbi del Kosovo, esprime preoccupazione per le misure repressive del governo del Kosovo e delle forze speciali di polizia. Condanna la violenza, invita al dialogo e chiede il ritiro delle unità speciali di polizia, il ritiro dei rappresentanti illegittimi e il dispiegamento di forze di mantenimento della pace.

Profondamente preoccupati per le misure repressive e aggressive adottate dal governo del Kosovo e per il comportamento delle forze speciali di polizia nel nord del Kosovo, che potrebbe portare a conseguenze imponderabili per la pace e la sicurezza dei cittadini e distruggere le prospettive a lungo termine di riconciliazione e convivenza tra albanesi e serbi in quest’area;
Condannando tutte le forme di violenza commesse contro cittadini, giornalisti e membri delle forze di sicurezza nel corso dei recenti avvenimenti, e sottolineando che i problemi politici non possono e non devono essere risolti attraverso azioni di polizia ma piuttosto attraverso mezzi costruttivi e al tavolo del dialogo;
Tenendo presenti le lezioni apprese dalla storia in virtù delle quali un apparato istituzionale sotto il controllo di un’unica comunità etnica non può e non deve governare la vita di altre etnie, perché la democrazia nelle società post-conflitto e multi-etniche richiede una giusta divisione del potere e delle competenze, nonché il rispetto dei diritti umani e delle libertà fondamentali. Certamente non prevede comportamenti aggressivi da parte delle strutture di sicurezza e delle istituzioni pubbliche controllate dalla comunità maggioritaria nei confronti delle minoranze etniche;
Sottolineando che la convivenza tra albanesi e serbi può essere costruita solo su un fondamento di fiducia e di rispetto reciproco, e non attraverso la repressione, la violenza e la disumanizzazione, a cui la comunità serba è sottoposta quotidianamente, a partire dalle dichiarazioni di alti funzionari fino ai resoconti degli organi di informazione e alle campagne negative sui social media;
Richiamando l’attenzione sul fatto che i serbi in Kosovo, sia come comunità che come singoli, sono quotidianamente esposti a tentativi di delegittimazione, disumanizzazione, additamento e criminalizzazione. Ciò avviene sia durante le apparizioni pubbliche dei funzionari governativi, sia durante gli incontri con i rappresentanti internazionali, dove le legittime posizioni della comunità serba del Kosovo vengono presentate come strumentalizzate dal governo della Serbia, tentando così di screditarle agli occhi dei partner internazionali e del pubblico;
Sottolineando che la democrazia non si costruisce con elezioni svolte in container mobili, o con chi ricopre cariche pubbliche ma non ha alcuna legittimazione popolare, e tuttavia intende governare comunque cittadini appartenenti ad altre comunità etniche, con il potere delle armi e della repressione poliziesca;
Sottolineando che il buon governo e lo stato di diritto non coincidono; mentre lo stato di diritto può essere delineato dall’intelligenza artificiale, il buon governo è un processo molto più complesso e molto più delicato che richiede capacità di leadership;
Tenendo presente che il governo del Kosovo e le sue istituzioni violano quotidianamente i diritti costituzionalmente garantiti della comunità serba, non attuano le decisioni emesse dalla Corte costituzionale e non adempiono agli obblighi assunti durante il processo di dialogo con la Serbia;
Riaffermando non solo il nostro impegno a condurre una vita dignitosa in quest’area, alla convivenza e al rispetto reciproco con gli albanesi e tutte le altre comunità etniche, ma anche il nostro orgoglio per noi stessi, per la nostra storia, per la nostra chiesa e per il nostro patrimonio culturale e religioso;
Volendo credere alla sincerità delle dichiarazioni rese dai rappresentanti della comunità internazionale, in particolare quelli dell’Unione Europea e del Quintetto (Stati Uniti, Gran Bretagna, Francia, Germania, Italia), quando sottolineano il loro sostegno alla multietnicità e alla convivenza pacifica tra le comunità etniche in Kosovo;
Noi sottoscritti, membri della comunità serba di tutte le regioni del Kosovo, siamo uniti nelle richieste che rivolgiamo ai rappresentanti dell’Unione Europea, degli Stati Uniti d’America, della Germania, della Francia, dell’Italia e della Gran Bretagna. A loro rivolgiamo le nostre richieste perché riteniamo che siano gli unici attori in grado di mantenere la pace in Kosovo, e di esercitare pressioni sul governo di Albin Kurti affinché attui le misure di seguito delineate, necessarie per garantire la pace, e creando le condizioni per l’attuazione dell’accordo sulla normalizzazione recentemente raggiunto:
