Leggo quasi casualmente, in una rivista online, che il canale televisivo norvegese TV2 da come molto probabile la possibilità che l’attuale segretario generale della NATO Jens Stoltenberg, allo scadere del suo mandato, diventi il nuovo capo del Fondo Monetario Internazionale.

Una specie di incredibile salto mortale che magari di primo acchito può fare pensare ad una notizia non vera. Poi però riflettendoci, ci si rende conto che ”l’essere vero” ha poco senso rispetto a qualcosa che non è ancora successo, e che viene ipotizzato solo come possibile. Più propriamente allora bisogna chiedersi se la notizia sia “verosimile”, che è cosa molto più significativa della stessa verità, come sapevano bene i Sofisti, già quasi duemila e cinquecento anni fa, quando sostenevano che “Il sembrar vero è più importante dell’essere vero”. La verità in effetti ha spesso bisogno solo di una semplice verifica empirica, mentre il verosimile implica una coerenza logica e fattuale del possibile con la complessità del mondo che ci circonda.

Il fatto è che guidare la NATO implica ovviamente e prioritariamente scelte di natura politica che hanno poco a che fare con l’esecuzione tecnica, affidata ai generali e alla loro capacità di portare morte e distruzione in giro per il mondo, nel modo (per così dire) “più efficace” possibile. Alla stessa maniera guidare il FMI significa scegliere dove la finanza del ricatto del debito deve prioritariamente colpire. Ci penseranno poi economisti e banchieri a gestire tutti i “passaggi tecnici” per mettere sul lastrico e inguaiare interi popoli (Grecia docet). Ed in effetti, a conferma di tutto questo, si da il caso che Stoltenberg sia un politico di lungo corso, per tanto tempo leader del Partito Laburista Norvegese (a proposito: Ma i laburisti si considerano ancora di “sinistra”?).

Non c’è dunque nessun salto mortale. Al contrario, il possibile passaggio dalla NATO al Fondo Monetario Internazionale ha qualcosa di emblematico e, in qualche modo, di chiarificatore sullo stretto rapporto che c’è in questa fase storica tra la guerra e la finanza, o meglio tra la guerra e la rapina. 

E’ ormai noto praticamente a tutti gli studiosi radicali e marxisti, come il capitalismo si riproduca attraverso cicli fondati sul rapporto produzione distruzione. La rapina che sta alla base delle dinamiche del modo di produzione capitalista, e che Marx chiamava “accumulazione primitiva”, si ripresenta alle origini di ogni ciclo con lo scopo di mettere in moto la produzione e l’estrazione di plusvalore. Quando poi l’accumulazione giunge ai suoi limiti ed il processo di valorizzazione entra in crisi, inevitabilmente si apre una fase di distruzione fondata sulla rapina e sulla guerra al termine della quale si apre (o dovrebbe aprirsi) una nuova fase di espansione produttiva. 

La guerra è sempre stata al centro della storia, ma nella nostra epoca, a partire dalle guerre imperialiste dell’ottocento, ha assunto un nuovo ruolo che la rende inscindibile dai cicli economici. A partire però dagli anni ottanta i cicli sembrano essersi arenati in una sorta di crisi permanente e senza via d’uscita, che non sia la sua stessa capacità di riprodursi come continua rapina e appropriazione violenta, e di cui l’affermazione delle logiche neo liberiste e il dominio incontrastato della finanza sembrano essere i dati più emblematici. Guerra e finanza sono dunque le due facce della stessa medaglia, o se volete uno stesso personaggio demoniaco che semplicemente si cambia d’abito a seconda delle circostanze. 

Le future vicende che potrebbero coinvolgere Stoltenberg sono dunque del tutto logiche, ed anzi fortemente emblematiche, come d’altra parte anche quelle che potrebbero interessare Mario Draghi, che non a caso, molti vedrebbero volentieri alla guida dell’Alleanza Atlantica, proprio al posto del politico norvegese. Tutto insomma quadra perfettamente. 

C’è tuttavia ancora un piccolo tassello da mettere a posto. L’Alleanza Atlantica è una organizzazione di parte nello scacchiere bellico della geopolitica globale. Al contrario il Fondo Monetario Internazionale si pretende come una struttura super partes di regolazione globale dei flussi e degli assetti monetari e finanziari. Questo riguarda anche la differenza tra la guerra, in cui lo scontro è dichiarato e “fragoroso”, e la finanza dove tutto è più subdolo e apparentemente più complicato. Non c’è tuttavia alcun dubbio che il passaggio dello stesso personaggio dalla guida della NATO a quella del FMI rappresenterebbe (anche in senso simbolico) una chiara vittoria dell’Occidente ed una implicita e forte conferma del Dollaro quale moneta dominante a livello globale. In questo caso tuttavia non si potrebbe escludere una reazione del “fronte opposto”, rappresentato oggi nella sua generalità dai paesi del BRICS (Brasile, Russia, India, Cina e Sud Africa), che potrebbero rompere la piramide finanziaria, anche con la possibile creazione di una nuova moneta di scambio globale. La conseguenza sarebbe una militarizzazione della finanza ed un netto prevalere dei modi e delle logiche della guerra nell’ambito dei rapporti internazionali.