Un articolo di Joe Cirincione (presidente dello Ploughshares Fund, ex Direttore per la Non-Proliferazione del Carnegie Endowment for International Peace) merita una seria attenzione: il Pentagono è determinato a impedire al presidente Biden di cambiare la posizione nucleare degli Stati Uniti del tempo della guerra fredda1. Non è una novità, personalmente lo avevo segnalato, fra altre cose, in un articolo del 7 ottobre scorso (https://www.pressenza.com/it/2021/10/potenza-nucleare-imperialismo-inveterato-e-maschilismo-bianco-degli-stati-uniti/), ma ritengo molto interessanti le ragioni che espone Cirincione. Presenterò una selezione delle sue affermazioni, che mi sembrano di per sé eloquenti.

<<[L]a burocrazia nucleare di oggi … è irremovibile nel non sconvolgere i programmi e le politiche forgiate durante la guerra fredda. … Piuttosto che lavorare per implementare le opinioni a lungo sostenute dal presidente Joe Biden sul contenimento del massiccio potere distruttivo dell’arsenale nucleare, il Pentagono ha truccato il sistema per emarginare il presidente.>>

Cirincione elenca una serie di fattori grazie ai quali <<Il Pentagono ha tutte le carte in mano>>. Sono i funzionari del Pentagono che gestiscono la stesura della Nuclear Posture Review (NPR), destinata a determinare la politica dell’amministrazione Biden in campo nucleare. Lo si è visto chiaramente quando è stata silurata la vice assistente segretario alla Difesa Leanor Tomero – una vera esperta, vedi il mio articolo citato – dal suo lavoro di supervisione della NPR, la quale sosteneva le opinioni di Biden sul cambiamento della politica nucleare e sul rallentamento dei programmi. <<Il messaggio era chiaro: mettiti in riga o vattene.>>

Inoltre, <<le decisioni chiave sono prese in segreto. … le vere decisioni vengono prese negli anelli del Pentagono e negli uffici degli appaltatori che lo circondano.>>

Le posizioni che sostenevano la riforma della posizione sulle armi nucleari nel Congresso sono state battute: <<il Congressional Budget Office stima che il governo spenderà oltre 650 miliardi di dollari per nuove armi nucleari in questo decennio. Gran parte di questo andrà ai cinque grandi appaltatori della difesa: Lockheed Martin, Raytheon, General Dynamics, Boeing e Northrop Grumman, già pieni di contratti post 11 settembre. Per proteggere quei contratti, queste ditte di armi schierano un piccolo esercito di lobbisti a Washington, gestiscono una porta girevole che fa la spola tra i funzionari di alto livello politico e quelli di alto livello dell’appaltatore, disperdono i contratti in quasi tutti i distretti del Congresso, contribuiscono generosamente ai legislatori nelle commissioni chiave che supervisionano i loro programmi, sono i principali inserzionisti in tutte le pubblicazioni che coprono la sicurezza nazionale e hanno inondato i think tank di Washington negli ultimi 20 anni con sovvenzioni per silenziare le critiche ai loro programmi.>>

È plausibile che Biden vorrebbe adottare un politica di “no first use”, ma <<mentre è concentrato sulla pandemia, la ripresa economica, il cambiamento climatico, la giustizia razziale, le elezioni del 2022 e altre questioni, i funzionari del Pentagono semplicemente sterilizzeranno la NPR per escludere deviazioni dalla loro agenda.>> Il Pentagono ha potenti alleati per ostacolare qualsisi modifica dello status quo nelle lobby che influenzano i funzionari.

<<La comunità del controllo delle armi è piccola, divisa, sottofinanziata e concentrata principalmente sull’analisi politica. Molti hanno prodotto ottimi rapporti, per esempio l’Alternative Nuclear Posture Review di Global Zero [settembre 20182] che dettaglia come una forza molto più piccola e accessibile “rafforzerebbe il controllo sulle operazioni nucleari e ridurrebbe il rischio del loro uso, mantenendo una forza di deterrenza robusta e stabile”. Ma queste raccomandazioni ricevono poca attenzione a Washington, per tutte le ragioni citate. … Fondamentalmente, la posizione nucleare dell’America è guidata dai contratti, non dalla strategia. I dibattiti politici, per quanto convincenti, non possono superare il puro potere del denaro di controllare il processo.>>

Per concludere, la strada verso il disarmo sembra tutta in salita.

Cirincione aggiunge un’osservazione interessante. La nuna nuova coalizione di centro-sinistra in Germania potrebbe chiedere che gli Stati Uniti ritirino le testate nucleari schierate nel paese, <<ma questo potrebbe arrivare troppo tardi per contrastare la farsa delle “opinioni degli alleati”>>. Vale la pena di ricordare che nel 2022 vi sarnno due appuntamenti importanti. Il primo sarà la Conferenza di Revisione del Trattato di Non-Proliferaziooe, rinviata dal 2020 al 4-28 gennaio 2022 a cuasa della pandemia: anche se mi sembra opportuno dire che, dopo la penosa conclusione della Conferenza sul Clima di Glasgow, qualche dubbio è lecito sulla capacità dei paesi non nucleari di contrastare le scelte dei paesi più forti, e gli stati nucleari sono fra questi. E due mesi dopo (22-24 marzo a Vienna) il primo Meeting degli State Parties del Trattato di Proibizione (TPNW, in italiano TPAN): sarebbe fondamentale indurre il governo italiano a seguire l’esempio della Svezia (paese membro della NATO) di partecipare come osservatore al meeting, con la speranza che possa essere indotto a firmare e ratificare il trattato.

1. Joe Cirincione, “How the nuclear game is rigged to maintain the status quo”, Responsible Statecraft, 9 novembre 2021, https://responsiblestatecraft.org/2021/11/09/how-the-nuclear-game-is-rigged-to-maintain-the-status-quo/