L’Istruzione pubblica è il terzo capitolo della trilogia sul neoliberismo, dopo PIIGS (sulle tragiche conseguenze dell’austerità nel welfare) e C’era una volta in Italia – Giacarta sta arrivando (sulla desertificazione della sanità pubblica). Ne parliamo con i registi e ideatori Federico Greco e Mirko Melchiorre. 

Intanto la scelta del crowdfunding, che diventa una sorta di azionariato popolare, ce la potete spiegare?

Si, abbiamo deciso di optare per questa soluzione perché i nostri film, per le tematiche che affrontano e per il fatto che siamo una piccola realtà produttiva, difficilmente riescono a ottenere finanziamenti pubblici. La raccolta fondi dal basso è una soluzione che adottammo già con il nostro primo documentario PIIGS. All’epoca fu utile per finalizzare il film e ci permise di chiudere la post produzione. Questa volta proviamo a fare il percorso inverso e i primi finanziamenti li utilizzeremo per iniziare la produzione. Purtroppo la prima fase della campagna crowdfunding è terminata pochi giorni fa e non ha raggiunto l’obiettivo che ci eravamo prefissati, quindi a breve proveremo a partire con una nuova campagna. Spesso le persone non hanno idea dei costi che ci sono e di quanto possa costare produrre un film; purtroppo al momento con quello che abbiamo ricavato non riusciamo a partire con le riprese.

Welfare, sanità istruzione sono i cardini di una società democratica, ma sembra che il capitalismo li veda come fonte di buoni affari. Sono questi a vostro avviso i temi cruciali per un cambiamento sociale radicale?

Si, dobbiamo ripartire da questi 3 pilastri: Welfare, Sanità e Istruzione. Non ci sono vie d’uscita per scardinare questo sistema neoliberista. Per questo, dopo Piigs e C’era una volta in Italia, sentiamo la necessità di chiudere questa Trilogia sul Neoliberismo con il terzo capitolo sull’Istruzione Pubblica.

Voi sottolineate sempre che volete fare film e non documentari: come si articola questa volta la vostra scelta?

No, in realtà è diverso, noi riteniamo di fare film documentari e non reportage. In Italia c’è molta confusione su cosa sia un documentario. Purtroppo negli anni è stato relegato a mero prodotto televisivo stile reportage giornalistico o reportage naturalistico. Ma è molto di più. Il reportage oggettivo, freddo a noi non interessa. Quando diciamo che facciamo film intendiamo che, all’interno della macro inchiesta giornalistica, raccontiamo anche delle storie di persone che lottano con tutte le loro forze per ribellarsi ad un sistema che li ha derubate dei loro diritti, dei sogni e spesso anche della loro dignità. Questa narrazione è il cuore dei nostri film, quella che incolla gli spettatori allo schermo, che commuove, che scuote e fa incazzare. Questo per noi è cinema.

Nei vostri tour la presenza del pubblico è sempre attiva: come contate questa volta di interfacciarvi con le realtà sociali legate alla tematica dell’istruzione?

Si, con i nostri film precedenti siamo sempre riusciti a coinvolgere persone, comitati e associazioni sensibili alle tematiche che affrontavamo. Queste realtà sono poi diventate il motore della distribuzione del film, perché poi si sono attivate su tutti i territori nazionali per organizzare proiezioni e dibattiti. Ci auguriamo di replicare la formula anche con questo nuovo film.

L’apporto di questi attivisti è fondamentale anche in fase di produzione. Già in fase di ricerca è importante entrare in contatto con realtà che quotidianamente si battono sul territorio e che vivono sulla loro pelle le criticità del sistema. Nei prossimi giorni inizieremo una serie di incontri con diverse associazioni, professori e studenti per ascoltare storie e testimonianze.

Per noi questa è la fase più importante e delicata del lavoro. E’ qui che si mettono le fondamenta del film.