Perseguitato per le sue poesie, scambiato come un prigioniero di guerra, Jan Taksyur è finalmente libero. Il famoso poeta ucraino dissidente, arrestato per la critica al governo e il sostegno alla Chiesa ortodossa ucraina (UOC), il 24 maggio è stato condannato dal tribunale distrettuale Shevchenkovsky di Kiev. Nonostante l’età e le condizioni critiche di salute, il giudice Marina Antonyuk ha disposto una pena a 12 anni di carcere con la confisca di metà dei suoi beni per “alto tradimento”, in base all’articolo 111 del codice penale dell’Ucraina. Lo riferisce il canale di Telegram Pershiy Kozatsky, con cui collaborava.  

La sentenza è stata tempestiva. La SBU, infatti, lo ha immediatamente scambiato con soldati ucraini catturati dalla compagnia privata Wagner nella battaglia per Bachmut. 

Il 25 maggio 2023 sono tornati in Ucraina 106 uomini delle forze armate, tra cui 8 ufficiali e 98 soldati, oltre ai corpi di due combattenti di nazionalità statunitense e turca. Le autorità di Kiev hanno consegnato alla Federazione Russa un numero attualmente sconosciuto di prigionieri russi ed un civile ucraino: Jan Taksyur. 

Giovedì sera il canale Politnavigator ha diffuso il video del suo arrivo a Lugansk. 

“La malattia è molto più facile della prigione”, è stato il suo primo commento, rilasciato a Ria Novosti. Taksyur, infatti, è malato di cancro. 

Il crimine del poeta di 71 anni è stato quello di aver messo in ridicolo e criticato le autorità di Kiev nelle sue liriche e nella sua attività giornalistica. Inoltre denunciava la persecuzione religiosa della UOC. Le sue opere erano state pubblicate a partire dal 2016 con lo pseudonimo di Ivan Pechernikov. Il 10 marzo 2022, in seguito ad una delazione, l’SBU lo aveva arrestato. Per quasi sei mesi è stato nel centro di detenzione dei servizi di sicurezza, impossibilitato a ricevere assistenza legale e medica. La figlia di Taksyur, Mariko, si è rivolta a Zelensky chiedendo di liberare e salvare così suo padre. Tuttavia, allo scrittore malato era stato negato il trasferimento agli arresti domiciliari. Ad agosto è stato finalmente rilasciato dietro il pagamento di una cauzione di 1,2 milioni di grivne. Nel settembre 2022 è stato operato a causa di un cancro. Mariko ha detto che il caso di suo padre è stato “inventato frettolosamente, con molti errori” ed è stato “processato per dissenso”. Pershiy Kozatsky scrive che la scelta se accettare uno scambio non è stata facile:

“La giustizia nel suo caso è stata semplicemente esclusa in questo momento storico. Restava da seguire il principio e accettare la morte certa: le condizioni di reclusione per il malato di cancro Jan Taksyur, recentemente sottoposto a un’operazione difficile, significherebbero un aggravamento quasi garantito e morte o acconsentire a uno scambio. Incapace di ottenere giustizia, Yan ha scelto la vita e la libertà. Ci auguriamo che il nostro Paese trovi altri modi più nobili per restituire i nostri prigionieri rispetto allo scambio di ucraini con ucraini riconosciuti come «sbagliati»”.

In una delle opere per cui è stato condannato, dal titolo “Banderamon e Patrimon, nella terra dei Pokemon senza paura”, Taksyur sbeffeggiava la trovata ucraina di rappresentare il collaborazionista nazista Stepan Bandera ed il poeta Taras Schevchenko sotto forma di personaggi dei Pokemon.  La poesia si può leggere qui: https://mydozor.ru/archives/2016/08/14/bandermon-i-patrimon-v-krayu-nepuganyx-pokemonov/

La data della pubblicazione satirica risale all’agosto del 2016, diversi anni prima dall’escalation bellica in Ucraina. Sono state esattamente opere come questa a costargli la condanna per tradimento che arriva ad orologeria, poco prima di uno scambio di prigionieri di guerra. I dissidenti per le autorità di Kiev diventano così una specie di “fondo di riserva” per gli scambi di detenuti. Una cosa del genere era accaduta ad autunno con il rilascio di Viktor Medvedechuk, l’oligarca vicino a Putin e leader del secondo partito di Ucraina. Successivamente sono stati scambiati due sacerdoti ucraini con una cinquantina di soldati, secondo quanto affermato dal capo dei servizi di sicurezza Vasyl Malyuk. C’è da chiedersi in che modo un Paese democratico, in cui vigono le garanzie di  uno Stato di diritto, possa considerare un proprio cittadino alla stregua di un prigioniero di guerra straniero solo per le proprie convinzioni politiche, religiose o per la propria produzione intellettuale.