Ieri a Venaus si è tenuto un seminario sul metodo Freire promosso dal coordinamento docenti Valsusa e da Studio Kappa

Al seminario ha presenziato l’Assessora Catia Plano, con deleghe, tra le altre,  alla Cultura e Istruzione, Politiche di accoglienza e integrazione sociale, Politiche di genere e pari opportunità.

La Valsusa si conferma un’interessante fucina di sviluppo del pensiero critico, forse la più interessante d’Italia.

Paulo Freire, pedagogista Brasiliano, ha elaborato un metodo educativo basato sulla presa di coscienza della propria condizione sociale al fine di far parte di una presa di coscienza collettiva e mediante processi di auto organizzazione costruire una lotta sociale a vantaggio della collettività.

Un processo attuato mediante il dialogo, mirato a rendere gli oppressi consapevoli della propria condizione e degli strumenti con i quali possono liberarsene, senza diventare a propria volta oppressori.

Nei processi rivoluzionari, Cina e URSS lo hanno dimostrato, il potere, dopo la rivoluzione, è diventato a propria volta oppressivo, andando a intaccare in misura sempre maggiore i diritti dell’individuo.

La domanda tuttavia importante è: in Italia c’è un oppressore?

In particolare dal Governo Monti in poi, dalla tenaglia imposta dall’Europa sul debito pubblico, il senso di oppressione è notevolmente aumentato, al punto tale da permettere alle destre di cavalcarlo e diffondere una  deteriore cultura sovranista che “liberasse” il “popolo” dal maglio delle restrizioni economiche europee, che grazie alle politiche imposte anche dai successivi Governi italiani, ha prodotto un processo di costante impoverimento dei cittadini.

In Valsusa, in particolare, si è poi attuata una sempre più dura risposta al contrasto di molti dei cittadini che si oppongono all’impatto ambientale provocato dal progetto – rimasto ancora tale – di costruzione della linea Tent-t Torino Lione, soprannominata “il Tav”.

La sensazione è che i NoTav vivano un senso di oppressione dovuto alla decisione di realizzare il progetto, che loro avversano, e che continua imperterrita da parte dello Stato nonostante dopo trent’anni non si sia steso un centimetro di rotaia, nonostante quest’opera sia notevolmente controversa. La Francia ha anch’essa forti opposizioni interne alla costruzione della nuova linea, anche l’Europa ha un atteggiamento quanto meno “ondivago”, con uno scollamento tra dichiarazioni, fatti e soprattutto linee e stanziamenti di finanziamento.

Il senso di oppressione, da ciò che appare, è fortemente acuito dalla certamente durissima risposta dello Stato al movimento, con una notevole dislocazione di forze dell’ordine e una pesantissima mano giudiziaria. Nell’ultimo processo il capo 1 d’imputazione per gli attivisti NoTav è di associazione a delinquere (art. 416 c.p.), peraltro derubricato dalla Cassazione per ciò che riguarda l’adozione delle misure cautelari, per le quali gli avvocati hanno potuto attuare un’opposizione dato l’iter giudiziario pre-processuale. Il 416 è certo sorprendente, in parole semplici: non hanno rapinato banche o avviato un traffico di droga, si tratta, indubbiamente, di attività politica.

Il coordinamento docenti della Valsusa è stato in prima linea nei confronti di una controversa perquisizione, avvenuta all’Istituto Ferrari di Susa da parte dei Carabinieri .

Non sembra quindi un caso che proprio a Venaus ci sia stato questo seminario su un metodo educativo rivolto proprio a sviluppare pratiche di libertà.

Di fatto gli appelli alla Costituzione, nella quale sono sanciti i diritti dei cittadini, e l’invocazione sempre più frequente della parola “resistenza”, che peraltro provengono da tutto il Paese, sono il termometro di un disagio sempre più diffuso.