Le premesse c’erano tutte, proprio un anno fa avevo diffuso la notizia dell’aria mefitica che tirava negli ambienti militari statunitensi (https://www.pressenza.com/it/2021/11/il-pentagono-sbarra-a-biden-la-revisione-della-strategia-nucleare/): quando ancora non c’era la guerra in Ucraina e l’opinione pubblica non aveva i riflettori accesi sulla minaccia di una guerra nucleare. Che peraltro pendeva sulle nostre testa da 20 anni, come il Doomsday Clock del Bollettino degli Scienziati Atomici non si stanca di predicare! (https://www.pressenza.com/it/2022/01/doomsday-clock-2022-a-che-punto-e-la-notte-lalba-sembra-ancora-lontana/). Ma fino a pochi mesi fa la gente non sembrava percepire l’allarme! L’opinione pubblica sembra procedere per ondate emozionali più che per motivi razionali.

Vale la pena osservare che appena un paio di giorni fa Biden aveva denunciato il pericolo dell’arsenale nucleare cinese (https://www.defenseone.com/policy/2022/10/chinas-nuclear-arsenal-will-become-existential-threat-us-biden-administration-declares/379013/): <<Per sette decenni, la politica degli Stati Uniti in materia di armi nucleari si è concentrata in gran parte su una sola nazione il cui arsenale rappresentava una minaccia esistenziale: La Russia. Giovedì, l’amministrazione Biden ha aggiunto la Cina a questo elenco. … Nei prossimi anni per la prima volta dovremo dissuadere due grandi concorrenti dotati di armi nucleari, la Russia e la Cina.>>

E questo allarme sul fronte nucleare faceva il paio con il circostanziato contenuto di un articolo dello scorso 27 ottobre sull’edizione online di Foreign Affairs, la più influente rivista di geopolitica americana, a firma di Thomas Mahnken, che siede nell’attuale National Defense Strategy Commission: “Può l’America vincere una nuova Guerra Mondiale?”1. L’articolo traccia il programma concreto e preciso della prossima guerra contro Russia e Cina, indicando le forme del riarmo necessario per affrontarla e delineandone le strategie sul teatro europeo e del Pacifico.

Ma, guarda ancora le coincidenze, il 29 ottobre vi è stato il ferale annuncio che la Polonia si è offerta di ospitare testate nucleari USA, e sostiene che la NATO dovrebbe rinunciare a quanto fu stabilito nell’accordo NATO-Russia del 19972: cioè che non si potessero schierare ulteriori forze permanenti della NATO in Europa orientale.

Si può aggiungere un quarto elemento di allarme: la decisione di anticipare entro quest’anno la sostituzione delle testate B61 schierate in Europa (in Italia nelle basi italiana di Ghedi e americana di Aviano) con le più moderne ed efficienti B61-12, che era programmata per il 2023.

Insomma, un accumulo di notizie inquietanti, che la Nuclear Posture Review di Biden non dissipa, ma piuttosto aggrava3.

Un “lungo futuro dell’arsenale nucleare statunitense”!

Insomma, c’erano tutte le premesse per non aspettarsi una Posture Review (NPR) orientata ad eludere proposte di disarmo nucleare e obiettivi di No-first-use. Fra i primi commenti autorevoli Joe Cirincione4 presidente dello Ploughshares Fund, ex Direttore per la Non-Proliferazione del Carnegie Endowment for International Peace dal titolo significativo “L’incapacità di rivedere la posizione nucleare dell’America”, apre con l’affermazione lapidaria:

<<L’NPR di Biden adegua la politica e i programmi nucleari ai margini, senza apportare modifiche significative ai bilanci e ai dispiegamenti del Pentagono. Ha avallato decine di programmi di armi nucleari che costeranno, secondo le stime, 634 miliardi di dollari in questo decennio. […] Includendo in questa stima i programmi di difesa missilistica, i programmi di armamento aggiunti dopo il rapporto del Congresso e l’inflazione prevista, il costo potrebbe arrivare a quasi 1.000 miliardi di dollari a decennio per diversi decenni a venire. Ciò include il proseguimento della produzione di un nuovo missile terrestre a lungo raggio, affrettata negli ultimi mesi dell’amministrazione Trump, senza esaminare alternative meno costose e meno pericolose alla sua produzione. Solo questo progetto potrebbe costare complessivamente 264 miliardi di dollari.>>