• Il ritiro di tutte le unità speciali di polizia dal nord del Kosovo perché la loro presenza viola gli articoli 128 e 61 della Costituzione del Kosovo e l’articolo 9 dell’Accordo di Bruxelles firmato nel 2013. Il comportamento della polizia genera paura e turbamento nella popolazione locale. L’assenza di una reazione adeguata al loro dispiegamento nel nord su terre violentemente e ingiustificatamente confiscate ha trasmesso un messaggio negativo che la militarizzazione di quest’area è consentita.
• Che i rappresentanti politici degli albanesi del Kosovo, che non hanno la legittimità democratica per rappresentare qui le comunità locali, lascino gli edifici municipali e altri edifici pubblici nei centri amministrativi nel nord del Kosovo. Chiediamo, inoltre, che gli attuali dipendenti delle amministrazioni locali possano accedere senza ostacoli ai loro uffici fino allo svolgimento di nuove elezioni.
• Il dispiegamento di unità KFOR ed EULEX nel nord del Kosovo con l’obiettivo di mantenere la pace fino al ritorno incondizionato dei serbi locali alla polizia, che deve includere anche forti garanzie per il rispetto delle competenze della Direzione regionale della polizia – Nord, competenze che sono definite dall’Accordo di Bruxelles, e che sono state erose da decisioni emesse dal Governo del Kosovo a partire dalla fine del 2021;
• L’attuazione dell’articolo 7 dell’Accordo sulla normalizzazione che garantisce il diritto all’autogoverno delle comunità serbe in Kosovo e che formalizza lo status della Chiesa ortodossa serba;
• La formazione della Comunità dei Comuni a maggioranza serba in conformità con l’Accordo di Bruxelles firmato nel 2013 e i principi di base per la formazione della Comunità dei Comuni a maggioranza serba del 2015;
• Dopo aver adattato il quadro giuridico per la formazione della Comunità, lo svolgimento di elezioni democratiche nei Comuni del nord del Kosovo e la creazione delle condizioni per il ritorno libero e incondizionato dei serbi alle istituzioni;
• L’attuazione della decisione raggiunta dalla Corte costituzionale nel maggio del 2016 che conferma la proprietà di 24 ettari di terreno del monastero di Visoki Dečani;
• La risoluzione di tutti i casi di attacchi contro i serbi e le loro proprietà, compresa l’espropriazione illegale di terreni e i recenti incidenti durante i quali sono state utilizzate armi da fuoco da membri delle forze di sicurezza del Kosovo, nonché il rafforzamento delle misure di sicurezza nelle aree abitate dai serbi in Kosovo;
• La fine della demonizzazione della comunità serba durante le apparizioni pubbliche del presidente del Kosovo, del primo ministro del Kosovo e di altri alti funzionari governativi della comunità albanese.
Quei Paesi che hanno riconosciuto il Kosovo con la promessa di lavorare per costruire una società multietnica e democratica e hanno speso anni a favorire l’affermazione della sua indipendenza, hanno un obbligo storico e morale nei confronti dei serbi che vi abitano. Il nostro futuro dipende dalla vostra determinazione e il mantenimento della pace in Kosovo dipende dalla rapidità delle vostre azioni. La storia ricorderà il corso che sarà intrapreso. Vi chiediamo di essere responsabili e fedeli ai valori democratici in società multietniche e plurali su cui poggia la civiltà occidentale.
Name and Surname/ Institution, organization, or profession/ Location
1. Dragiša Mijačić / InTER / Zubin Potok
2. Jovana Radosavljević / New Social Initiative / Leposavić
3. Milica Andrić Rakić / New Social Initiative / Zubin Potok
4. Miodrag Milićević / Aktiv / North Mitrovica
5. Dušan Radaković / ACDC / North Mitrovica
6. Miroslav Ivanović / retired judge / North Mitrovica
7. Nenad Todorović/ theatre director / North Mitrovica
8. Ljubomir Pantović / lawyer / North Mitrovica
9. Professor Nebojša R. Mitić PhD / professor at the Medical Faculty of UP / North Mitrovica
10. Professor Biljana Jaredić PhD / Zvečan
11. Momčilo Trajković / president of the Serbian National Forum / Gračanica
12. Prim. dr Zvonko Radosavljević /head of surgery University hospital of North Mitrovica/Leposavić
13. Professor Igor Damjanović PhD / drama professor, Faculty of Arts of UP / Beograd, displaced
14. Aleksandar Arsenijević / president of Civc Initiative Serbian survival / Zvečan
15. Radmila Kapetanovic / Kolo srpskih sestara / Zubin Potok
16. Jasmina Živković Jovanović / Association of the families of missing persons – Štrpce/Štrpce
17. Goran Avramović / editor RTV Kim / Gračanica
18. Predrag Miljković / lawyer / North Mitrovica
19. Zorica Vorgučić / editor RTV Kim / Gračanica
20. Darko Dimitrijević / editor Radija Goraždevac / Goraždevac … … …

L’appello e la lista completa dei firmatari sono pubblicati sui siti delle organizzazioni promotrici:

https://acdc-kosovo.org/vesti/appeal-for-peace

http://www.lokalnirazvoj.org/en/News/details/210

https://newsocialinitiative.org/statement/appeal-for-peace

https://ngoaktiv.org/en/news/appeal-for-peace-2