Correva l’anno 1974, era un 25 aprile e a Tolentino, cittadina in provincia di Macerata si teneva la tradizionale manifestazione con i vari esponenti dei partiti, ma con una presenza assai illustre: l’allora Presidente della Camera Sandro Pertini, socialista,  autorevolissimo rappresentante della Resistenza partigiana, che pochi anni dopo sarebbe diventato Presidente della Repubblica. Noi giovani estremisti di sinistra eravamo ormai soliti  fischiare l’esponente democristiano di turno e lo facemmo anche in quell’occasione, suscitando la sdegnata reazione di chi presentava dal palco. Pertini non ebbe remore a schierarsi dalla nostra parte, con un’affermazione che ci rimase dentro il cuore: “Liberi fischi in libera piazza”.

Questo ricordo giovanile mi è tornato alla mente leggendo le reazioni indignate di fronte alla contestazione di attiviste del movimento femminista e non solo, nei confronti della Ministra Roccella al Salone del Libro di Torino di qualche giorno fa. Commentatori (presunti autorevoli), nonché l’attuale Presidente della Repubblica, evidentemente molto diverso dal mitico Pertini, indiscutibilmente il più amato nella storia del nostro Paese, hanno fatto a gara nel sottolineare come sia fondamentale rispettare l’opinione altrui e consentire un corretto svolgimento del confronto.

Sulla dinamica dell’accaduto già militanti presenti al Salone hanno chiarito come si sono svolti i fatti: non si è impedito a “un’autrice” di parlare del suo libro, ma si è contestato con forza un rappresentante governativo che anche in questa occasione non ci ha pensato un attimo nel provocare con affermazioni smentite dai fatti. Le statistiche sulla cosiddetta “obiezione di coscienza” dei medici nei confronti della legge 194 sono ampiamente documentate.

La cosa insopportabile è che queste pelose e ipocrite indignazioni sono fatte in un contesto in cui la voce dei movimenti e di chi esprime una narrazione altra rispetto a quella che quotidianamente ci viene propinata da televisioni e giornali (tolte alcune lodevoli eccezioni che si contano a fatica sulle dita di una mano) sono sistematicamente ignorate o relegate ai margini, o ancora peggio travisate e mistificate.

Forse questi paladini della “libera espressione”, personaggi  istituzionali e non, dovrebbero avere il pudore di tacere. In ogni caso possono sempre andare a consultare la posizione in classifica dell’Italia per quanto riguarda il livello della nostra informazione: 41° posto.