Una sentenza del TAR da ragione ai produttori del riso di Baraggia: non si può fare una discarica di amianto nello stesso posto dove si coltiva una produzione di origine protetta.

Siamo ancora nel basso Biellese, là dove la life company lombarda A2A insiste a presentare a ripetizione progetti di inceneritori. Il paese in questo caso, quello della discarica di amianto oggetto della sentenza del TAR, si chiama Salussola, sulla direttrice per Biella a pochi chilometri da Cavaglià. Là dove A2A ha il suo polo tecnologico per il trattamento dei rifiuti.

L’area è già stata intensamente sfruttata per cave e discariche tanto che solo un anno e mezzo fa il sito del Movimento Valledora riportava questi numeri:

Tra Cavaglià e Borgo d’Ale, Alice Castello, Santhià e Tronzano contiamo 8 discariche, 30 milioni di metri cubi cavati a profondità da 27 a 47 metri, sei impianti di trattamento rifiuti (selezione plastiche, rifiuto solido secondario), due impianti per il trattamento del rifiuto organico senza contare che sono in programma due nuove discariche per i rifiuti Rsu e speciali (già autorizzate) e una collina di amianto alta circa 15 metri in zona Brianco, a Salussola. Una situazione insostenibile se a questi impianti va ad aggiungersi anche un inceneritore

La buona notizia di ieri che viene riportata sulla pagina FB di Salussola Ambiente e Futuro è “che il TAR ha accolto il ricorso presentato dal Consorzio del Riso D.o.p. di Baraggia biellese e vercellese contro la discarica di amianto, con una sentenza che è inequivocabile e che avrà come prevedibile conseguenza la vittoria anche degli altri tre ricorsi.” Già perché la vicenda si trascina da anni, e vede coinvolti la società Acqua e Sole, sempre lombarda, che vuole realizzare la discarica di amianto, i già citati consorzio e comitato, alcuni produttori della zona e Legambiente Biella, che si oppongono all’opera.

Esattamente 3 anni fa, in questo periodo, sfilavamo in più di duemila per le vie di Biella a dire che questa discarica, che si staglierebbe per un’altezza di almeno 15 piani nel bel mezzo di una piana risicola, appunto, non ci garba affatto.

Il Tar ci sta dando ragione, ed è una buona notizia!

La pessima, invece, è quella di due settimane fa: A2A ripresenta il progetto per un inceneritore a Cavaglià. E’ ancora in fase di valutazione preliminare, ma incombe.

E noi, vogliamo ribadirlo: abbiamo già dato, ci meritiamo un altro futuro.

I numeri che ci piacciono sono quelli del continuo aumento dei passaggi di camminatori sulla Via Francigena e sul Cammino d’Oropa. Percorsi che passano proprio nei pressi delle discariche e dell’area della ex Zincocelere dove A2A vuole fare il nuovo inceneritore. Quest’anno hanno portato più di 3.000 persone, più di 10.000 pernottamenti, generando una spesa di almeno 700.000 euro. Un importo che si somma alla spesa degli anni precedenti, portando l’indotto totale dal 2019 ad oggi a circa 1,5 milioni di Euro.

I sapori che vogliamo sono quelli dei prodotti del territorio come quello del riso di Baraggia il cui consorzio ha vinto il ricorso contro la discarica di amianto proprio nell’area dove viene prodotto questa Denominazione di Origine Protetta unica in Italia.

Ma non è l’unica eccellenza della zona, abbiamo anche la DOC di Erbaluce, un uva bianca che dà un vino molto particolare. Ed è in costante crescita la produzione biologica, solo nel raggio di 15 km da dove vogliono fare l’inceneritore ci sono almeno 50 aziende che hanno già preso questa strada.

Abbiamo molto da fare per promuovere e valorizzare, è assurdo dover ancora perdere tempo e quattrini dietro a progetti che di questa terra vogliono solo fare buche da riempire di rifiuti e inceneritori che servono solo ad arricchire gli azionisti delle società quotate in borsa.

Non siamo ‘esternalità’ dei piani aziendali, siamo cittadini e pretendiamo che ci sia una gestione pubblica del territorio, non la sua cessione ai soli interessi privati.

I numeri dicono che siano neutrali, noi però sappiamo quali vogliamo siano moltiplicati.