#ObjectWarCampaign riguarda anche i cittadini bielorussi e esorta l’Ue a facilitare il diritto d’asilo a obiettori e disertori dei tre paesi.
ROMA – Rifiutarsi di imbracciare il fucile rientra tra i diritti sanciti dalla Convenzione Universale dei diritti dell’Uomo, che si applica anche in tempo di guerra, ma non solo tale diritto non è riconosciuto in Russia, Ucraina e Bielorussia, ma nell’Unione europea fatica ad essere applicato quando si tratta di accogliere i rifugiati in fuga da questi tre Paesi. E’ questa la denuncia portata avanti da #ObjectWarCampaign, una campagna internazionale che in Europa ha raccolto dal 21 settembre scorso quasi 50mila firme, che stamani sono state consegnate dai delegati delle organizzazioni promotrici alle sedi diplomatiche di Mosca, Kiev e Minsk in Italia.
All’agenzia Dire Zaira Zafarana del Fellowship of Reconciliation (Ifor), tra le organizzazioni promotrici della campagna, spiega il senso dell’iniziativa: “Ieri, 15 maggio, in occasione della giornata internazionale per l’obiezione di coscienza, abbiamo consegnato le nostre firme alla Commissione europea affinché l’Ue rispetti l’obbligo di dare protezione e asilo a obiettori e disertori. Oggi invece consegniamo il nostro appello alle ambasciate di Russia, Ucraina e Bielorussia affinché non sia più discriminato chi rifiuta di combattere”.
La Campagna è stata lanciata da Ifor insieme a War Resisters’ International, European Bureau for Conscientious Objection (Ebco) e Connection e.V., e in Italia è sostenuta da Giuristi Democratici, Movimento Internazionale della Riconciliazione, Un Ponte Per, Movimento Nonviolento, Pax Christi, Pressenza, Centro Studi Sereno Regis, Conferenza Nazionale Enti per il Servizio Civile e Caritas italiana. I rappresentanti di queste ultime associazioni hanno aderito all’atto simbolico, recandosi stamani alle tre sedi diplomatiche a Roma, distanti circa un quarto d’ora a piedi l’una dall’altra.
In tutti e tre i casi, con stupore i militari dell’Esercito italiano a presidio degli edifici hanno accettato di contattare le autorità diplomatiche e farsi portavoce della consegna di una busta, contenente copia dell’appello. Mentre l’Ambasciata russa autorizzava la delegazione ad inserire il documento nella cassetta postale, da quella ucraina usciva un funzionario in abiti militari per accettare il plico personalmente. Solo quella bielorussa ha permesso ai rappresentanti di varcare il portone della sede per consegnare la lettera ai funzionari.
‘DIFFICILE ESERCITARE IL DIRITTO ALL’OBIEZIONE’
A seguire, i delegati hanno brevemente esposto bandiere della pace e la rispettiva cartolina indirizzata ai tre Paesi. In particolare, al governo di Mosca si legge la richiesta di “fermare la guerra di aggressione” e “liberare i militari detenuti”. Anche a quello di Kiev si domanda di riconoscere il diritto all’obiezione, ma anche di rilasciare Vitaly Alekseenko, un cittadino ucraino condannato lo scorso 23 febbraio a un anno di carcere per essersi rifiutato di combattere. “Dall’aggressione russa- riferisce ancora Zafarana- è stato sospeso il diritto all’obiezione, così chi si rifiuta di andare al fronte viene criminalizzato e processato”. Quanto a Russia e Bielorussia “non riusciamo ad ottenere informazioni” dice l’esperta di Ifor, che chiarisce: “sappiamo però per certo che è difficile per una persona che rifiuta di arruolarsi esercitare il proprio diritto all’obiezione“. In Russia in particolare, “il problema principale è che manca a livello giuridico una forma di sevizio civile alternativo. Mesi fa, la Corte costituzionale russa ha anche riconosciuto il diritto a rifiutare le armi per ragioni di coscienza”.
RUSSI IN FUGA VERSO PAESI DA CUI RISCHIANO L’ESTRADIZIONE
Il risultato di questa situazione è che tanti russi, bielorussi e ucraini cercano di lasciare il proprio Paese: “Abbiamo notato- osserva l’esperta- che i russi fuggono a sud, verso Kazakistan, Azerbaigian o Georgia, paesi in cui a un cittadino russo non è richiesto il visto d’ingresso, come invece accade nei Paesi Ue. Di contro, il governo russo può ottenere l’estradizione di queste persone, che sono quindi costrette a cercare asilo in Ue”. Ma come per russi, ucraini e bielorussi “l’asilo in Europa è complesso. Molto spesso le persone non dichiarano di essere obiettrici perché esiste uno stigma contro di loro. Eppure esercitano il diritto alla vita sancito dalla Convenzione di Ginevra. La nostra Campagna sensibilizza su questo tema”.
IL CASO ALEKSEENKO, CITTADINO UCRAINO CONDANNATO A UN ANNO
Un lavoro che Un Ponte Per conduce anche in Ucraina, come dice ancora alla Dire il fondatore dell’ong, Fabio Alberti: “All’interno dell’Ucraina sosteniamo le associazioni che curano la difesa delle persone a processo per aver rifiutato di andare a combattere. Il prossimo 25 maggio la Corte suprema rivedrà il caso di Alekseenko e auspichiamo nel suo rilascio: sarebbe un passo importante soprattutto per gli altri ucraini sotto processo, di cui non si hanno stime esatte ma dovrebbero essere qualche centinaio” conclude Alberti.
La campagna #ObjectWarCampaign esorta infine le autorità europee ad adottare le stesse misure di protezione che scattarono per obiettori e disertori all’epoca della guerra nell’ex-Jugoslavia, nonché a tener fede all’impegno assunto dal Parlamento europeo almeno per quelli di nazionalità russa e bielorussa, contenuto in una risoluzione adottata il 16 febbraio scorso, a ridosso del primo anno dall’inizio delle ostilità.