Il missionario originario di Verona alla Dire: “Repressione dopo morte rapper ribelle”.

Si dicono “giovani rivoluzionari” e come slogan hanno scelto “Povo no poder”, che in italiano vuol dire “potere al popolo” ed è il titolo di una canzone del rapper Edson da Luz, in arte Azagaia, “lancia” in portoghese. Lui, il musicista, nato in Mozambico ma noto in tutta l’Africa lusofona, dall’Angola a Capo Verde, è morto il mese scorso all’età di 38 anni. Si è riferito di un attacco di epilessia, ma i suoi familiari e tanti fan non sono convinti che sia andata così: Azagaia era autore di hit anti-corrotti come ‘Povo no poder’ o ‘Vampiros’, che accusavano il governo.

A marzo, per dirgli addio, migliaia di persone si sono riversate in strada a Maputo e anche in altre città dell’ex Africa lusofona, compreso Capo Verde, il Paese del quale era originaria la madre del musicista. Nella capitale mozambicana la polizia anti-sommossa è intervenuta con cariche e gas lacrimogeni per impedire che il corteo funebre si avvicinasse a Ponta Vermelha, il palazzo presidenziale.

Ad alimentare tensioni e sospetti è il fatto che fosse stato proprio Azagaia, anni fa, a mettere in guardia sui social network dalla tesi di una sua morte naturale. “Vi forniranno prove, ma non credeteci” aveva scritto nel 2014, aggiungendo: “Potere al popolo”.

A Maputo al corteo funebre è seguita una nuova manifestazione, il 18 marzo. L’intervento delle forze dell’ordine, con feriti e arresti, è stata la scintilla per la nascita di un movimento che si autodefinisce rivoluzionario ed è citato a volte come “Geracao 18 marco”, generazione 18 marzo.

Di una morte che ha “risvegliato” i giovani, “ora protagonisti”, parla don Silvano Daldosso, sacerdote “fidei donum” originario di Verona, in Mozambico per 15 anni. “Azagaia era ascoltato da milioni di ragazzi” sottolinea il missionario, in un’intervista nella redazione dell’agenzia Dire: “Denunciava la corruzione delle elites e chiedeva di ribellarsi all’ingiustizia, anche contro il partito che è al governo”. Secondo don Daldosso, la notizia della morte del rapper ha subito alimentato sospetti e accuse, anche da parte di associazioni impegnate nella difesa dei diritti umani.

“Il corteo funebre era stato autorizzato, ma la polizia è intervenuta in modo violento, preventivamente, usando lacrimogeni e picchiando nonostante la manifestazione fosse autorizzata e pacifica”. Nei giorni scorsi abusi nei confronti dei dimostranti sono stati denunciati anche da organizzazioni internazionali, come ad esempio l’americana Human Rights Watch.

A Maputo il contesto è segnato dall’avvicinarsi delle elezioni amministrative di ottobre e poi di quelle politiche, previste nel 2024. Uno dei nodi riguarda la possibilità di una candidatura di Filipe Nyusi, capo dello Stato prossimo alla fine del suo secondo mandato. Le critiche dei giovani di Geracao 18 marco investono nel complesso il suo partito, quel Frente de Libertacao de Mocambique (Frelimo) che guida il Paese dall’indipendenza dal Portogallo conquistata nel 1975.

Una delle fonti di ispirazione del rapper Azagaia era Samora Machel, primo presidente della Repubblica e riferimento storico del Frelimo, una formazione in origine di matrice marxista-leninista e rivoluzionaria. Politica e musica si incontreranno ancora lunedì prossimo. Come riferisce la rivista ‘Nigrizia’, i ragazzi di Geracao 18 marco hanno chiesto ai mozambicani di accendere una candela alle otto della sera applaudendo per un minuto dai balconi o dai terrazzi di tutte le case e ripetendo tre volte l’inno di Azagaia: “Povo no poder’.

 

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