Nei frangenti drammatici nei quali ci troviamo non è certo un’attenuante che <<Questo fallimento non è esclusivo di Biden. Ogni presidente nell’era nucleare si è battuto per controllare le armi che si suppone siano sotto la sua unica autorità. Ciò è dovuto principalmente al fatto che la posizione nucleare degli Stati Uniti non è una risposta razionale a una minaccia esterna. È guidata da coloro che vedono la superiorità nucleare come uno strumento di potere globale, da coloro che usano la sicurezza nucleare come una questione di parte e da quelle potenti corporazioni di armi che realizzano vasti profitti dalla produzione, commercializzazione e manutenzione di questi arsenali mortali.>>

Mi risuona un articolo dello stesso Cirincione di qualche mese fa5 che sottolineava come negli ultimi due decenni si sia <<spostato il Pentagono dal budget basato sulle minacce a un budget basato sulle capacità. Cioè, ci procureremmo armi in base al tipo di capacità che potremmo schierare, piuttosto che se fossero specificamente necessarie in quel momento per contrastare una particolare minaccia. Prepararsi all’incertezza è diventato il mantra degli appalti. […] L’inclinazione verso la creazione di capacità piuttosto che le forze basate sulle minacce aumenta con le stime esagerate delle minacce che dobbiamo affrontare.>> E su un aspetto particolarmente attuale ed allarmante proseguiva: <<Lo stesso vale per la Cina? Penso di sì. Ogni arma nell’arsenale è ora giustificata dalle affermazioni che può aiutare a contrastare la Cina. Ma quanto ci serve davvero? La Cina, a sua volta, vede i nostri schieramenti come minacce che deve contrastare? E cosa li stiamo contrastando dal fare? Si tratta di impedire loro di attaccare Los Angeles o di contenere la Cina in aree a poche centinaia di miglia dalle sue stesse coste? Come afferma senza mezzi termini il professor Bruce Jentleson della Duke University, “La minaccia cinese viene gonfiata in modi che, come la minaccia sovietica nella Guerra Fredda e il terrorismo dopo l’11 settembre, sono controproducenti per la strategia di politica estera e distorcono la politica interna in pericolosi modi.”>> Mi sembra che queste osservazioni aiutino a capire l’impostazione della NPR di Biden.

E infatti, riprende Cirincione commentando la NPR, <<La questione è complicata da un processo che dà a coloro che sono più interessati a continuare i programmi nucleari l’autorità di scrivere la politica che regola queste armi. Il Pentagono controlla la penna. Biden sembra aver concluso che è troppo costoso in termini politici lottare per le sue opinioni, che includono ripetute dichiarazioni che gli Stati Uniti non hanno bisogno di usare un’arma nucleare per primi. Ha lasciato che fosse il Pentagono a dettare la sua strategia, piuttosto che sfidare una burocrazia che si oppone a qualsiasi modifica degli attuali programmi e della dottrina.>>

Ovviamente, rileva un altro commento6, la NPR di Biden quasi ritualmente <<Afferma l’obiettivo di un mondo senza armi nucleari, la necessità della diplomazia per raggiungere tale obiettivo contro le sfide del momento e l’opportunità di ridurre il ruolo delle armi nucleari nella strategia di sicurezza nazionale degli Stati Uniti>>, e <<A prima vista, potrebbe incoraggiare chiunque sia alla ricerca di progressi nel controllo degli armamenti, nel disarmo e nella non proliferazione, tutti temi che ricevono ripetuti impegni espliciti nel testo.>>

<<Tuttavia, per quanto riguarda gli aspetti che contano, la NPR si impunta [digits on his heels] e traccia la rotta per un lungo futuro dell’arsenale nucleare statunitense.>> Un esempio significativo che viene portato riguarda un dibattito che dura da anni sulla vulnerabilità dei missili balistici intercontinentali basati a terra (ICBM): <<un punto focale per i sostenitori negli ultimi anni, quando gli Stati Uniti si sono imbarcati in uno sforzo di modernizzazione da 300 miliardi di dollari nonostante il consenso degli esperti sul fatto che gli ICBM siano una vulnerabilità strategica. La NPT afferma che il programma [di deterrenza strategica basata a terra] è l’opzione a più basso rischio e costo per la forza [cioèla componente degli ICBM], nonostante la mancanza di valutazioni credibili dei costi per la modernizzazione e le profonde preoccupazioni sugli effetti destabilizzanti di questa forza.>>

Un altro aspetto correlato riguarda la denuncia che viene mossa da molto tempo dei rischi costituiti dallo stato di allerta e lancio su allarme (launch on warning) dei missili nucleari: ma la NPR <<presenta il mantenimento dei missili in stato di allerta come uno stato di cose stabile e accettabile, e allontana le preoccupazioni radicate in casi storici documentati di falsi allarmi con l’affermazione di ‘ampie protezioni’. Le preoccupazioni per i brevi tempi di decisione in caso di segnalazione di un attacco in arrivo vengono accolte con rassicurazioni altrettanto vaghe: ‘Negli scenari più plausibili che oggi interessano i leader delle politiche pubbliche, ci sarebbe il tempo per una piena deliberazione’. … Una volta lanciato, un missile intercontinentale non può essere richiamato. L’argomentazione secondo cui il tempo di decisione limitato non è un problema per la forza ICBM si basa sull’affermazione che la forza e la sua infrastruttura di comando, controllo e comunicazione possono sopravvivere a un attacco nucleare. Ma non è affatto chiaro che tale affermazione rispecchierebbe la realtà nell’eventualità di una segnalazione di un attacco effettivo in arrivo. Ciò che è chiaro, tuttavia, è la decisa resistenza dell’amministrazione a cambiamenti significativi dello status quo, indipendentemente dal fatto che abbiano o meno un senso per la sicurezza.>>

Chi sia interessato a un lungo commento molto circostanziato e autorevole può leggere l’articolo di Hans Kritensen e Matt Korda7 della Federation of American Scientists, dal quale estraggo solo un passo significativo, che comunque non rende giustizia della dettagliata disamina: <<Sebbene Joe Biden, durante la sua campagna elettorale per le presidenziali, si sia espresso con forza a favore dell’adozione di politiche no-first-use e only-purpose, la NPR rifiuta esplicitamente entrambe per il momento. Dal punto di vista del controllo degli armamenti e della riduzione dei rischi, la NPR è una delusione. I precedenti sforzi per ridurre gli arsenali nucleari e il ruolo che le armi nucleari giocano sono stati soffocati dalla rinnovata competizione strategica all’estero e dall’opposizione dei falchi della difesa in patria.>>

La conclusione di Cirincione è molto dura: <<Il presidente Bill Clinton è stato il primo a emettere un NPR nel 1994; Biden dovrebbe essere l’ultimo. La politica dovrebbe fluire dalla Casa Bianca ai dipartimenti esecutivi, non il contrario. Che questa sia la fine di un processo di revisione della posizione nucleare imperfetto, inadeguato e pericoloso.>>

1. Thomas G. Mahnken, “Could America Win a New World War? What It Would Take to Defeat Both China and Russia”, Foreign Affairs, October 27, 2022.

2. “NATO-Russia Act is dead”: Poland seeks to station nuclear weapons, NATO forces, Euromaidan Press, 29 ottobre 2022, https://euromaidanpress.com/2022/10/29/nato-russia-act-is-dead-poland-seeks-to-station-nuclear-weapons-nato-forces/.

4. J. Cirincione, “A failure to review America’s nuclear posture”, Bulletin of the Atomic Scientists, 28 ottobre 2022, https://thebulletin.org/2022/10/a-failure-to-review-americas-nuclear-posture/#post-heading.

5. J. Cirincione, Le valutazioni delle minacce statunitensi stanno superando le minacce militari che l’America deve effettivamente affrontare?”, Bulletin of the Atomic Scientists, 2 agosto 2022, https://thebulletin.org/2022/08/are-us-threat-assessments-outpacing-the-military-threats-america-actually-faces/.

6. Emma Claire Foley, “Biden’s nuclear posture review maintains nuclear status quo” , Bulletin of the Atomic Scientists, 28 ottobre 2022, https://thebulletin.org/2022/10/bidens-nuclear-posture-review-maintains-nuclear-status-quo/.

7. H. Kristensen e M. Korda, The 2022 Nuclear Posture Review: Arms Control Subdued By Military Rivalry”, Federation of American Scientists, 27 ottobre 2022, https://fas.org/blogs/security/2022/10/2022-nuclear-posture-review/.